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Scherzi del mattone. Così Evergrande&Co affosseranno le banche cinesi

Il sistema bancario del Dragone, già sotto pressione per i tassi troppo bassi imposti dalla Pboc, va incontro a una riduzione strutturale dei propri margini. E la colpa è sempre di Evergrande e le sue sorelle

Dal cantiere allo sportello il passo è breve. Le banche prestano denaro alle società immobiliari, affinché costruiscano case, uffici, quartieri. Gli edifici vengono realizzati, ma nessuno li compra e così le imprese non incassano, vanno in perdita e non possono restituire il denaro alle banche. Un copione che i cinesi hanno imparato a memoria negli ultimi quattro anni, tanto da aver forse rinunciato ai sogni di ripresa e di competizione con la rivale India. Il Dragone, con questo gioco al massacro, ci ha rimesso buona parte della sua economia (il mattone, o quello che ne rimane, vale ancora il 28-30% del Pil). Il coma farmacologico in cui è sprofondata Evergrande, la più grande società immobiliare cinese, è solo un effetto collaterale di una crisi che viene da lontano e affonda le sue radici ben prima della pandemia.

Fosse tutto circoscritto al mattone, il discorso si chiuderebbe qui. E invece no, ci sono di mezzo anche le banche. Sì, perché a sentire gli economisti di Jp Morgan, il sistema del credito cinese va dritto spedito incontro all’ennesimo stress. Gli analisti della più grande banca d’affari del mondo sostengono infatti che gli utili degli istituti di credito potrebbero crollare fino a 10% nel 2024, per via delle aziende immobiliari che diventano sempre più inadempienti facendo salire i crediti in sofferenza.

Nello scenario base di Jp Morgan, i crediti deteriorati delle banche, ovvero quei finanziamenti che non sono ancora tornati indietro, dovrebbero passare da una quota del 4,5% dei primi sei mesi del 2023 al 7,5% di fine anno. Questa cifra salirebbe addirittura al 13% se tutti i costruttori dovessero andare in difficoltà, dando vita a una crisi sistemica. A quel punto i guadagni delle principali banche cinesi scenderebbero del 10%. Va detto che a comprimere i margini degli istituti ci si sono messi anche i tassi al ribasso operati dalla Pboc, la Banca centrale cinese. Manovre che si pongono come obiettivo quello di estendere i prestiti per far circolare più denaro nell’economia ma che nei fatti comprimono i margini.

Ma chi rischia più di tutti l’osso del collo? Sempre secondo gli analisti di Jp Morgan, in termini di esposizione ci sono Ping An Bank e China Minsheng Banking, che potrebbero vedere una maggiore pressione sui loro guadagni. Viceversa, tra gli istituti di credito meno vulnerabili figurerebbero China Merchants Bank, Industrial & Commercial Bank of China e China Construction Bank Corp.

Tutto questo mentre Evergrande ha sospeso la quotazione delle sue azioni alla Borsa di Hong Kong. Dopo tre giorni di caduta libera che hanno abbattuto il 51% della capitalizzazione, sono stati tolti dalla contrattazione i titoli della capofila Evergrande Group e delle sue controllate nel campo dei servizi immobiliari (Evergrande Property Services) e nei veicoli elettrici (Evergrande Nev). Mercoledì 27 le azioni del costruttore avevano chiuso a 32 centesimi di dollaro hongkonghese, equivalenti a 0,039 euro. A luglio del 2020, prima che esplodesse il debito da 327 miliardi di dollari accumulato in anni di forsennata corsa ad aprire cantieri mentre il mercato cinese delle case e dei grattacieli per uffici era ormai saturo, il titolo Evergrande valeva 25,80 dollari di Hong Kong (3,14 euro).



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