Osservare (e poi subire) fenomeni come rivolte, guerre, carestie, colpi di Stato e inquadrarli come singoli eventi slegati da un contesto e direttamente proporzionali ad una emergenza circoscritta, è stato fino ad oggi fallimentare per l’Occidente. Occorrono invece nuovi occhi e nuove lenti per capire l’Africa
C’è un passaggio del ragionamento che il presidente del Consiglio ha più volte fatto sul Piano Mattei che è utile approfondire per valutarne al meglio la profondità strategica e, in seguito, l’attuazione pratica (in attesa della conferenza programmatica del prossimo 28 gennaio). Ed è quello relativo al portato complessivo che la stessa Europa ha difronte al continente africano, luogo dove per troppi anni, l’Europa e l’Occidente hanno commesso e reiterato un grave errore: registrare crisi, cambiamenti sociali o politici, grandi migrazioni come fenomeni isolati e scollegati da un insieme.
Un riferimento che Giorgia Meloni ha messo in evidenza quando ha osservato che quella mancanza di approfondimento si è rivelata nel tempo un errore strategico, “che ci ha portati spesso ad analizzare quei fenomeni con gli occhi del momento e a dover gestire le inevitabili conseguenze sprovvisti di una progettualità più ampia”. Invece l’Africa ha bisogno di altro, ovvero per essere capita nel profondo, ha bisogno di uno sguardo d’insieme e di una regia ad ampio spettro.
Nel messaggio del premier alla Conferenza degli ambasciatori c’è praticamente il manifesto di politica estera del governo per il prossimo decennio. E uno dei punti salienti tocca proprio la programmazione delle politiche da attuare in Africa, partendo dallo strumento del Piano Mattei individuato dal governo per cambiare registro ed avere un approccio non paternalistico con quei 50 paesi.
Dietro l’ingrossamento dei flussi migratori o dietro golpe spesso stimolati e governati da soggetti esterni, come il caso Wagner dimostra in tutta la sua interezza, c’è un retroterra che si chiama Africa, fatto di storia, accordi sottobanco, sfruttamento minerario, mancata cooperazione e una difficoltà a parlare con interlocutori specifici.
In questo senso lo spunto primordiale del Piano Mattei ha anticipato anche l’idea di un seggio permanente al Consiglio di sicurezza Onu per l’Unione Africana, mossa che nelle intenzioni sosterrebbe l’Africa a liberarsi da un ruolo subalterno. Così come l’energia.
Oppure si pensi alla Libia, dove anche per via di una certa debolezza occidentale, fino ad oggi non è stato possibile procedere ad una normalizzazione istituzionale per uscire dall’impasse decennale post deposizione di Gheddafi. La ripresa dei voli tra Italia e Libia, grazie all’accordo firmato giorni fa a Tripoli dal Presidente Enac Pierluigi Di Palma, su delega del vicepremier Esteri Antonio Tajani, rappresenta una risposta concreta da parte italiana ad un problema reale.
Per cui Meloni puntando il dito contro le politiche fin qui attuate, ha indicato anche la soluzione. Osservare (e poi subire) fenomeni come rivolte, guerre, carestie, colpi di stato e inquadrarli come singoli eventi slegati da un contesto e direttamente proporzionali ad una emergenza circoscritta, è stato fino ad oggi fallimentare per l’occidente.
Occorrono invece nuovi occhi e nuove lenti per capire l’Africa. Il Piano Mattei si candida ad offrire quegli strumenti innovativi.