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L’Italia è pronta a una strategia per l’Indo-Pacifico. L’intervento di Abbondanza

Di Gabriele Abbondanza

Questa settimana si è insediato alla Camera il Comitato Indo-Pacifico, recentemente creato dalla commissione Esteri per approfondire le dinamiche in atto nella macro-regione. È stato audito Gabriele Abbondanza, Marie Curie Fellow presso l’Università di Madrid (Ucm) e ricercatore associato presso l’Università di Sydney (Usyd) e l’Istituto Affari Internazionali (Iai). Ecco il suo intervento

Cambiamento di paradigma non solo terminologico, ma ancor più strategico, il passaggio dall’Asia-Pacifico all’Indo-Pacifico è una realtà nata più di 15 anni fa. Il Giappone prima, e molte altre nazioni poi, hanno smesso di interessarsi unicamente alla poderosa crescita economica dei Paesi asiatici, per concentrarsi progressivamente anche sulle sfide di questo nuovo centro di gravità globale. Sfide di sicurezza tradizionale – il revisionismo cinese nel Mar Cinese Meridionale e verso Taiwan su tutte – ma anche meno tradizionali, come il cambiamento climatico, le migrazioni di massa, e le pandemie.

IL RITARDO DELL’EUROPA

L’Europa ha tardato a riconoscere questi cambiamenti epocali. Trainata per molto tempo solo dalla Francia, in tempi più recenti ha visto nuove visioni strategiche da parte di Germania e Olanda (2020), Regno Unito e Unione Europea (2021), e Lituania (2023). Italia non pervenuta, in apparenza. In realtà Roma si muove “informalmente” da una quindicina di anni, con risultati paradossalmente meglio conosciuti nell’Indo-Pacifico che nella stessa Italia.

Come argomento da almeno tre anni, i tempi sono maturi per una strategia italiana per l’Indo-Pacifico. Una strategia che raccolga e razionalizzi gli sforzi fatti finora, incrementi il coinvolgimento italiano nella regione, funga da guida per i governi futuri (assicurando una continuità in tale direzione), e che persegua tutto ciò non solo in armonia con gli alleati europei, ma anche in sintonia con le molte sensibilità dei nostri partner Indo-Pacifici. Nel 21° secolo nessun Paese può fare la differenza da solo, questo dovrebbe essere chiaro a tutti, e dunque è necessaria una convergenza ufficiale degli interessi comuni per poter ottenere risultati condivisi.

LA NUOVA RICERCA SUL TEMA

Nella prima ricerca accademica focalizzata sul ruolo italiano nell’Indo-Pacifico, ho mostrato che Roma si muove da tempo – e bene – nella regione attraverso tre direttrici economiche, strategiche, e diplomatiche. Economicamente, il nostro commercio con i principali partner regionali è cresciuto di un sesto negli ultimi 10 anni, mentre il settore della difesa ha visto un incremento del 44% nell’arco dello stesso periodo. Gli ottimi risultati annuali dell’Indo-Pacific Expo confermano l’attenzione della regione per la tecnologia italiana nel comparto della sicurezza.

Dal punto di vista strategico, poi, la presenza italiana è importante e in crescita (nave Carabiniere nel 2017; diverse missioni nei quadranti occidentali dell’Indo-Pacifico, incluso il recente comando dell’Operazione Agenor; nave Morosini attualmente di ritorno dalla sua missione in Indo-Pacifico).

Passando alle iniziative diplomatiche, infine, l’Italia ha via via stretto forme di partenariato (sia di sviluppo che strategico) di peso sempre maggiore nell’Indo-Pacifico. A cominciare dal Pacific Island Forum (PIF) nel 2007 per finire con India e Giappone quest’anno, con molte partnership chiave nel mentre (Vietnam, Corea del Sud, IORA, ASEAN, Emirati Arabi Uniti).

In poche parole, è giunto il momento di una presa di coscienza non solo dell’importanza dell’Indo-Pacifico per tutto il 21° secolo, ma anche per l’Italia, che vanta un grande potenziale ancora inespresso nell’ambito dei suoi rapporti con l’Indo-Pacifico. Una strategia ufficiale aiuterebbe a razionalizzare questi sforzi, a fungere da bussola strategica per il futuro, ad assicurare un impegno meno altalenante, e a perseguire un interesse nazionale che, fortunatamente, si interseca con quello di tutti gli alleati europei e di molti partner Indo-Pacifici.

ITALIA E INDO-PACIFICO FINALMENTE IN PARLAMENTO

Di questo e di altro ho recentemente parlato all’audizione inaugurale del nuovo “Comitato permanente sulla politica estera per l’Indo-Pacifico”, istituito presso la commissione Esteri della Camera dei Deputati. Questo segna un fondamentale cambio di passo nel parlamento italiano, grazie al prezioso lavoro dell’onorevole Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Esteri, Presidente del Comitato, e forte sostenitore dell’idea di una politica ufficiale italiana (a lui debbo il gentile invito per l’audizione). Questa importante nuova fase si deve anche grazie alla esperta e costruttiva collaborazione degli altri membri, inclusa la vicepresidente della commissione, onorevole Lia Quartapelle Procopio.

Nel tentativo di offrire un contributo utile ai lavori, ho ribadito l’importanza dell’Indo-Pacifico per il sistema internazionale, per l’Europa, e per l’Italia. Ho poi mostrato che Roma non deve “reinventare la ruota”: più di una dozzina di altri Stati e istituzioni ha già approcciato questa regione con documenti programmatici. Dunque, è possibile per l’Italia fare buon viso a cattivo gioco, approfittare del ritardo di questo dibattito nazionale, e formulare una strategia che faccia propri gli elementi migliori delle politiche di alleati e partner e che, al contempo, impari dagli errori e dai limiti delle stesse.

Infine, dopo aver analizzato gli elementi principali di ciascuno di questi documenti, li ho interpretati alla luce delle specificità dell’Italia, della sua cultura strategica, dei suoi interessi, e di quelli di alleati e partner. Da tale base ho potuto raccomandare sette elementi cardine attorno ai quali, a mio avviso, la strategia italiana dovrebbe svilupparsi.

LA STRADA PER UNA STRATEGIA ITALIANA

Il percorso parlamentare appena iniziato avrà termine nel giugno 2024, data entro la quale il Comitato Indo-Pacifico della Camera avrà ascoltato diversi esponenti delle molte parti interessate. Questi comprendono altri accademici esperti in materia (mi auguro Pugliese, Coticchia, Simón, Medcalf, Grgić, Teo, Santini, Tercovich, Bonavita, e Buchanan tra i tanti eccellenti colleghi), think tank (IAI e ISPI in Italia, ma anche ASPI, Lowy, JIIA, EAI, ed altri in Indo-Pacifico), della diplomazia, dei ministeri maggiormente interessati (Esteri, Economia, Difesa, Imprese), dell’industria e del commercio, delle forze armate, di Paesi e istituzioni partner (UE, ASEAN, e molti altri).

La strada non è lunga – meno di un anno – ma servirà a raccogliere i molti punti di vista affinché si possa arrivare a proporre un messaggio univoco per il Paese. Ciò che conta è che il percorso sia finalmente iniziato e che, con impegno e pazienza, l’Italia potrebbe presto dotarsi di una strategia ufficiale per l’Indo-Pacifico. L’auspicio è che questa riesca a sintetizzare gli interessi nazionali, europei, e di molti partner Indo-Pacifici grazie ad una visione multilaterale, consapevole delle tante sensibilità in gioco, attenta alle molte sfide e alle ancor più numerose opportunità, e fondata sulla difesa del diritto internazionale e degli interessi condivisi da tutti.

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