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Huawei bypassa le restrizioni Usa per fornire chip di sorveglianza

La divisione di progettazione dell’azienda, HiSilicon, avrebbe contribuito alla produzione di chip poi utilizzati nelle telecamere di sorveglianza nonostante i controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti in settori sensibili per la sicurezza nazionale. Ma rimane il ritardo tecnologico lungo la supply chain

Una filiale di Huawei Technologies, campione high-tech della Repubblica Popolare Cinese, sta esportando nuovi chip di produzione domestica per telecamere di sorveglianza, un nuovo indizio a supporto del sospetto che il gigante delle telecomunicazioni abbia trovato il modo di superare le restrizioni alle esportazioni di tecnologia americana per i semiconduttori, in vigore da ormai quattro anni, imposte dal Dipartimento del Commercio americano durante l’amministrazione Trump.

Secondo l’agenzia Reuters, HiSilicon, la divisione di progettazione di chip dell’azienda, avrebbe iniziato a spedire semiconduttori ai produttori cinesi di telecamere di sorveglianza già quest’anno. La notizia segue quella delle ultime settimane, con il lancio del nuovo smartphone di Huawei (MatePro 60) che conterebbe, secondo alcune ricostruzioni, chip logici avanzati presumibilmente di produzione nazionale (il principale indiziato è l’azienda SMIC, leader cinese nella fabbricazione di chip).

Le due aziende avrebbero raggiunto, secondo l’agenzia di consulenza TechInsights, la tecnologia a 7 nanometri, ovvero a sole due generazioni dai leader mondiali come Tsmc, Samsung e in procinto di raggiungere l’americana Intel. Il nuovo smartphone conterebbe una CPU all’avanguardia che, secondo i consumatori che hanno acquistato il prodotto, sarebbe in grado di garantire performance come la velocità del 5G. I media statali cinesi e l’opinione pubblica hanno applaudito l’occasione, in quanto l’azienda di smartphone Huawei è tornata in auge dopo essere stata schiacciata dalle sanzioni statunitensi negli ultimi anni.

La serie dei microprocessori Kirin è stata storicamente creata da HiSilicon e, prima che gli Stati Uniti sanzionassero Huawei, in collaborazione con Tsmc per la produzione. Agli Stati Uniti mancherebbe tuttavia la prova che Huawei sia in grado di produrre in massa telefoni cellulari con tali componenti, come ha dichiarato martedì Gina Raimondo, segretaria al Commercio.

Raimondo ha inoltre dichiarato durante l’audizione del Comitato scientifico della Camera dei Rappresentanti americana di essere “seccata” dal rapporto sugli smartphone avanzati di Huawei. Diversi politici statunitensi stanno spingendo l’amministrazione Biden di imporre ulteriori restrizioni a Huawei nel campo dei chip. Nel frattempo, il presidente della commissione per la Cina della Camera degli Stati Uniti ha in programma un incontro con un gruppo di industriali per esprimere le proprie preoccupazioni sugli investimenti statunitensi nell’industria cinese dei chip. Rimane, invece, più cauta la posizione della SIA, lobby americana, che da mesi avverte sulle possibili conseguenze economiche per l’ecosistema americano.

È possibile che i due campioni high-tech cinesi siano riusciti a migliorare i rendimenti della fabbricazione (sfruttando una tecnica di produzione innovativa, in assenza di macchinari avanzati EUV), il che suggerisce una maggiore efficienza produttiva, anche se permangono dubbi sui costi associati e sulla capacità di raggiungere volumi di produzione di massa, economicamente sostenibili e dunque in grado si sfidare sul mercato i leader taiwanese e coreani.

Ad ogni modo, i recenti avvenimenti sembrano suggerire che le restrizioni alle esportazioni di Washington, che dal 2019 impediscono alle aziende cinesi di acquistare parti e tecnologie da aziende americane senza l’autorizzazione del Bureau of Industry and Security. Iin particolare, software Eda avanzati per il design (segmento dominato da aziende americane come Qualcomm e Apple), forniti da aziende americane come Cadence, Synopsys e Mentor Graphics, o apparecchiature per l’incisione litografica sui wafer, come le macchine EUV o i fotoresistori giapponesi), vengono in qualche modo aggirate, evidenziando sia il successo che i limiti dei controlli sulle esportazioni imposti dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Gli Stati Uniti hanno considerato il recupero dei chip da parte della Cina una minaccia per la sicurezza nazionale e hanno quindi imposto ampi controlli sulle esportazioni ed esercitato pressioni su diversi alleati, tra cui Giappone e Paesi Bassi, affinché seguissero la strategia di contenimento. Considerando, tuttavia, la concentrazione del segmento foundry a Taiwan – nonostante i piani di espansione dell’azienda di Morris Chang in giro per il mondo – e la relativa indisponibilità di strumenti avanzati per la fabbricazione a partire da gennaio 2024, gli Stati Uniti sono riusciti a mantenere la Cina indietro di diverse generazioni rispetto alla tecnologia più avanzata disponibile sul mercato (tra i 2 e i 3 nanometri considerando i piani di Tsmc e Samsung).

Dan Hutcheson, analista di TechInsights, ha dichiarato che un’analisi hardware e software del Mate 60 Pro suggerisce che Huawei abbia avuto accesso a sofisticati strumenti Eda che “non avrebbero dovuto possedere”. “Non sappiamo se li abbiano ottenuti in modo illecito o se i cinesi abbiano sviluppato i propri strumenti Eda”. Il BIS del Dipartimento del Commercio ha aperto un’inchiesta in questa direzione.

L’apparente capacità di Huawei di aggirare le normative americane sul software di progettazione dei chip è un elemento che aggiunge, ad ogni modo, un elemento di riflessione. HiSilicon fornisce principalmente semiconduttori per l’hardware di Huawei, sebbene abbia servito anche clienti esterni come Dahua Technology e Hikvision. Prima dell’entrata in vigore delle normative statunitensi sulle esportazioni, HiSilicon era il principale fornitore di semiconduttori per il settore delle telecamere di sicurezza: l’agenzia Southwest Securities ha stimato la sua quota di mercato al 60% nel 2018. In seguito al ban americano, la quota di mercato globale di HiSilicon è scesa ad appena il 3,9% entro il 2021, secondo le informazioni della società di consulenza Frost & Sullivan. HiSilicon ha fornito inoltre alcuni chip di sorveglianza più maturi dal 2019, ma la sua attenzione è rivolta al mercato di fascia alta con l’obiettivo di recuperare quote di mercato da aziende come Novatek Microelectronics Corp di Taiwan.

Intanto Meng Wanzhou, vicepresidente di Huawei Technologies, ha illustrato l’impegno dell’azienda cinese nello sviluppo dell’intelligenza artificiale in un discorso pronunciato mercoledì, con l’obiettivo di costruire una “spina dorsale informatica” per la Cina. Meng ha tuttavia evitato di menzionare il Mate 60 Pro e il chip Kirin nel suo discorso, probabilmente per evitare di tirare in ballo le questioni geopolitiche, mentre Pechino ora accusa Washington di spiare l’azienda, avendo condotto attività di hackeraggio.

Questi ultimi sviluppi dell’industria dei chip cinese – che intanto cerca, con il supporto governativo, di valorizzare piccole aziende innovative in segmenti cruciali della supply chain – suggeriscono alcune implicazioni macroeconomiche per la Cina, ma non in generale di un vero e proprio catch-up tecnologico nel breve-medio periodo con le aziende occidentali. Gli investimenti cinesi nei semiconduttori si concentrano, infatti, in larga misura sulle capacità di produzione di semiconduttori “maturi” (di dimensioni ≥28 nm e che coprono altre tecnologie e industrie consolidate). È possibile che nei prossimi anni le aziende tecnologiche cinesi, come Huawei, otterranno vantaggi di costo rispetto ai loro concorrenti internazionali in queste tecnologie o nelle industrie di consumo emergenti (come per gli EV) all’interno del mercato cinese, in particolare grazie alla politica industriale di promozione di campioni nazionali per i componenti strategici. I circuiti integrati sono il prodotto più importato dalla Cina dopo il petrolio: una riduzione di alcune di queste importazioni potrebbe contribuire alla bilancia commerciale.

Nonostante gli ultimi progressi, è prevedibile che la dipendenza della Cina da strumentazioni avanzate, software e materiali chimici esteri per la produzione di chip continuerà a persistere. Un elemento che agirà da deterrente per il completo disaccoppiamento tecnologico della Cina con l’Occidente (anche se gli sforzi per l’autosufficienza tecnologica cinese continuano, e probabilmente si espanderanno nei prossimi anni), mentre di converso rimarrà fondamentale il de-risking da Pechino per la fornitura di materie prime critiche come gallio e germanio, qualora le autorità cinesi decidano di rispondere toccando le vene più scoperte delle filiere industriali di Usa e alleati.

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