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Biden tra incubo shutdown e Ucraina. La lettura di Del Pero

Gli Stati Uniti non stanno scaricando l’Ucraina, spiega il docente Mario Del Pero (SciencesPo) a Formiche.net. Per i Democratici era importante evitare lo shutdown ed evitare che gli aiuti militari a Kyiv pesassero sull’opinione pubblica

Il presidente statunitense, Joe Biden, ha dovuto direttamente riaffermare il suo impegno a sostenere l’Ucraina dopo che un accordo di bilancio last minute è stato raggiunto al Congresso escludendo ulteriori 6 miliardi di dollari in aiuti militari. “Non possiamo, in nessun caso, permettere che il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina sia interrotto”, ha detto Biden: “Posso rassicurare [l’Ucraina] che ci andremo, che ce la faremo”, ha detto sul ripristino dei finanziamenti per la guerra. “Voglio assicurare ai nostri alleati americani […] che potete contare sul nostro sostegno, non ce ne andremo”.

La vicenda ha prodotto due tipi di reazioni. Da una parte quella internazionale, soprattutto tra chi inizia a chiedersi con maggiore consistenza se gli Stati Uniti sono davanti a un cambio di linea, oppure si è solo trattato di una questione tecnica. Nel filone si inseriscono i dubbi che escono anche da altri lati della colazione occidentale che ha sostenuto Kyiv contro l’invasione ordinata da Vladimir Putin.

Dubbi che presto potrebbero diventare falle se per esempio lo slovacco Robert Fico riuscirà a formare un governo e implementare i suoi lanci propagandistici filo russi, a cui ha accompagnato la campagna populista che lo ha portato alla vittoria elettorale.

Il clima generale e il momento americano

C’è un clima di stanchezza, anche se mascherata, con i prossimi due mesi – ossia quelli che precedono l’inverno – che potrebbero essere decisivi. Se la tanto pubblicizzata controffensiva darà risultati prima che le condizioni meteorologiche complicheranno le operazioni sul terreno, allora potrebbe esserci un rinvigorimento al sostegno ucraino. Come sempre accade, molto è dettato dalle condizioni sul campo.

E però, c’è da tenere conto anche del secondo genere di equilibri sensibilizzati. La polarizzazione interna negli Stati Uniti vive una fase di particolare tensione, perché è in corso la competizione elettorale per Usa2024. E i Repubblicani sono pervasi ancora dal sentimento nazionalista che ha creato il concetto trumpiano “America First”, sulla base del quale l’incremento degli aiuti non è particolarmente apprezzato. Sentimento che, sebbene con declinazioni meno decise, è condiviso da molta parte delle collettività americane.

Fino a oggi, gli Stati Uniti hanno fornito circa 46 miliardi in aiuti militari all’Ucraina dal momento in cui la Russia ha lanciato la sua invasione su larga scala nel febbraio 2022. Il presidente Biden ha richiesto ulteriori 24 miliardi per sostenere l’Ucraina. Ma nell’accordo di bilancio temporaneo approvato per evitare lo shutdown – che avrebbe comportato una serie di problematiche alla struttura interna americana – non sono stato inclusi finanziamenti militari aggiuntivi.

Da tempo emergono preoccupazioni sul comportamento del Congresso, parzialmente in mano repubblicana, e di un’eventuale presidenza repubblicana dal 2024, sul dossier ucraino. Non è chiaro se è stato solo un passaggio pratico, un guizzo dell’opposizione per mettere in difficoltà Biden, oppure l’avvio di una linea politica (anche tenendo conto delle volontà di alcune componenti elettorali, compresi alcuni settori democratici), o ancora una mossa politica di altro genere. I leader del Senato di entrambi i partiti hanno espresso l’intenzione di garantire il sostegno continuo all’Ucraina nelle prossime settimane, ma è possibile che qualcosa cambierà – e l’intesa diplomazia di questi ultimi mesi, che coinvolge potenze globali come la Cina o il Vaticano, potrebbe essere l’espressione internazionale di alcune esigenze interne americane.

Biden non lascerà Kyiv, ma…

“Non è un voltafaccia di Biden e dei Democratici, che nel confronto con i Repubblicani guidati dal leader della Camera Kevin McCarthy in realtà ottengono un altro successo politico, portando a casa molti dei loro obiettivi, esponendo le divisioni dei Repubblicani e facendo far loro la figura degli estremisti irresponsabili”, spiega Mario Del Pero, docente di Storia Internazionale e Storia della politica estera statunitense all’Institut d’études politiques di Parigi.

Ma non si corre il rischio di dare l’impressione di aver scelto di scaricare l’Ucraina per evitare lo shutdown? “Non proprio. Questa è una misura tampone di un mese e mezzo e il fronte trasversale, pubblico e congressuale, favorevole al sostegno a Kyiv rimane maggioritario, numeri e sondaggi alla mano, per quanto in misura minore rispetto a un tempo”, risponde il docente a Formiche.net. “Vi sono poi altri strumenti, esecutivi, per trasferire aiuti economici e militari, e peraltro sono stati abbondantemente utilizzati dal febbraio 2022 a oggi. Ciò detto, è chiaro che quel sostegno, e il capitale politico-elettorale che sembrava portare con sé, è andato affievolendosi”.

Per Del Pero, le ragioni di questo affievolirsi del sostegno sono varie. “Gli Stati Uniti hanno in una certa misura ottenuto quel che volevano: fermato un possibile effetto domino in Europa centro-orientale che sarebbe stato innescato da un revisionismo russo di cui l’Ucraina era solo il primo tassello (discutibile, ma fu ed è lettura diffusa a Washington)”. Inoltre, hanno rafforzato ed esteso una Nato a “rinnovata leadership statunitense” il cui baricentro si sposta decisamente a Est; hanno confermato il potere e “la credibilità deterrente del proprio hardpower militare (che sembravano minati dal fiasco afghano)”; hanno dato “un messaggio alla Cina rispetto a Taiwan”.

Il tutto senza mai cadere nella spirale pericolosissima di un’escalation incontrollabile. L’ambiziosa controffensiva ucraina sulla quale molto si era investito non ha per ora prodotto i risultati auspicati (e in una certa misura previsti) e allora, per il docente di SciencesPo, vanno valutati i costi umani e materiali della guerra, che crescono giorno per giorno e ora si teme possano pure indebolire l’Ucraina.

Poi c’è un ulteriore aspetto: “Tendiamo a dimenticarlo, ma gli aiuti internazionali, in qualsiasi forma (militari, economici, umanitari) negli Usa, e ancor più negli Usa d’oggi, non sono popolari ovvero cozzano contro un nazionalismo unilateralista che Donald Trump declina in forma estrema e caricaturale, ma che è trasversalmente diffuso a destra come a sinistra”.

“Gli Usa hanno già mandato ingenti aiuti all’Ucraina: nell’anno elettorale in cui stiamo per entrare, sostenere che si sia fatto abbastanza, che ci deve pensare l’Europa, e che vengono prima gli americani può essere elettoralmente vantaggioso (e lo abbiamo visto anche nei primi due mesti dibattiti delle primarie repubblicane)”.


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