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Replicator, il progetto caposaldo nel contenimento cinese è ancora acerbo

Il massiccio e innovativo programma di droni su scala, annunciato a settembre dal Pentagono, sembra incontrare qualche difficoltà. Suscitando dubbi nei principali stakeholders del progetto

Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, il Dipartimento della Difesa statunitense aveva annunciato l’intenzione di creare un apparato centralizzato composto da migliaia di sistemi uncrewed controllati dall’Intelligenza Artificiale per fronteggiare in modo efficace la crescente minaccia rappresentata dalla Repubblica Popolare Cinese e dalla sua People Liberation’s Army. Il progetto, noto con il nome di Replicator, sarebbe stato perfezionato “entro un lasso di tempo che oscilla tra i 18 e i 24 mesi”, secondo quanto affermato in quei giorni dal vice segretaria della Difesa Usa Kathleen Hicks.

Pochi giorni fa, la stessa Hicks ha preso parte ad un meeting dedicato proprio a questo programma, svoltosi presso la base operativa della Defense Innovation Unit. Assieme a lei hanno partecipato alla riunione i leader di nove aziende tecnologiche e diversi funzionari di alto livello del Dipartimento della Difesa. Alcuni dei quali sono usciti molto poco soddisfatti da questo meeting, con qualche sfogo anonimo raccolto da Politico.

Inizialmente, sembrava che questo progetto non avesse bisogno di finanziamenti appositi, andando ad attingere dal budget già stanziato a favore del Dipartimento della Difesa. Ma già dopo poche settimane Hicks correggeva la rotta, affermando che per il 2025 il Dipartimento avrebbe potuto chiedere nuove fonti di finanziamento per il progetto. Le risorse totali a disposizione di Replicator non saranno rivelate fino alla prossima primavera.

“La realtà è che Replicator sta eliminando i nodi del sistema di innovazione del Dipartimento della Difesa. Ci sono una moltitudine di programmi già esistenti nel Dipartimento che hanno bisogno di aiuto per passare dal punto in cui si trovano alla consegna su scala. È su questo che si concentra Replicator”, commenta il vice segretaria della Difesa. Specificando come esso non sia “un programma, ma un processo per migliorare la nostra capacità di scala”.

Come è naturale che sia, il Pentagono si è rivolto alle startup tecnologiche della Silicon Valley, che già possono vantare un rilevante expertise nello sviluppo e nella produzione di sistemi unmanned. Il Dipartimento della Difesa avrebbe chiesto a queste realtà imprenditoriali di costruire i droni necessari al progetto Replicator, dietro la promessa di acquistarli negli anni a venire. Un altro rappresentante della dimensione industriale contattato da Politico ha ammesso di non essere preoccupato per la disponibilità di fondi per il programma, ma di ritenere che ordini chiari e definiti da parte del Pentagono siano la “priorità numero uno” per il successo del programma Replicator.

Anche sul fronte politico ci sono alcuni dubbi. “Il dipartimento deve definire in modo più preciso il programma e deve capire che ci deve essere fondi specifici dedicati a Replicator”, commenta il repubblicano Ken Calvert, presidente della sottocommissione per gli stanziamenti della Camera per la Difesa. Mentre Mike Gallagher, presidente repubblicano della commissione Cina della Camera e della sottocommissione cibernetica dei Servizi armati della Camera, ha affermato che l’unico modo per far funzionare il progetto è che il Congresso fornisca finanziamenti flessibili che vadano oltre un singolo anno, così da garantire fiducia al mondo privato per pianificare e investire, sapendo che i finanziamenti saranno disponibili a lungo termine — sottolineando come Replicator non debba “cannibalizzare” fondi da altre dimensioni della difesa ritenute critiche, soprattutto nel teatro dell’Indo Pacifico. Come ad esempio i missili anti-nave, fondamentali per costruire un sistema di difesa integrato nell’area dove Replicator dovrebbe andare ad operare.



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