I detriti spaziali sono un problema crescente alla sostenibilità ambientale delle orbite, e nonostante gli appelli, la situazione internazionale non sembra favorevole alla formulazione di un trattato Onu sull’uso sostenibile dello spazio. Di fronte a questo scenario, il capo dell’ufficio spaziale dell’Onu, Aarti Holla-Maini, ha invitato i Paesi ad accelerare sulle linee guida per le attività oltre l’atmosfera
Un trattato internazionale vincolante per l’uso dello spazio sarà complicato da raggiungere, per questo i Paesi dovrebbero aumentare gli sforzi implementare proprie linee guida per attività sostenibili in orbita. A dirlo è stata il nuovo direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari spaziali esterni (Unoosa), Aarti Holla-Maini, che ha sottolineato come “l’attuazione delle linee guida è l’unica possibilità che abbiamo per muoverci nella giusta direzione”. Le preoccupazioni di Holla-Maini – che ha assunto il suo ruolo a settembre dopo venticinque anni nell’industria spaziale – partono dalla consapevolezza che il rapido aumento dei lanci di razzi e satelliti sta aumentando il numero di detriti spaziali, i cosiddetti space debris, incrementando di pari passo il rischio di collisioni in orbita. Preoccupazioni condivise dalla maggior parte degli attori spaziali, con il moltiplicarsi di richieste di regolamentazioni più stringenti, ma che finora non hanno trovato attuazione in un trattato internazionale Onu.
Linee guida spaziali
“Abbiamo bisogno di un processo multilaterale, della massima collaborazione possibile”, ha dunque ribadito Holla-Maini, sottolineando però come la realizzazione di un trattato vincolante in un momento di tensioni globali e rivalità internazionali nello spazio “sarà controversa e richiederà tempo”. Se allora un accordo per risolvere “tutti i problemi” è ancora un obiettivo distante nel tempo, per la numero uno dello spazio Onu, i legislatori nazionali dovrebbero accelerare l’attuazione di una serie di linee guida volontarie per la sostenibilità delle proprie attività spaziali, in modo da attuare la produzione di detriti, condividere i dati sulla posizione dei propri oggetti in orbita al fine di evitare collisioni e dettagli sui propri programmi di lancio. “Più dati vengono condivisi – ha detto Holla-Maini – più lo spazio è sicuro”.
Il problema dei debris
Secondo le stime della Nasa, circa novemila tonnellate di detriti orbitano intorno alla Terra, a velocità fino a 25mila chilometri orari. Questi detriti sono composti di corpi di vecchi razzi, satelliti in disuso o frammenti di motori esplosi, e anche quelli più piccoli rappresentano una minaccia: nel 2016 una macchia di vernice ha scheggiato una finestra della Stazione spaziale internazionale. E il numero di lanci spaziali in costante aumento non fa che peggiorare il problema. Nell’ultimo decennio, il numero di lanci spaziali nell’orbita bassa terrestre (Leo) sono aumentati di ventisette volte. Proprio nella regione Leo, che comprende la fascia tra i trecento e i mille chilometri di altezza, dove si svolgono la maggior parte delle attività umane in orbita, è presente il 96% dei detriti spaziali, un accumulo che pone rischi significativi per il resto dell’ambiente spaziale.
Lo stato dei trattati
L’ultimo trattato sullo spazio extra-atmosferico dell’Onu risale al 1967, concepito nel periodo della corsa spaziale tra Stati Uniti e Unione Sovietica. L’evoluzione recente delle attività in orbita, e in particolare l’evoluzione dello spazio commerciale – impensabile nel periodo della Guerra fredda – fa ormai ritenere obsoleta la regolamentazione Onu, come dichiarato dalla stessa organizzazione, che da tempo richiede un nuovo quadro giuridico per le attività spaziali. Tuttavia, le tensioni geopolitiche internazionali, in primis quelle con Russia e Cina, sono ritenute ostacoli significativi nel percorso verso una concertazione internazionale sul tema. Dinamiche sicuramente prese in considerazione anche da Holla-Maini.