I rapporti con la Cina non possono essere gestiti a livello nazionale, ma devono avere una portata europea. Su come farlo, a seguito dell’uscita dalla Via della Seta, manca chiarezza da parte dell’esecutivo. Conversazione con la deputata dem
Tra Roma e Pechino “le relazioni sono antiche e ci sono grandi e reciproche convenienze”. Al di là “dell’accordo sulla via della Seta, su cui le scelte andranno meditate e discusse in Parlamento, non c’è una relazione diretta tra quella firma e le relazioni commerciali”. Lo ha dichiarato il premier Giorgia Meloni nell’intervista di ieri al Sole 24 Ore. Il passaggio parlamentare, come abbiamo scritto su queste colonne, è una mossa politica per saggiare l’atteggiamento dell’opposizione a partire proprio dal Pd. “La nostra posizione è sempre stata molto chiara: il nostro auspicio è che il governo, oltre alla dimensione bilaterale e al passo che sta facendo, si coordini anche in sede europea per rafforzare la capacità dell’Ue di relazionarsi con la Cina”. A dirlo a Formiche.net è la deputata del Partito democratico, Lia Quartapelle.
Come coniugare l’uscita dalla Via della Seta alla dimensione di un rafforzamento delle relazione europee con la Cina?
Il rapporto con la Cina deve avere necessariamente una caratura di livello europeo. Il governo non può limitarsi a “curare” solamente la dimensione bilaterale di questa partita. La discussione va portata su un piano diverso e di questo rapporto con l’Europa fino a ora non c’è traccia.
Qual è il vostro timore?
Che anche sulla Via della Seta si confermi una sorta di sovranismo d’accatto, frutto dell’errata convinzione che l’Italia da sola possa determinare i rapporti con la Cina. Facendo l’esatto contrario rispetto all’interesse nazionale.
Teme qualche ripercussione a seguito di questa scelta?
Mi auguro proprio di no. D’altra parte il nostro rapporto con la Cina va ben al di là dell’accordo sulla Via della Seta.
Che cosa si aspetta dalla discussione parlamentare e, soprattutto, quale sarà la vostra linea?
Dalla discussione in Parlamento ci aspettiamo che il governo faccia chiarezza sulla linea che adotterà nei rapporti con la Cina alla luce del ruolo che essa ha all’interno dello scacchiere globale. Penso al ruolo cinese nell’ambito della guerra della Russia contro l’Ucraina, penso al rapporto con l’Africa. Tanto per dirne due. Il ministro Tajani parla spesso di “buone relazioni”. Bene, ma cosa significa?
La decisione del governo rafforzerà i rapporti tra Italia e Usa?
Meloni deve capire che l’Atlantismo non basta. Le è servito per arrivare al governo, ma ora per governare serve anche altro. E, se dovessimo misurare il protagonismo internazionale dell’Italia nei vari teatri di crisi, direi che i risultati sono davvero poco rilevanti. Non ci siamo. Basti pensare a ciò che sta accadendo in Libia.
Dunque quale è la matrice di questa decisione ai suoi occhi?
Spero che il presidente del Consiglio abbia maturato sui rapporti tra Italia e Cina un genuino ripensamento. E non che questa decisione sulla Cina sia un modo per “coprire” alcune prese di posizione sui temi di ambiente e diritti che mettono in discussione il prestigio internazionale dell’Italia.