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Le buone intenzioni sul Piano Mattei e il tramonto della Cina. La versione di Forchielli

Non si può certo dire che manchino i buoni propositi nello sforzo messo in campo dal governo italiano per l’Africa. Ma sarebbe stato molto più saggio chiedere la collaborazione di grandi attori internazionali, a cominciare dalla Banca mondiale, se non altro perché ha competenze in loco. La Cina? Finita un’epoca, il Dragone non crescerà mai più come una volta. Conversazione con Alberto Forchielli, economista e imprenditore 

I propositi sono buoni, ma è la fase operativa ad essere ancora carente. A due giorni dalla presentazione del Piano Mattei, su cui c’è la firma del governo italiano, Alberto Forchielli, economista e imprenditore e gran conoscitore dell’Oriente, dice la sua sulla forma e la sostanza dell’ambizioso piano che poggia su 5,5 miliardi in investimenti in quattro anni. Il punto di partenza è capire se e cosa eventualmente manca al Piano Mattei. E qui Forchielli, ha pochi dubbi.

UNA GRAN BELLA IDEA, MA…

“Le intenzioni sono buone, lo sforzo ammirevole. Ma diciamoci la verità, quei soldi sono una goccia nel mare. Voglio dire, per incidere sull’Africa e ridurre l’immigrazione ci vorrebbero 500 miliardi e non cinque. La Cina ha speso centinaia di miliardi e non ha certo fermato i flussi migratori”, mette subito in chiaro Forchielli. “Va detto che ad oggi manca una struttura, mancano uffici in loco, mancano studi. Manca, insomma, una struttura per la messa a terra e lo sviluppo del piano. Per questo il governo italiano avrebbe dovuto appoggiarsi alla Banca mondiale, che ha gli uffici in Africa. Oppure all’Agenzia per lo sviluppo britannica, la Foreign and Commonwealth development office. Insomma, fare un’alleanza con chi è già presente nel continente. Questo avrebbe dato forza, sostanza, spinta all’intero piano, che ripeto, rimane un’iniziativa assolutamente condivisibile”.

Forchielli va oltre. “Non bastano poche persone a Palazzo Chigi, sennò il piano non funziona, non prende corpo. Le intenzioni sono corrette, ci stanno tutte, ma andava pensato meglio il resto, nella maniera che ho indicato. La verità è che il Piano Mattei è una gran bella idea, ma un pochino velleitario”. A chi poi fa notare come la strategia italiana per l’Africa possa contribuire ad allentare la morsa della Cina sui Paesi africani, l’economista spiega che, almeno per il momento, le possibilità che questo avvenga sono remote.

“La Cina ha centinaia di imprese laggiù, comprese le sue grandi banche. Ha robusti legami con l’Africa. Se si vuole davvero intaccare questo dominio, bisogna che il Piano Mattei coaguli più soldi e si affidi a grandi istituzioni occidentali. Non dimentichiamoci mai che la Cina si è accorta prima di tutti che cosa volesse dire la costruzione di una filiera di approvvigionamento dei minerali critici. Nichel, litio, cobalto e via dicendo: dall’Africa all’America, e non solo, i cinesi hanno costruito filiere sicure a loro favore.”

LA BEFFA CINESE

Già, la Cina. Che certo non naviga in buone acque, soprattutto dopo la messa in liquidazione di Evergrande. “Guardi che Evergrande sarà stata messa anche in liquidazione ma a Pechino importa poco. Glielo dico, scordiamoci che la Corte di Hong Kong possa imporre alla Cina la liquidazione degli asset. Questo perché il partito se ne infischia dei creditori e del mercato, il mercato in Cina è la Cina, chiedo scusa per il gioco di parole. Quindi i diritti dei creditori, nonostante la sentenza, non sono per nulla assicurati”.

Impossibile, comunque, non fare un riferimento alle recenti stime del Fmi, che hanno sancito il rallentamento dell’economia cinese. “La verità è che la Cina deve inventarsi un nuovo modello di sviluppo, non crescerà più come una volta, è finita un’epoca. Arriverà a una crescita al 2,5%, una cosa mai vista. Ma non sono sicuro che l’India la sorpassi a breve, perché dovrà superare anch’essa parecchie crisi prima di superarla e diventare essa stessa la seconda economia globale”.



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