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Chip e difesa, quale strategia per l’Italia? La proposta di Torlizzi

All’evento del Luiss Policy Observatory, l’esperto di supply chain ha presentato un piano nazionale per i semiconduttori nel comparto della Difesa. La sua proposta si articola sul rapporto con gli Usa, il potenziamento della fonderia di Leonardo specializzata in chip specifici per i segnali radio, il coinvolgimento più ampio di STMicroelectronics e le condizioni per il fiorire di nuove realtà

Dall’elettronica di consumo ai sistemi di armamento avanzati, i semiconduttori sono fondamentali per le applicazioni civili e militari. E le recenti interruzioni della catena di approvvigionamento dei chip, causate dalla pandemia prima e dalle crisi geopolitiche poi (Israele, per esempio, ha da poco cessato le esportazioni di chip), hanno messo in luce le vulnerabilità dei Paesi occidentali che si affidano alla produzione globalizzata di semiconduttori. Com’è noto, la maggior parte dei semiconduttori sono prodotti in Asia orientale, e pochissimi attori (tra cui spicca Taiwan) dominano la fascia di quelli avanzati.

Queste le basi del ragionamento espresso da Gianclaudio Torlizzi (fondatore di T-Commodity, e consigliere del ministro della Difesa) nel suo ultimo policy paper, presentato martedì sotto l’egida del Luiss Policy Observatory. Il documento ripercorre come gli Stati abbiano intensificato gli sforzi sullo sviluppo delle industrie nazionali di chip attraverso investimenti pubblici e politiche industriali. Il tema è anche al centro della competizione strategica tra Stati Uniti, che hanno mobilitato circa 215 miliardi di dollari per conservare il proprio vantaggio tecnologico, e la Cina, che pur rimanendo diversi anni indietro può contare su una florida produzione di chip meno sofisticati e rimane un attore importante su diversi settori della supply chain.

Anche il Vecchio continente, Germania e Olanda in testa, rimane essenziale a monte della filiera. E l’Unione europea intende mobilitare 43 miliardi di euro per riportare parte della produzione di chip in casa. L’Italia, come evidenzia la recente apertura della Fondazione Chips.IT a Pavia, è un nodo importante a livello di progettazione e testing  dei semiconduttori, e il governo guidato da Giorgia Meloni sta lavorando a un Piano nazionale per la microelettronica. La proposta di Torlizzi si inserisce in questo ambito, fornendo un quadro di operazione e una serie di indicazioni per potenziare il ruolo italiano in questo settore così strategico – e così esposto alle esternalità, economiche quanto politiche.

Il primo suggerimento è quello di regolamentare i rapporti con gli Stati Uniti, dove il sistema industriale-governativo, principale fornitore dei chip necessari per la Difesa italiana, è “estremamente protettivo dell’interesse nazionale” e non esita e difenderlo con pesanti restrizioni alle esportazioni. In passato, spiega l’esperto, il mancato accesso alle forniture dirette di sistemi d’arma e piattaforme avioniche ha comportato che l’Italia venisse esclusa da potenziali collaborazioni su temi tecnologicamente rilevanti. Necessario, dunque, stabilire a priori il grado di proprietà intellettuale, nell’ambito di accordi tra aziende, e assicurarsi il continuo accesso alla tecnologia Usa.

Lo sforzo nazionale deve passare dal potenziamento della fonderia specializzata di Leonardo, partecipata di Stato nonché campione nazionale, per la produzione di un tipo specifico di chip, i circuiti integrati monolitici a microonde utilizzati nei radar e nella guerra elettronica (detti Mmic). Questi prodotti permettono di orientare elettronicamente i fasci radar invece di spostare fisicamente le antenne e rappresentano un campo in cui l’Italia può vantare un profilo di leadership. Oltre a Leonardo rimane solo la franco-tedesco Ums nella produzione di chip Mmic, spiega Torlizzi, e l’azienda italiana dovrebbe espandere la propria produzione per soddisfare anche le esigenze di altre aziende italiane della difesa (come Elettronica e Mbda), garantendo indipendenza strategica e competitività tecnologica attraverso la produzione interna di chip – per cui serve internalizzare la produzione di dischi di nitruro di gallio e arseniuro di gallio necessari per la loro fabbricazione.

L’altra propaggine di questo sforzo passa dal coinvolgimento della società italo-francese STMicroelectronics per “avviare, anche in joint venture con altre realtà, linee produttive dual use oppure specifiche per le esigenze del comparto della Difesa”. L’interesse dei produttori commerciali di chip nel mercato della Difesa, per via dei bassi volumi produttivi, è stato storicamente basso, scrive Torlizzi, ma le sfide che il Paese dovrà affrontare negli anni a venire “impongono una sensibilità sulle questioni attinenti alla sicurezza nazionale molto più spiccata rispetto al passato. Pertanto l’attenzione rivolta all’efficienza produttiva dovrà andare di pari passo con le esigenze strategiche del Paese. La Francia, dove STMicroelectronics lavora a stretto contatto con lo Stato, costituisce un esempio concreto in tal senso”.

Infine, oltre a proporre sistemi di incentivi ai programmi di produzione di chip dual use (per essere in grado di produrne di pià in caso di urgente bisogno) si rende necessario anche sviluppare attività di venture capital, soprattutto per le nuove realtà emergenti, da implementare attraverso una newco controllata al 100% dal ministero della Difesa. “Lo sviluppo della capacità nazionale di produzione di semiconduttori rappresenta anche un’opportunità per il sistema-Paese al fine di ottenere un miglior posizionamento in ambito europeo in vista di possibili future alleanze. Il successo del modello Mdba costituisce una valida testimonianza di come integrazione in ambito europeo e autonomia strategica possano andare di pari passo”.


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