La grande differenza rispetto alle joint venture del passato, quando la Cina si apriva ai grandi gruppi industriali e automobilistici europei ed americani, è che ora quest’ultimi non vogliono perdere non tanto il mercato cinese, ma le condizioni che abilitano lo sviluppo dei veicoli elettrici dove il ritardo rischia di diventare troppo
Nella giornata di mercoledì Stellantis NV, colosso globale automotive che riunisce brand come Fiat, Jeep, Chrysler e Peugeot, ha annunciato l’acquisizione per il 21% delle quote azionarie del produttore di veicoli elettrici cinese Zhejiang Leapmotor Technology Ltd per una cifra intorno ai $1.6 miliardi.
Leapmotor ha annunciato la nascente joint venture – che si chiamerà Leapmotor International – con Stellantis di cui l’azienda con sede fiscale in Olanda deterrà un 51% di interessi e diritti esclusivi per l’esportazione e la vendita, così come della produzione, dei veicoli assemblati negli impianti esistenti nella Repubblica Popolare Cinese. L’accordo, che segue un patto simile a quello annunciato tra Volkswagen e Xpeng lo scorso luglio ($700 milioni per acquisire il 4.99% delle quote della cinese, con l’obiettivo di lanciare sul mercato due nuovi modelli totalmente elettrici nel 2026), sancisce una nuova stagione di alleanze industriali nonostante la forte tensione tecno-commerciale tra Stati Uniti e Cina sui chip e che si riverbera anche sulle relazioni tra Bruxelles e Pechino.
Parlando durante la conferenza stampa di presentazione nella città di Hangzhou, il CEO di Stellantis Carlo Tavares ha elogiato Leapmotor come “un’azienda orientata alla tecnologia e impegnata a creare le migliori opzioni possibili per la mobilità”. Confermando la necessità del gruppo di guardare ad oriente, Tavares ha dichiarato che Stellantis “necessiti di trovare uno sbocco sul mercato cinese” dal momento che fino ad ora il gruppo “non ha avuto gran successo”. Ma è soprattutto il mercato domestico (quello europeo) che preoccupa di più Tavares e gli altri CEO dei grandi gruppi automotive.
La scalata degli automakers elettrici cinesi, come Byd, Geely, Xpeng, forti del consolidato share interno nel mercato dei veicoli elettrici (EV) e di relazioni industriali con i produttori di batterie (come Catl) verticalmente integrate, rischia di riverarsi in Europa con automobili a prezzi più competitivi rispetto ai brand tedeschi e francesi.
Stellantis, secondo il piano strategico Dare Forward 2030, ha dichiarato l’obiettivo di arrivare al 100% di vendite EV in UE e il 50% negli USA entro la fine del decennio, con un portfolio di 75 modelli e l’ambizione di vendere 5 milioni di auto elettriche all’anno. In questa direzione, il gruppo ha stretto importanti accordi di fornitura con i grandi produttori di batterie asiatici, come Catl e le coreane LG Energy Solution e SK Innovation.
Ma perché proprio Leapmotor? Stellantis, come ricordato da Tavares, ha avuto notevoli difficoltà nel vedere i propri veicoli in Cina (il terzo mercato mondiale per gli ICE e il primo per gli EV), nonostante la joint venture con Dongfeng che produce auto tradizionali e soprattutto per l’esperienza molto deludente tra Jeep e Guangzhou Automobile Group. Dunque, è evidente che per la multinazionale il futuro in Cina sarà elettrico con una competizione interna molto forte, dunque affidarsi ad un partner che si muove in quest’industria è una condizione necessaria.
In più, Tavares è convinto che la partnership faciliterà la cooperazione tra il gruppo e l’ecosistema cinese dei veicoli elettrici in termini di conoscenza sulle preferenze di mercato e, ovviamente, la condivisione di tecnologia. Si tratta del primo grande accordo, che potrebbe lanciare sul mercato i primi modelli a partire dalla seconda metà del 2024, tra una start-up cinese e un grande gruppo occidentale (Stellantis è il 4 produttore mondiale per numero di vendite) nel segmento EV.
Fondata nel 2015 da Jiang Ming Zhu, che ritiene l’accordo con Stellantis “una partnership win-win”, Leapmotor è impegnata nella ricerca, sviluppo, manifattura e vendita di New Energy Vehicle (NEV), come sono comunemente chiamate i veicoli elettrici in Cina. Nel 2022 ha venduto circa 111.000 auto elettriche, inserendosi tra le migliori aziende nel settore come Nio e Xpeng. Nel portfolio di tecnologie offerte dall’azienda, sono presenti soluzioni per i motori elettrici (attualmente assemblati quasi totalmente in Cina) e, soprattutto, la tecnologia sulle batterie cell-to-chasis (che consente di installare questi componenti direttamente nella scocca, risparmiando spazio e materiali). Una soluzione che consente, dunque, di contenere i costi e che rappresenta un obiettivo essenziale per gli OEMs come Stellantis dal momento che il pacco batteria rappresenta circa il 40% del costo finale del veicolo. Come riporta Nikkei Asia, nel 2022 Leapmotor ha chiuso con perdite nette intorno ai $711 milioni, ma nei primi mesi del 2023 le entrate sono cresciute del 14%. È chiaro che l’esposizione sui mercati internazionali che garantirà Stellantis avranno un effetto volano.
Intanto i numeri sono dalla parte del mercato cinese. Le esportazioni di auto dalla Cina dovrebbero raggiungere i 5,4 milioni di unità nel 2023, di cui i veicoli a nuova energia (NEV) contribuiranno per il 40%, ovvero 2,2 milioni di unità, secondo un recente rapporto della società specializzata Canalys. Inoltre, tra gennaio e agosto di quest’anno, dei 20 modelli top di gamma venduti nel mercato EV a livello globale 16 sono o cinesi (Byd, Gaic, Wuling etc.) o di Tesla. A distanza siderale Volkswagen, Volvo e Hyundai. Chiaramente questi dati sono il riflesso di un mercato, quello cinese, che fagocita l’offerta domestica. Ma il trend è evidente e rischia di replicarsi in Europa se i brand europei non riusciranno a ritagliarsi margini di manovra. Perchè il mercato EV europeo comunque, con tutte le differenze nazionali e le incertezze macroeconomiche, continua a crescere: secondo gli ultimi dati dell’Acea, tra gennaio e settembre le nuovi immatricolazioni EV hanno raggiunto il 14.1% dello share sul totale.
Ed è proprio su questo punto che si può notare la discrasia tra i piani strategico-industriali di Stellantis e gli auspici di una parte dell’establishment europeo, che si è raccolto intorno all’indagine lanciata dalla Commissione proprio sul rischio di invasione di auto elettriche cinesi. Rimane da capire se la possibile imposizione di tariffe commerciali sui veicoli elettrici importati in Europa dalla Cina, ma che hanno beneficiato di aiuti di Stato, porebbero colpire la joint venture i cui veicoli potrebbero arrivare in Europa entro due anni.
Su questo aspetto Tavares ha avanzato dure critiche all’approccio di Bruxelles. “Poiché dobbiamo affrontare questioni globali, dobbiamo adottare una mentalità globale. Non sosteniamo un mondo frammentato. Ci piace la concorrenza. Avviare un’indagine non è il modo migliore per affrontare tali questioni” ha dichiarato.
La grande differenza rispetto alle joint venture del passato, quando la Cina si apriva ai grandi gruppi industriali e automobilistici europei ed americani, è che ora quest’ultimi non vogliono perdere non tanto il mercato cinese, ma le condizioni che abilitano lo sviluppo dei veicoli elettrici dove il ritardo rischia di diventare troppo. Parliamo di network di fornitori, R&D in tecnologia e modelli di business che tenderanno a consolidarsi laddove la penetrazione EV sarà più solida.
L’accordo permette dunque a Stellantis di accedere ad una tecnologia, quella delle batterie, che non sarebbe stata in grado di sviluppare in-house nel tempo necessario per reggere la competizione con gli EV cinesi. Seguendo la famosa frase: se non puoi batterli, comprali. “L’offensiva cinese è visibile dappertutto, ovunque, che ci piaccia o meno” ha ammesso Tavares, “ma almeno possiamo controllare l’espansione di un marchio cinese tramite una joint venture e in questo modo gestire questa espansione e guadagnarci sia grazie ai profitti della JV sia essendo azionisti per il 21% circa”.
Aiutare ad esportare una tecnologia su cui non si è investito in passato e che è, ad oggi, materialmente nelle mani di un Paese che ne controlla l’intera filiera – dalle miniere ai mercati – e che ha dimostrato di poter e voler sfruttare in termini geopolitici, come il caso della grafite insegna, non è chiaramente un’iniziativa che la politica europea (e quella italiana, se pensiamo alla difficile trattativa con il governo per salvaguardare la produzione nazionale di auto) potrà accogliere favorevolmente, libero mercato o meno. Ma si tratta, comunque, di una direzione (quella verso l’elettrificazione della mobilità) tracciata dal legislatore europeo e che i grandi gruppi come Stellantis hanno abbracciato: anche se questo al momento significa rivolgersi ai produttori cinesi.