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Perché l’Unione africana nel G20 è una mossa decisiva (e globale)

Tra i Paesi più interessati alla “promozione” africana ci sono Germania e Italia. Il governo di Berlino già durante la presidenza tedesca del G20 nel 2017 aveva costruito l’iniziativa “Patto con l’Africa”, con l’obiettivo di promuovere gli investimenti. Il governo italiano di Giorgia Meloni, sin dal suo insediamento, ha annunciato il varo del Piano Mattei

La consapevolezza, più volte espressa, di un decisivo coinvolgimento istituzionale dell’Africa come occasione di svolta per i destini del continente nero può trovare un punto di caduta nell’imminente G20, dove la scelta di offrire all’Unione Africana un seggio permanente può rappresentare una svolta. Già in occasione del suo ultimo viaggio in Kenya nel luglio scorso lo aveva sottolineato apertamente il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Così una realtà che conta un miliardo di abitanti può aspirare ad una fase nuova.

Il progetto

Il progetto nasce dall’impegno pluriennale del presidente dell’Unione africana, il senegalese Macky Sall, protagonista di una campagna su scala mondiale per ottenere il seggio che, in sostanza, sarà sul modello di quello già disponibile per l’Unione Europea. Il passaggio formale potrebbe avvenire nel 2024, quando la guida del G20 verrà assunta dal Brasile. Si tratta di un riconoscimento che si sarebbe già dovuto concretizzare da tempo, ha spiegato alla stampa tedesca l’economista senegalese Demba Moussa Dembélé, direttore del Forum africano per le alternative, secondo cui un continente così ricco di risorse umane e naturali ha tutte le carte in tavola pen entrare nel G20 dove non sarà più un ospite occasionale ed evitare così che altri players parlino a nome dell’Africa.

Roma e Berlino

Tra i Paesi più interessati alla “promozione” africana ci sono Germania e Italia. Il governo berlinese già durante la presidenza tedesca del G20 nel 2017, sotto la spinta della cancelliera Angela Merkel, aveva costruito l’iniziativa “Patto con l’Africa”, con l’obiettivo di promuovere gli investimenti privati in Africa. Il governo italiano di Giorgia Meloni, sin dal suo insediamento, ha annunciato il varo del Piano Mattei, definito dal premier “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo”. Fortemente favorevoli Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania e Francia.

Geopolitica e crisi del debito

Non solo investimenti in loco, ma anche la possibilità di gestire in maniera più organica i fatti geopolitici che accadono in Africa e gli episodi legati alle crisi del debito in Paesi particolarmente affetti da gravissime condizioni economiche. Il seggio potrebbe avere anche questi due risvolti, in quanto è nota ormai da tempo l’ultra invasività in Africa di due soggetti significativi come Cina e Wagner.

Al momento va segnalato il difficile trasferimento di finanziamenti all’Africa, di cui solo una piccola parte è giunto realmente, il 3% di 1300 miliardi di dollari che, rispetto alle previsioni da 2.700 miliardi di dollari necessari entro il 2030 per implementare i Contributi Nazionali Determinati previsti dall’Accordo sul clima di Parigi, rappresentano un’inezia. Elementi che erano stati affrontati lo scorso dicembre in occasione del forum per l’Africa promosso dal presidente americano Joe Biden, quando a Washington si riunirono personalità provenienti da tutto il continente africano per discutere come rafforzare i legami, economici e politici. Fino a ieri il Sudafrica era l’unico Paese africano a partecipare al G20.


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