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Come nasce un radicalizzato QAnon. Quattrociocchi legge l’attacco in casa Pelosi

L’uomo che aggredì il marito dell’ex Speaker voleva smantellare una presunta cabala di pedofili. Dalla sua testimonianza in tribunale emerge il profilo di un soggetto radicalizzato online, nel mondo dell’alt-right e dei complotti. Vale tutto, purché sia contro il mainstream: il professore della Sapienza analizza il sottobosco cospirazionista e ne illumina origine, crescita e integrazione con la politica

Si torna a parlare di QAnon e radicalizzazione online. È emersa sui media la testimonianza in tribunale di David DePape, quarantatrè anni, un falegname di origine canadese che un anno fa andò a caccia dell’ex Speaker della Camera statunitense, Nancy Pelosi, forzò l’ingresso di casa sua e trovò il marito. Quando i poliziotti arrivarono sulla scena DePape perse la testa e aggredì Paul Pelosi, fratturandogli il cranio con un martello. Giovedì l’uomo è stato dichiarato colpevole di aggressione e rapimento; probabilmente sconterà decenni in carcere.

La linea difensiva degli avvocati di DePape si basava sullo scollamento tra la sua visione del mondo e la realtà, come avvenuto per diversi cospirazionisti implicati nell’assalto al Congresso del sei gennaio 2021. In aula l’imputato ha ammesso di credere a una serie di teorie cospirative riconducibili alla galassia QAnon. Uno dei capisaldi di questo movimento digitale, tanto ampio quando sfuso, è l’esistenza di una cabala malevola di pedofili e satanisti che guida segretamente le sorti del mondo. E alcune narrative sono state diffuse da commentatori e influencer alt-right come Tim Pool e James Lindsey, a cui l’aggressore si è ispirato.

“Volevo solo svelare la verità”, ha confessato DePape in lacrime, spiegando agli avvocati che la sua intenzione sarebbe stata quella di legare e interrogare l’ex Speaker a favore di telecamera, costringerla a svelare il presunto complotto e l’ubicazione di altre persone. Il tutto travestito da unicorno, per ironizzare sul femminismo di Pelosi. Oltre al martello, corde e fascette da meccanico, la polizia ha trovato nel suo zaino una serie di provviste: Pelosi era la prima di una lista che includeva altri “cabalisti”, tra cui l’attore Tom Hanks e il filantropo George Soros oltre al presidente Joe Biden e il figlio Hunter, e DePape aveva messo in conto un “lungo viaggio” negli Stati Uniti per scovare

Formiche.net ha raggiunto Walter Quattrociocchi, professore della Sapienza di Roma e a capo del Center of Data Science and Complexity for Society, per un approfondimento sulle idee che hanno portato all’aggressione di Paul Pelosi – un atto che l’esperto ha definito un “delirio paranoide” amplificato dalle interazioni con altre persone che nutrivano lo stesso credo. Il suo processo di radicalizzazione è stato incubato dai social media, dove l’assenza di moderazione favorisce la creazione di comunità attive attorno a narrazioni condivise. Man mano che i siti come Reddit stringevano le maglie sui contenuti violenti come quelli di QAnon, i gruppi hanno trovato rifugio su alternative non moderate, come il defunto Voat.

L’inaspettata resilienza dei gruppi di complottisti è l’oggetto dell’ultimo studio condotto dal team di Quattrociocchi e pubblicato sul sito dell’Accademia nazionale di scienze Usa. Gli autori rivelano come i gruppi di utenti che migrano da un sito all’altro tendono a ricreare la stessa rete sociale. Questo rende più difficile la disgregazione delle comunità che producono contenuti violenti, che possono dimostrarsi molto più resistenti al deplatforming di quanto si pensasse. E spiega, almeno parzialmente, da dove arrivano le narrative che tuttora alimentano il dibattito nelle frange più estreme della politica statunitense.

“C’è una polarizzazione crescente negli Usa, l’assalto di DePape ne è un esempio. All’origine c’è la forte correlazione tra disuguaglianza, povertà e pensiero complottista. Questo mix si sublima nell’estremismo politico ed è intercettata dagli ambienti estremi che accolgono il malcontento, perché la proposta narrativa che arriva dai segmenti più moderati non è in grado di rispondere alle esigenze di quella parte dell’elettorato. Il risultato è che anche alcuni personaggi influenti della politica vogliono intercettare questi serbatoi di voti, così adeguano il loro linguaggio e amplificano le divisioni”, ha spiegato l’esperto.

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: non solo il caso DePape ma lo stesso assalto al Congresso, indirettamente favorito da Donald Trump, che ha promesso di perdonare gli insurrezionisti qualora venisse rieletto nel 2024 e che oggi i sondaggi danno in testa nella gara per la nomination repubblicana. Ma non è un fenomeno solo statunitense: le idee della galassia QAnon si sono fatte strada a livello internazionale, adattandosi al contesto e comparendo in altri Paesi, tra cui Brasile, Germania, e anche l’Italia.

Ogni Paese ha la sua tolleranza alle esplosioni di violenza alimentate dal complottismo. Secondo Quattrociocchi, che sta studiando il nesso tra teorie cospirazioniste ed estremismo anche nel nostro, il sistema sociale italiano sembra essere relativamente tranquillo e meno predisposto rispetto ad altri, almeno per quanto riguarda QAnon. Questo non cancella il rischio che le teorie made in Usa interagiscano con altri tipi di ideologie vagamente affini, come le narrative antisemitiche amplificate all’indomani dello scoppio della guerra tra Hamas e Israele.

La tesi dell’esperto è che gli estremismi digitali non siano tanto questione di quale idea, quanto di mentalità. La vaghezza stessa delle teorie nella galassia QAnon dimostra che non esiste una teoria-guida, spiega Quattrociocchi, quanto due filoni generici di pensiero: il mainstream e l’alternativo. E nel secondo tutto trova spazio; l’importante è che il messaggio sia di antagonismo all’establishment. La forza propulsiva di chi aderisce alle teorie cospirazioniste rimane la disuguaglianza, ha rimarcato l’esperto, e la polarizzazione politica è la manifestazione di questa spaccatura. Che, tra l’altro, una potenza estera ostile può usare a proprio vantaggio.


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