Tre cavi sottomarini danneggiati lungo le coste dello Yemen. Non sembra un incidente, sono stati gli Houthi? Intanto il problema è anche la riparazione, perché le assicurazioni non vogliono rischiare esposizioni sulle navi posacavi, visto quanto sta succedendo lungo le rotte indo-mediterranee
Tre cavi sottomarini che connettono Europa, Medio Oriente e Asia sono stati danneggiati lo scorso sabato notte, anche se le prime notizie sono emerse pubblicamente questa mattina. Formiche.net può confermare che le infrastrutture AAE-1, EIG e SEACOM/TGN-Eurasia sono attualmente “down” – gergo tecnico quanto essenziale per dire che non trasmettono.
Le autorità yemenite sostengono che si teme un atto deliberato. Sanaa è da anni oggetto di una guerra civile tra il governo centrale, aiutato da una coalizione a guida saudita-emiratina, e gli Houthi, una formazione di miliziani nordisti che ha ormai conquistato mezzo Paese.
Armati con componentistica di vario genere, anche sofisticata, fornita dall’Iran, gli Houthi hanno iniziato da mesi a espandere le proprie attività all’interno delle rotte indo-mediterranee che collegano Europa e Asia. Lo fanno in difesa della Palestina, dice il loro storytelling, ma l’obiettivo è pesare muscolarmente al tavolo negoziale sulla guerra civile in Yemen. In dozzine di occasioni hanno colpito le navi mercantili che solcano il corridoio tra Suez e Bab el Mandeb, e da qualche settimana è emerso – come anticipato su Formiche.net – che la minaccia poteva passare alle connessioni sottomarine.
Al momento non ci sono ancora dati di diagnostica, tuttavia quanto appare evidente è che l’accaduto potrebbe non essere stato un incidente. Secondo le informazioni raccolte da Formiche.net, non ci sono state scosse sismiche nell’area: i terremoti sono spesso colpevoli dei danni incidentali alle strutture underwater.
Fonti israeliane dicono di essere convinte che si sia trattato di un’azione degli Houthi, dato che nell’area il fondale è basso e accessibile ai mezzi che i miliziani yemeniti hanno annunciato di vare a disposizione. L’informazione non può essere confermata, ma sarebbe un’effettiva evoluzione, anche perché la capacità di azioni indipendente degli yemeniti era finora considerata remota – e anche i Pasdaran avrebbero armamenti limitati per certe attività – come spiegava recentemente il capo dell’intelligence militare della U.S. Navy.
Da settimane le attività di destabilizzazione dell’Indo Mediterraneo da parte degli Houthi sono contrastate da operazioni militari condotte da Stati Uniti e Regno Unito, e in questi giorni viene messa in acqua la missione di deterrenza “Aspides” a guida Ue. Gli attacchi hanno parzialmente degradato le capacità operative degli Houthi, anche andando a intaccare i trasferimenti di armi dall’Iran. Tuttavia, l’organizzazione yemenita non si è fermata e anche nelle ultime ore sono stati colpiti e attaccati cargo e tanker lungo quelle acque.
Se confermato come atto armato, il danneggiamento dei tre cavi diventerebbe il primo del genere, aprendo ufficialmente al dominio underwater la destabilizzazione lungo lo rette Europa-Asia-Medio Oriente. Basta seguire la rotta dei tre cavi per comprendere la portata del danno. AAE-1 collega l’Asia orientale all’Europa attraverso l’Egitto e la Cina all’Occidente attraverso Paesi come il Pakistan e il Qatar. Il sistema di cavi Europe India Gateway (EIG) collega l’Europa meridionale a Egitto, Arabia Saudita, Gibuti, Emirati Arabi Uniti e India. Il cavo Seacom collega Europa, Africa e India ed è connesso al Sudafrica.
Alla situazione, va aggiunto un ulteriore elemento – quello sì certamente connesso agli Houthi. Le assicurazioni non forniscono più servizi per le navi posacavi che operano nelle acque dello Yemen, perché il contesto securitario è totalmente degradato e dunque troppo azzardato dal punto di vista del rischio di impresa assicurare navi da 80-100 milioni di dollari che potrebbero essere di per sé bersaglio delle armi iraniane dei miliziani yemeniti. Questo rende complicate anche le riparazioni: nel caso specifico, i danneggiamenti sono infatti avvenuti in acque dello Yemen, e sarà molto difficile trovare chi si imbarcherà nell’operazione di riparazione.
(Ha collaborato all’articolo Matteo Vecchi)