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Sciopero generale, stop legittimo ma si privilegi il dialogo alla polemica. Parla Sacconi

Per colmare la frattura nel rapporto tra esecutivo e rappresentanti dei lavoratori occorre affrontare i temi senza pregiudizi. Il sindacato (come la politica) sa di dover cercare consenso per i propri obiettivi. La penalizzazione dei viaggiatori non è un buon modo per farlo. E le motivazioni per stoppare lo sciopero del 17 sono fondate. Conversazione con l’ex ministro del Lavoro, Sacconi

È un muro contro muro. Lo sciopero generale del 17 novembre, proclamato dalla Cgil e dalla Uil, diventa un caso politico che vede, ancora una volta, contrapposti i rappresentanti dei lavoratori e il leader della Lega, Matteo Salvini. Il vicepremier e ministro dei Trasporti ha addirittura “minacciato” di precettare i lavoratori. L’innesco è stato il pronunciamento della Commissione di Garanzia che ha bocciato la manifestazione contro la manovra non considerando le motivazioni della protesta sufficienti per il riconoscimento dello sciopero generale. Ma i sindacati hanno comunque deciso di proseguire. “Mi auguro si privilegi il dialogo alla reciproca polemica, ma le motivazioni della Commissione sono fondate”. A mettere un po’ d’ordine alla vicenda è l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi che, nella sua intervista a Formiche.net, torna anche sul tema del rapporto tra esecutivo e sindacati.

Sacconi, sullo sciopero dei trasporti si sta consumando una battaglia politica sanguinosa. L’authority contesta la mobilitazione. Cgil e Uil vanno avanti. Un azzardo per istigare il governo?

Le osservazioni della Commissione di Garanzia, nominata dal Presidente della Repubblica d’intesa con i presidenti delle Camere, sono oggettivamente fondate e mirano a tutelare soprattutto gli utenti dei servizi di trasporto. Mi auguro si privilegi il dialogo e non la reciproca polemica.

Il leader della Lega, Matteo Salvini, pensa di precettare i lavoratori e lancia una replica al vetriolo a Landini. Fino a che punto si protrarrà questo braccio di ferro?

Il nodo del bilanciamento del diritto di sciopero con quello alla mobilità è reale e i grandi sindacati dovrebbero agire responsabilmente chiedendo anzi di evitare che quelli minori producano danno con il solo effetto annuncio. Se ne discuta senza pregiudizi.

Rispetto al confronto, seppur aspro ma rispettoso, tra Landini e Meloni assistiamo a un passo indietro nel rapporto tra sindacati ed esecutivo?

È significativo il diverso orientamento della Cisl che non ha mai voluto inflazionare l’arma dello sciopero. Si riproduce così la divisione sindacale che ha accompagnato tutti i governi di centrodestra. Ci si chieda perché.

Si mette in discussione, in effetti, il diritto allo sciopero?

Non esageriamo. Lo sciopero nei servizi pubblici è regolato ma con poche tutele per i viaggiatori. Già nel 2009 il tema del trasporto fu oggetto di un disegno di legge governativo che ipotizzava per questo settore la dichiarazione individuale anticipata di adesione. Tesi sostenuta da molti giuslavoristi come Santoro, Passarelli e Ichino. Così si danno certezze ai viaggiatori sui vettori funzionanti.

Per l’opposizione è un’occasione per contrastare il governo anche su questo punto. Ma, in effetti, la presa di posizione di Pd e alleati porterà un beneficio anche in termini di consensi?

Il sindacato, come la politica, sa di dover cercare consenso per i propri obiettivi. La penalizzazione dei viaggiatori non è un buon modo per farlo.

C’è un modo, su questo e altri fronti, per ricucire il rapporto con i rappresentanti dei lavoratori, tenendo presente ad esempio la posizione più “morbida” della Cisl?

Da tempo è assordante il silenzio delle organizzazioni dei datori di lavoro anche se al Cnel hanno condiviso con la Cisl la risposta su lavoro povero e salario minimo. Aiuterebbe tutti una ripresa del dialogo interconfederale tra le maggiori organizzazioni avviando, ad esempio, la devoluzione ai territori e alle aziende della contrattazione salariale e chiedendone una detassazione automatica.

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