Skip to main content

Ma quale diarchia FdI-Lega, la maggioranza è compatta. Parla Gardini

La parlamentare di Fratelli d’Italia: “Le europee? Un jolly per cambiare schema in Commissione. Gli alleati di governo? Compatti, non si troverà un voto parlamentare disallineato, mentre anche all’interno dello stesso Pd vi sono discordanze. I migranti? La soluzione è fermare le partenze, non redistribuire. Il Piano Mattei sarà rivoluzionario”

Nessuna diarchia tra Fratelli d’Italia e Lega, assicura a Formiche.net la parlamentare di Fratelli d’Italia Elisabetta Gardini, secondo cui la maggioranza è coesa come dimostrano le votazioni allineate, sia nel Parlamento italiano che in quello europeo. Piuttosto, riflette, il tema è un altro: dal momento che la grande coalizione tedesca, che aveva ispirato il governo europeo uscente, è terminata, allora è naturale che anche la maggioranza innaturale tra socialisti e popolari a Bruxelles abbia termine.

Quale l’obiettivo di FdI alle prossime europee?

Noi lavoriamo perché, anche a Bruxelles, accada quello che è accaduto a Roma: ovvero finalmente una maggioranza politica anche in Ue, votata dagli elettori e che abbia la capacità di rappresentare le richieste dei cittadini europei che non sono assolutamente contenti di certe derive burocratiche e ideologiche che, da troppo tempo, hanno preso il sopravvento nelle istituzioni europee. Oltretutto devo anche dire che la maggioranza innaturale tra socialisti e popolari che vediamo oggi, trainante, al Parlamento europeo era lo specchio della grande coalizione tedesca: ma è rimasta orfana perché nel frattempo la grande coalizione tedesca non c’è più, quindi è naturale che anche questa formula a Bruxelles abbia termine.

Perché si insiste su una possibile diarchia con la Lega su temi comuni come ad esempio i flussi migratori?

In primis osservo che l’obiettivo appena espresso per Fratelli d’Italia è un obiettivo comune di tutta la coalizione di centrodestra che oggi è al governo in Italia. In secondo luogo sottolineo un’evidenza oggettiva: l’opposizione in questo momento non è in grado di fare una vera opposizione entrando nel merito delle varie tematiche, ma approfitta di tutto il resto per dare l’idea che non siamo coesi. Non siamo noi ad essere spaccati ma loro. Lo dimostrano i voti sia nel Parlamento italiano che in quello europeo: siamo compatti, non si troverà un voto parlamentare disallineato, mentre anche all’interno dello stesso Pd vi sono discordanze, basti pensare all’utero in affitto. Aggiungo che le prossime elezioni europee saranno con il proporzionale puro, seppur con sbarramento e, quindi, immagino che ci sarà una campagna elettorale con una sana competizione: ma una competizione tra alleati che, sono certa, permetterà di massimizzare i risultati per ritrovarsi uniti a raggiungere l’obiettivo comune.

Il dialogo tra Ecr e Ppe è visto dai progressisti come un pericolo? Ciò si riverbera sui dossier importanti, sugli accordi, anche sul dialogo fra Paesi diversi?

È visto assolutamente come un pericolo: posso confermare che, quando ero al Parlamento europeo, le maggiori battaglie vinte dai popolari erano le battaglie combattute assieme ai conservatori. Di questo sono consapevoli anche i progressisti, per questa ragione sono spaventati non poco.

Negli Usa l’amministrazione Biden lavora ad un accordo con il Messico per rimandare lì i flussi irregolari: è lo stesso modello proposto da Giorgia Meloni a Tunisi?

Ci son due diverse visioni del mondo, con la sinistra italiana che sposa la tesi “dell’accogliamoli tutti e facciamo la battaglia per la redistribuzione”. Noi invece riteniamo che non sia questa la soluzione, anche perché sappiamo bene che quando l’Europa parla di redistribuzione parla soltanto degli aventi diritto a restare sul suolo europeo: in quel caso il problema rimarrebbe intatto. Sono altresì consapevole che per cambiare il Trattato di Dublino occorra l’unanimità e, anche in caso di un tentativo di modifica dei regolamenti, come avevamo fatto nella scorsa legislatura europea, si presenta il rischio di “incaglio” per l’opposizione di Paesi come Francia e Germania. È comodo per tutti gli altri che l’Italia in qualche modo provveda, ma noi non vogliamo che diventi il campo profughi d’Europa. Non dimentico però che in passato qualcuno ha dato una grossa mano perché lo diventasse.

A chi si riferisce?

Agli accordi stretti da Romano Prodi perché i francesi possano respingere i migranti non solo sul confine italiano ma in un raggio di dieci chilometri. Ma cito anche gli effetti dell’accordo di Renzi con Malta, per cui tutti i migranti Malta non li avrebbe visti nemmeno passare perché li avremmo accolti noi, come ammesso anche da Emma Bonino. Voglio dire che questo status quo ha fatto comodo a troppi e adesso noi vogliamo far capire che non c’è più un governo disposto a fare questo regalo.

Come uscirne?

Credo che l’unica politica comune che possiamo trovare e, su questo, trovare poi un accordo con gli altri Paesi, è la difesa dei confini esterni: passaggio che è contenuto a chiare lettere nel Piano Mattei, uno strumento che sarà rivoluzionario. Il vertice di Palazzo Chigi tra Meloni e Macron va proprio in questa direzione.

@FDepalo

×

Iscriviti alla newsletter