Skip to main content

Così Pechino plasma un nuovo concetto di diritti umani

Per Pechino, non esiste un modello universale per la promozione e la protezione dei diritti umani. Semmai ogni Paese dovrebbe determinare il proprio percorso in base a fattori storici, culturali e socio-economici

Più o meno un mese fa esatto, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha annunciato che la Cina è stata eletta nel Consiglio per i diritti umani dell’Onu, nonostante pesino su Pechino varie denunce di massicce violazioni dei diritti — in particolare contro la minoranza musulmana nell’ovest del paese. I 47 membri del Consiglio per i diritti umani sono selezionati per regione. La Cina era uno dei quattro paesi che stavano lavorando per ottenere uno dei quattro seggi liberi nel gruppo asiatico e unirsi a Giappone, Indonesia e Kuwait. Perché?

A settembre, il ministero degli Affari Esteri cinese ha fatto una dichiarazione inaspettata, affermando che “i diritti umani per tutti sono la ricerca comune dell’umanità”. Parole che suonano piuttosto strane sé arrivano da un Paese in cui è in piedi un patto sociale sostanzialmente basato sull’accettazione da parte dei cittadini di una contrazione alle proprie libertà, dunque ai propri diritti, in cambio di un aumento costante della prosperità gestita dal Partito/Stato.

Le parole del ministro Wang Yi potrebbero sembrare un cambiamento significativo per la Cina, viste le varie rivelazione sui lavori forzati imposti dallo Stato nello Xinjiang — dove sono in corso campagne di rieducazione culturale sui musulmani che vivono in quella regione turbolenta.

Ma l’intento del ministero era quello di lanciare una “Proposta della Repubblica popolare cinese sulla riforma e lo sviluppo della governance globale”, sottolineando che non esiste un modello universale per la promozione e la protezione dei diritti umani, suggerendo che ogni Paese dovrebbe determinare il proprio percorso in base a fattori storici, culturali e socio-economici. In sostanza, secondo la Cina, i governi hanno l’autorità di definire il proprio significato di “diritti umani”.

Questa reinterpretazione è comoda per leader come Vladimir Putin, che può sostenere che imprigionare gli oppositori politici è in linea con il background storico della Russia. Allo stesso modo, l’Arabia Saudita potrebbe giustificare azioni contro i critici della monarchia, il tutto sotto la bandiera del patrimonio culturale (effettivamente, per il regno e altri Paesi simili, è in corso un generale miglioramento dei diritti, sempre con caratteristiche locali, ma le condizioni sono ancora molto distanti dagli standard occidentali).

La prospettiva della Cina sfida l’idea ampiamente diffusa che i diritti umani siano intrinsechi e debbano essere applicati universalmente. Una concezione che fa parte del modello alternativo che Pechino propone ai suoi interlocutori per una governance con caratteristiche cinesi degli affari internazionali.

Consentendo ai leader di definire i diritti umani sulla base di precedenti storici e personali, la Cina annulla sostanzialmente il significato di questi diritti, allineandosi alla tendenza del Partito Comunista Cinese a negare retoricamente diritti e libertà, ha spiegato in un’analisi Josh Birenbaum, vicedirettore del Centro sul potere economico e finanziario al think tank neocon Foundation for Defense of Democracies. Birenbaum ha evidenziato che anche se il ministero cinese sostiene di salvaguardare i diritti democratici del popolo, opera all’interno di un sistema autoritario e a partito unico.

La posizione della Cina si estende alla democrazia in senso generale (sistema istituzionale che dovrebbe garantire quei diritti sopra a tutto), con l’affermazione che non esiste un modello universalmente applicabile per essa. Questo concetto è stato recentemente ribadito da un alto funzionario governativo di un Paese della regione indo-pacifica a Formiche.net: “Non esiste solo il concetto di democrazia che intendete voi in Occidente”. Opinabile, ma sono voci da tenere in massima considerazione quando si dialoga con quella parte di mondo, e mentre certe visioni e narrazioni vengono sempre più ascoltate da sempre più Paesi.

Sebbene si riconosca l’esistenza di diverse democrazie, il tratto chiave che le definisce — votare per i leader tra le scelte possibili — è comunque assente in Cina. Pechino parla di ”caratteristiche cinesi” della Repubblica per questa ragione anche. Altrettanto, il rispetto dei diritti è un concetto relativo anche altrove, ma fenomeni come la possibilità di guida per le donne in Arabia Saudita, sebbene banalità in altri luoghi del mondo (come in Occidente), rappresentano evoluzioni formidabili.

Le affermazioni della Cina sui diritti umani e la democrazia sono considerate una propaganda vuota e difensiva, simile a un’illuminazione geopolitica, in Occidente. Ma altrove sono una boccata di ossigeno. Anche perché negli ultimi anni la protezione del contesto democratico (valori e diritti) è diventato un vettore di politica internazionale per il mondo occidentale e like-minded, anche come risposta all’ascesa di altre realtà, come appunto la Cina, che spingono modelli alternativi, o altri come la Russia che con l’attacco all’Ucraina hanno violano le regole di stabilità (democratica) internazionale. In mezzo c’è un’ampia fetta di Paesi — identificabili tra l’altro come membri del Global South — che intende vivere libero da pregiudiziali etico-morali le proprie relazioni internazionali e le proprie direttici di sviluppo.

L’approccio cinese si estende anche a questioni più complesse, come la trasparenza nell’impegno economico. Tralasciando l’opacità degli accordi all’estero, la Cina afferma che la Belt and Road Initiative (Bri) incarna un sistema di commercio e investimenti internazionali giusto, equo e trasparente. La narrazione è simile a quella sui diritti civili, con la Bri che dovrebbe fornire alternative ai sistemi del commercio internazionali. Tuttavia, la mancanza di trasparenza all’interno della Bri ha portato a prestiti irresponsabili, scarsa valutazione del rischio, promesse non mantenute e corruzione diffusa, ostacolando la responsabilità democratica e diventando una cartina di tornasole del senso degli impegni di certe iniziative cinesi.

×

Iscriviti alla newsletter