Ventiquattro ore prima dell’apertura del summit in Svizzera, le delegazioni di ottantatre Paesi hanno preso parte alla discussione sul piano di pace promosso da Kyiv. Ma pesa l’assenza della Cina. Intanto, al fronte si muove qualcosa
Nella cittadina svizzera di Davos si aprirà oggi il World Economic Forum, una delle kermesse più rilevanti all’interno del calendario della comunità internazionale. Ma già durante la giornata di ieri la località elvetica è stata testimone di un importante appuntamento, quando rappresentanti di 83 Paesi diversi si sono riuniti per discutere la proposta di pace promossa da Kyiv per porre fine al conflitto che infuria da oramai quasi due anni.
Quello tenutosi ieri è stato il quarto sul piano di pace ucraino in dieci punti, che vede i propri pilastri nell’integrità territoriale del Paese invaso, nel ritiro delle truppe di Mosca e nel garantire la sicurezza in campo energetico e alimentare. Gli appuntamenti precedenti avevano avuto luogo a Malta, a Jeddah e a Copenaghen. In totale, 83 delegazioni hanno preso parte ai lavori: un significativo incremento rispetto alle 65 contate all’appuntamento di Malta nell’ottobre dell’anno scorso. Secondo quanto riportato dal Financial Times, una fonte informata sulle discussioni ha detto che si è trattato di un “dialogo aperto, in cui alcune contraddizioni sono state affrontate di petto”. Anche Andriy Yermak, capo dello staff del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky (che non è intervenuto in questo consesso, ma che prenderà la parola durante domani all’interno della cornice del World Economic Forum, e che probabilmente condurrà incontri bilaterali con altri leader presenti in loco), ha rilasciato un commento ai giornalisti dopo l’incontro che si sono svolti “colloqui aperti e molto costruttivi tra Paesi che vogliono stare dalla parte della pace”.
Particolarmente interessante il fatto che fossero presenti rappresentanti di India, Brasile, Arabia Saudita e di altri Stati parte del cosiddetto “Global South” e dell’organizzazione dei Brics, i quali mantengono contatti diplomatici attivi con la Federazione Russa, e che possono dunque sfruttare questi canali per cercare di influenzare la posizione di Mosca. Allo stesso tempo però è pesata l’assenza di un attore importante come la Repubblica popolare, come ricordato tanto dallo stesso Yermak quanto dal ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis, che ha sottolineato come sia necessario trovare il modo di coinvolgere Pechino nei negoziati. Non a caso, ci sono speculazioni riguardo al fatto che uno dei bilaterali in programma per Zelensky dopo il suo arrivo a Davos sia con Li Qiang, premier cinese che guida la delegazione di Pechino a Davos, una delle più numerose in Svizzera (tanto che la diplomazia americana sta cercando di correre ai ripari, ha rivelato Politico).
Ma anche Mosca dovrebbe essere coinvolta nel processo, secondo alcuni dei Paesi che hanno preso parte alla conferenza: soltanto così sarà infatti possibile trattare su specifici punti di compromesso e arrivare ad una soluzione condivisa. “È illusorio pensare che la Russia risponda positivamente a qualsiasi invito a colloqui” è stato il commento poco fiducioso fatto al riguardo da Cassis, aggiungendo che Mosca “non è pronta a fare alcun passo o concessione”.
Dum Davos consulitur, sulle coste del Ponto Eusino le attività militari proseguono. Le forze russe continuano a portare avanti un’intensa campagna di bombardamenti utilizzando missili balistici, da crociera e loitering munitions, con l’obiettivo di sopraffare le già provate difese aree di Kyiv, che sta chiedendo urgentemente nuove forniture agli alleati occidentali. Mentre alcune fonti russe riportano che le forze di Mosca stiano preparando un nuovo sforzo offensivo su larga scala per l’immediato futuro. Dove un ruolo chiave sarà giocato dalle condizioni atmosferiche: al momento infatti le basse temperature starebbero limitando l’efficacia nella conduzione delle operazioni militari; tuttavia, il congelamento del terreno causato da una simile situazione faciliterà l’esecuzione di manovre meccanizzate.