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Parte dall’Angola la risposta occidentale a Pechino

Dopo oltre dieci anni di investimenti predatori e debito altamente tossico, gli Stati Uniti accelerano sulla realizzazione di una ferrovia tra Angola, Zambia e Congo che punta a mandare in crisi i piani di Pechino per mettere definitivamente le mani sull’Africa

Le battaglie, a volte, si combattono anche sui binari. Persino quando c’è di mezzo lo sviluppo e le speranze di un intero continente, l’Africa. Non c’è bisogno di dilungarsi troppo nel raccontare come la Cina in questi ultimi 10-15 anni abbia azzannato il Continente nero, intossicandone le finanze e depredando molti governi dei propri asset, attraverso una fitta rete di prestiti dalle clausole a dir poco vessatorie. Però da quando lo scorso gennaio il segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen, si è recata in Africa per gettare le basi di una strategia di investimenti, abbastanza robusta da ribaltare l’attuale equilibrio tutto a favore della Cina, qualcosa si è mosso.

Per esempio in Angola, Paese dove la Cina vanta investimenti, ma anche crediti, per oltre 20 miliardi di dollari, senza considerare che ad oggi la Cina è inoltre il maggior partner commerciale dell’Angola, assorbe il 61,56% delle esportazioni a cui fanno seguito l’India (11,05%) e la Spagna (3,80%). Ebbene, la risposta occidentale allo strapotere cinese parte proprio da qui. In queste ore il Dipartimento di Stato americano ha infatti confermato che il piano di Washington di rinnovare ed estendere il corridoio di Lobito, una ferrovia che attraverserà lo Zambia, Paese molto ricco di minerali ma tecnicamente fallito proprio per colpa di Pechino e dei suoi prestiti, fino a un porto atlantico in Angola, sta procedendo a pieno ritmo.

Per anni, se non decenni, la Cina ha cercato, con risultati contrastanti, di aumentare la propria influenza in Africa e di potenziare proprio la connettività commerciale investendo in porti e ferrovie. Cosa che ora stanno facendo i Paesi del G7 (l’Italia è impegnata per parte sua nella promozione e della strutturazione del Piano Mattei, plasmato dal governo di Giorgia Meloni). E che l’intervento statunitense sulla ferrovia poc’anzi citata possa scalzare la Cina o, comunque, allentarne la morsa, è più di un’ipotesi. Oltre all’Angola e allo Zambia, infatti, anche la Repubblica del Congo, racconta il Wall street journal, si è detta interessata al progetto, firmando un memorandum d’intesa il mese scorso per sviluppare il Corridoio di Lobito.

Sponda cinese, rimanendo sempre sul terreno delle ferrovie, uno dei maggiori investimenti cinesi in Africa e direttamente collegato alla Bri è stata la ferrovia da 4,7 miliardi di dollari in Kenya, che ha iniziato a funzionare nel 2017 e collega la capitale, Nairobi, con la città portuale di Mombasa. La ferrovia avrebbe dovuto collegarsi alla vicina Uganda, per portare minerali essenziali sulla costa, ma non è mai arrivata fin lì. Perché ora ci sono anche gli Stati Uniti. E non solo.

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