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Perché il Giappone attira Tsmc per la prossima fabbrica

Il colosso dei semiconduttori taiwanese espande la sua presenza all’estero, attirato dai generosi sussidi governativi. Dopo Usa e Germania, ora anche Tokyo vuole attirare investimenti e una nuova fonderia sull’isola per rafforzare la sua base industriale… ma occhio a Samsung

Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation (Tsmc), il più grande produttore di chip al mondo, è al centro della competizione internazionale per attirare investimenti, tecnologie e capacità produttive in un settore strategico per i governi nazionali.

Tsmc, che detiene circa il 60% del mercato foundry per chip traling-edge e circa il 92% del mercato, davanti a Samsung, per i chip sotto i 7 nanometri (AI, supercomputing), sta espandendo la sua presenza globale attirato da generosi sussidi pubblici, in una vera e propria “Go-Out Strategy” con l’obiettivo di capitalizzare, anche a livello diplomatico in qualità di campione nazionale taiwanese, la sua centralità nell’industria dei semiconduttori.

Diversificare la produzione di chip avanzati, e non solo, aiuterebbe l’azienda a minimizzare il rischio di concentrazione degli asset a Taiwan e a placare le preoccupazioni dei principali clienti circa la resilienza della catena di approvvigionamento in presenza di tensioni geopolitiche nel lungo periodo.

Il pericolo principale, nel medio-lungo periodo infatti, rimangono le tensioni sullo stretto con la Repubblica Popolare Cinese e lo spettro, tutt’altro che remoto, di un’invasione  qualora l’opzione della riunificazione venisse percorsa tramite lo strumento militare.

A giugno scorso, in occasione dell’assemblea annuale, gli azionisti hanno chiesto al presidente Mark Liu di spiegare perché Tsmc stesse investendo circa 40 miliardi di dollari in due impianti di produzione negli Stati Uniti, oltre a quello poi annunciato in Germania con la collaborazione di Infineon e Bosch, e in Giappone.

Liu aveva risposto che gli impianti statunitensi rappresentassero una “direzione di sviluppo a lungo termine per Tsmc”, necessaria per garantire che l’azienda potesse “mantenere la posizione di leadership tecnologica globale nei prossimi 10-20 anni”. Un dominio che non dava considerato scontato, considerando l’agguerrita competizione con i rivali, soprattutto con la coreana Samsung e Intel Corportation.

Tra gli obiettivi degli investimenti americani di Tsmc in Arizona, che prevedono la costruzione di due fonderie avanzate nello stato americano, vi è quello di servire entro il 2025 i chipmakers statunitensi, tra cui Nvidia (azienda specializzata nel design di chip logici per l’intelligenza artificiale e che, secondo gli analisti, prevede di rifornirsi da Tsmc per il 50% degli ordinativi nel 2024), Broadcomm e Amd che già rappresentano i clienti di punta dell’azienda taiwanese. Nel primo quadrimestre del 2023, smartphone e high-performance computing (Hpc) hanno rappresentato quasi l’80% delle vendite, mentre i chip tra i 5 e i 10 nanomentri (leading-edge) intorno al 50%.

Tsmc ha dunque notevolmente aumentato le spese per conto di capitale per supportare l’espansione estera del suo foundry business: circa 36 miliardi nel 2022, rispetto ai ‘soli’ 10 del 2018. Nonostante le recenti difficoltà registrate in Arizona per la mancanza di personale qualificato, la costruzione del sito negli Stati Uniti comporterà 12 miliardi di dollari per la Fab 21 con tecnologia a 4 nanometri (con la produzione che verrà posticipata, probabilmente, al 2025). Tsmc prevedeva, inoltre, di avviare la produzione a 3 nanometri nel 2026, con un’investimento complessivo di 40 miliardi di dollari (per un confronto, parliamo di quasi l’intero apporto di fondi federali, sottoforma di sgravi fiscali e incentivi, previsto dal Chips for America Act).

L’azienda ha inoltre dimostrato una crescente fiducia nel Giappone, dove una fabbrica da 8,6 miliardi di dollari in costruzione nell’hub di produzione di chip sull’isola di Kyushu è sulla buona strada per iniziare a produrre chip a tecnologia più matura (12-16-22-28 nanometri) nel 2024. Il sito di Kumamoto sarà in joint venture con aziende giapponesi leader nell’elettronica come Sony e Denso, per un investimento complessivo di 8,6 miliardi di dollari, e avrà una capacità prevista di 45.000 wafer-per-month a 22-28 nanometri e 10.000 wpm per i 12-16 nm.

Pur volendo garantire un avvio senza intoppi della prima fabbrica, il produttore di chip taiwanese starebbe valutando la possibilità di investire in una seconda fabbrica in Giappone, che potrebbe includere la produzione di chip più avanzati. Secondo le fonti, tra cui Reuters, Tsmc vede nel Giappone e nella cultura d’impresa nipponica partner naturali nel settore dell’elettronica avanzata, soprattutto nella complessa gestione delle fonderie. “Ci sembra che TSMC sia davvero favorevole agli investimenti in Giappone”, ha dichiarato un alto funzionario del potente Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria (Meti), che ha offerto sovvenzioni fino a 476 miliardi di yen (3,23 miliardi di dollari) per la prima fab.

Il successo dell’espansione di Tsmc in Giappone potrebbe dare una spinta agli sforzi del Paese nipponico per riconquistare lo status, perduto tra la fine degli anni Ottanta e Novanta, di potenza produttiva di chip (ora il Giappone rimane un importantissimo hub per la produzione di materiali, prodotti chimici ed equipaggiamento avanzato per le fonderie, coinvolto da Washington nella diplomazia di contenimento tecnologico trilaterale con l’Olanda ai danni di Pechino, e che rappresenta inolte un chiaro vantaggio di network per attirare investimenti manifatturieri) e così sostenere l’industria automobilistica ed elettronica in un contesto di crescente concorrenza regionale, in particolare con Cina e Corea.

È infatti Samsung il principale chipmaker indiziato a contendere a Tsmc nel medio-lungo periodo lo scettro di principale produttore mondiale di chip avanzati. Samsung, che a differenza dell’azienda fondata da Morris Chang persegue un modello di business Idm ovvero integrato tra design e manifattura di chip, potrebbe approfittare delle tensioni geopolitiche intorno a Tsmc e Taiwan.

L’offshoring della tecnologia di produzione dei chip da Taiwan potrebbe, infatti, sottrarre risorse essenziali per spingere oltre la leadership nanometrica di Tsmc, che rimane un punto chiave dell’intricato equilibrio geopolitico e tecnologico tra Usa, Cina e Taiwan. Queste proiezioni, avanzate da Rory Green, responsabile della ricerca su Cina e Asia della società di ricerca TS Lombard, e come evidenziato nel rapporto Sand To Silicon – How Semiconductors Are Reimagining The Digital Future di GlobalData sulla crescente rilevanza dei chip per l’economia globale nell’ottica della transizione gemella (digitale e green),  arrivano quattro mesi dopo che Kyung Kye-hyun, capo della divisione semiconduttori di Samsung, ha promesso di superare Tsmc entro il 2028.

“Ad essere onesti, la nostra tecnologia di fonderia è indietro di uno o due anni rispetto a quella di Tsmc”, ha detto Kye-hyun durante una conferenza tenutasi a maggio scorso al Kaist, un importante istituto scientifico e tecnologico della Corea del Sud. “Tuttavia, quando Tsmc si unirà a noi nella corsa alla tecnologia a due nanometri, Samsung sarà in testa. Entro cinque anni potremo superare Tsmc”.

Tsmc domina ancora il mercato, per ora. Nel secondo trimestre del 2023, l’attività di fonderia di semiconduttori di Samsung ha registrato un fatturato di 3,23 miliardi di dollari (4,28 miliardi di won), con un aumento del 17,3% rispetto al trimestre precedente. Tsmc, invece, ha registrato nel secondo trimestre un fatturato di 15,66 miliardi di dollari (500 miliardi di won).

Resta, tuttavia, il contesto macroeconomico incerto. Infatti, i principali produttori di chip hanno subito un calo sostanziale della domanda nel corso dell’ultimo anno, a causa dell’aumento dei tassi di interesse e del rallentamento degli investimenti nelle infrastrutture tecnologiche. Sebbene il boom dello sviluppo dell’intelligenza artificiale abbia alimentato la domanda di chip quest’anno, in particolare per i produttori specializzati come Nvidia, la maggior parte degli operatori asiatici ha avvertito che la domanda più corposa (costituita dai settori dell’elettronica di largo consumo) rimarrà probabilmente in sordina. Il calo delle vendite di computer e di smartphone in tutto il mondo ha rafforzato questa convinzione. A fotografare il calo anche i dati condivisi dalla Semiconductor Industry Association (Sia), lobby americana dell’industria dei chip: rispetto a luglio 2022, si è registrato un calo delle vendite del 11.8%.

In generale, l’espansione di Tsmc su scala globale rimane trainata dalla forte pressione dei governi occidentali per la diversificazione della sua capacità produttiva, ma rimane connnotata, a livello regionale, dalla diversa tipologia di end-users dei suoi prodotti: dai chip per l’automotive, come dimostra l’investimento in Germania, a quelli per l’intelligenza artificiale negli Usa fino all’elettronica di consumo per il Giappone.


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