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Le elezioni in Serbia sono state regolari? Bruxelles indaga

Non solo l’Ue chiede un esame approfondito dei parametri con cui i cittadini si sono recati alle urne, ma ragiona su un possibile congelamento dei fondi europei in un momento geopolitico in cui le influenze esterne dei big player nei Balcani rappresentano un elemento di forte criticità

Belgrado rischia grosso: o si torna ad un dialogo rispettoso e costruttivo con gli elettori oppure potrebbero saltare i fondi europei previsti per la Serbia. Le elezioni dello scorso dicembre sono finite al centro di una valutazione da parte dell’eurparlamento che ha messo l’accento su una serie di irregolarità. Particolare attenzione è stata dedicata alle elezioni dell’Assemblea della città di Belgrado, dove secondo gli eurodeputati c’è stata la mancanza di una risposta istituzionale ai sospetti di brogli.

Brogli?

I deputati europei chiedono un’indagine indipendente, condotta da parte di esperti legali e istituzioni internazionali sulle irregolarità delle elezioni parlamentari, provinciali e locali. Gli eurodeputati, lamentano la mancanza di una risposta istituzionale ai gravi sospetti: per cui hanno chiesto un’indagine indipendente e in caso di mancanza di collaborazione da parte delle autorità di Belgrado si auspicano il taglio dei fondi Ue alla Serbia.

Nella risoluzione, votata favorevolmente da 461 deputati, con 53 contrari e 43 astenuti, si fa riferimento anche agli “attacchi orchestrati dai funzionari serbi agli osservatori delle elezioni, compresi i membri del Parlamento europeo”. Ha votato contro la risoluzione l’eurodeputato e relatore del Parlamento europeo per la Serbia, Vladimir Bilcik.

Standard elettorali

La plenaria inoltre condanna la mancanza di pluralismo dei media durante la campagna elettorale, spiegando che in concomitanza con il decennio di potere targato Vucic si è assistito ad una erosione della libertà di stampa, caratterizzata da pressioni politiche, minacce e persino attacchi fisici contro i giornalisti. Per cui oltre alla questione relativa ai fondi, sottolineano che i negoziati di adesione all’Ue potranno proseguire solo se la Serbia compirà oggettivi passi in avanti nelle riforme legate all’Ue, in particolare attraverso la piena attuazione delle raccomandazioni dell’Osce/Odihr e della commissione di Venezia.

Ma c’è anche una coda polemica, per via dell’intervista rilasciata da Vucic in cui definisce criminale il quotidiano inglese The Guardian. Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ha osservato che “quando si parla di media in generale, la posizione dell’Ue è molto chiara: siamo forti sostenitori della libertà dei giornalisti e sosteniamo con forza la necessità di lasciare che facciano il loro lavoro”.

Brics Paesi liberi

Tra i critici della risoluzione figura l’ex ministro dell’interno e già ai vertici dei servizi, Aleksandar Vulin, filorusso, che attacca l’europarlamento, reo di non aver detto una sola parola quando gli albanesi con una decisione di voti presero il potere nei Comuni serbi del nord del Kosovo. Non solo Vulin ha tirato in ballo l’annosa questione relativa alla convivenza con il Kosovo, ma ha definito “paesi liberi” gli aderenti al Brics: “L’Ue vorrebbe decidere chi deve essere al potere in Serbia e vorrebbe stabilire anche chi governa in Russia, Cina o nei Paesi liberi dell’Africa e del Sudamerica. Purtroppo per loro il tempo dei signori colonialisti, dei tagliatori di mano belgi in Congo o degli occupanti tedeschi in Serbia appartiene al passato. L’ Ue vuole degli schiavi, i Brics sono Paesi liberi”, ha osservato.

Il caso Sandulović

Il politico filo-occidentale Nikola Sandulović, che in passato si era scusato per i crimini in Kosovo, è stato aggredito pochi giorni fa a Belgrado: tre veicoli che trasportavano agenti dei servizi serbi del BIA si sono fermati davanti alla sua casa nella lussuosa zona di Senjak a Belgrado, ha raccontato all’Observer, e per quel suo gesto sarebbe stato picchiato selvaggiamente. “Quando sono iniziate le percosse mi hanno colpito così forte che ho perso conoscenza. Nel furgone sono stato colpito alla testa, preso a pugni in faccia e preso a calci. Nel quartier generale della BIA, mi hanno tolto la maglietta e mi hanno costretto a inginocchiarmi e a baciare le foto sul muro degli agenti morti in Kosovo. Continuavano a chiedermi chi c’era dietro la mia decisione di visitare il luogo di sepoltura, chi mi stava corrompendo per fare cose del genere”.


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