Dopo il caso della banca commerciale di Chouzhou, che ha negato a Mosca i pagamenti per le importazioni dal Dragone, dal Cremlino ammettono che altri istituti stanno prendendo le distanze, per timore delle sanzioni
Fosse stato un caso isolato, poco male. Invece no, la questione si fa seria. Quattro giorni fa Formiche.net ha raccontato di come la banca commerciale di Chouzhou, crocevia dei pagamenti russi per le importazioni dalla Cina, abbia su due piedi fermato le transazioni. Ennesima dimostrazione di un’alleanza che è tutt’altro a prova di bomba. Ora però si rischia l’effetto domino, con un allarme che arriva direttamente dal Cremlino, per bocca del viceministro degli Esteri, Andrey Rudenko.
Il quale ha ammesso senza troppi giri di parole come un certo numero di banche cinesi si sono improvvisamente “astenute da attività bancarie” con la Russia a causa di “timori di sanzioni”. Il riferimento, nemmeno troppo velato, è alle sanzioni formato extralarge imposte dagli Stati Uniti all’ex Urss, le quali prevedono la possibilità di colpire tutte quelle imprese o istituzioni finanziare che in qualche modo intrattengono rapporti con la Russia.
Lo stesso Rudenko ha affermato che i problemi relativi ai pagamenti tra Cina e Russia “saranno risolti”, come ha riferito venerdì l’agenzia di stampa russa Tass. Una chiara ammissione che i problemi, per l’appunto, ci sono. Non sono ancora noti i nomi delle banche che hanno deciso, seppur temporaneamente, di fermare i motori e negare alla Russia i pagamenti, per timore di essere colpite dalle sanzione. Ma il problema non va sottovalutato, dal momento che l’esposizione del sistema bancario cinese verso la Russia è aumentata negli ultimi mesi. Il che, fa crescere il rischio di uno stop generalizzato.
Bisogna sempre ricordare come con l’entrata in vigore delle sanzioni occidentali contro la Russia, le banche cinesi hanno erogato miliardi di dollari a quelle russe nel primo anno dall’invasione dell’Ucraina. La Industrial and commercial bank of China (Icbc), la Bank of China, la China construction Bank e la Agricultural bank of China hanno in tal senso aumentato la loro esposizione verso la Russia da 2,2 miliardi di dollari a 9,7 miliardi di dollari.
La Icbc e la Bank of Cina coprono complessivamente 8,8 miliardi di dollari di asset. Prima dell’invasione, oltre il 60% dei pagamenti per le esportazioni russe venivano fatti usando quelle che le autorità di Mosca ora definiscono “valute tossiche”, ossia il dollaro e l’euro, mentre lo yuan copriva meno dell’1%. Da allora, secondo i dati della banca centrale russa, la quota di euro e dollari è scesa a meno della metà dei pagamenti delle esportazioni, mentre il renminbi è salito al 16%. E anche questo è un problema.