Negli ultimi giorni le azioni ostili realizzate dall’una e dall’altra parte del confine tra Libano e Israele hanno preso una piega diversa. Ai raid israeliani Hezbollah risponde con attacchi missilistici mirati. Ma il rischio escalation rimane ancora basso
Mentre le operazioni militari delle Idf proseguono attraverso la striscia di Gaza, la tensione rimane alta anche al confine settentrionale di Israele, quello con il Libano. Il Paese dei Cedri è la patria di Hezbollah, la punta di diamante del cosiddetto “axis of resistance”, la rete di milizie sparse attraverso l’intera regione mediorientale costituita da Teheran negli scorsi decenni.
A Tel Aviv sono ben consci che l’allargamento del conflitto a nord potrebbe essere molto pericoloso, e per questo fino ad ora si è cercato di evitare mosse che potessero condurre ad un’escalation con Hezbollah (anche se alcuni esponenti dell’establishment israeliano, tra cui lo stesso premier Benjamin Netanyahu, non nascondono il loro sostegno per l’ipotesi di un attacco preventivo). Il mantenimento di una calma relativa nell’area è anche uno degli obiettivi che il Segretario di Stato statunitense Anthony Blinken intende promuovere nel suo tour diplomatico attualmente in corso nella regione.
Questo approccio non sottintende però che la situazione nella zona rimanga pacifica. Scambi di colpo lungo il confine sono stati registrati su base quasi giornaliera nel periodo successivo al 7 ottobre. Ma ultimamente gli atti violenti hanno raggiunto un nuovo spessore. Nelle prime ore del 2024 Israele ha realizzato un attacco oltreconfine con una loitering munition per uccidere Saleh al-Arouri, uno dei principali leader di Hamas; pochi giorni dopo, il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha promesso durante un suo intervento che Israele non l’avrebbe passata liscia per il suo gesto. E la vendetta marchiata Hezbollah è arrivata a poca distanza.
Sabato 6 gennaio il Partito di Dio libanese ha sparato sessantadue missili contro la base di controllo aereo sita sul Monte Meron, centro di controllo nevralgico per il sistema di difesa israeliano, colpendo due delle tre cupole del complesso. Le autorità israeliane hanno confermato il danneggiamento della struttura, specificando però come l’attacco non abbia inficiato il funzionamento del sistema di difesa aerea, grazie alla presenza di appositi “back-up”. La reazione delle Idf è stata duplice: in un primo momento la rappresaglia si è concentrata su alcuni obiettivi nel sud del Libano, mentre due giorni dopo è stato lanciano un raid chirurgico culminato nell’uccisione di Wissam al-Tawil, il leader della Radwan, unità d’elitè di Hezbollah.
Tuttavia, l’attacco di Hezbollah ha suscitato timori nella leadership israeliana. Seocndo quanto riportato dalle Idf, tra i missili lanciati contro il Meron vi erano anche i Kornet: missili anti-carro di fabbricazione russa, capaci di colpire fino a 5 Km nella versione impiegata fino ad ora dai miliziani libanesi. Eppure, stavolta i colpi sono andati a segno a più di 7 km di distanza, segnalando che Hezbollah disponga di una versione più recente del modello. Il che potrebbe implicare un più generale “rafforzamento” dell’arsenale a disposizione rispetto alle stime dell’intelligence di Tel Aviv. Il che renderebbe la situazione ancora più pericolosa, soprattutto con il grosso delle forze israeliani ancora impegnate lungo la striscia.