Dopo le banche cinesi, che hanno negato i pagamenti alle aziende dell’ex Urss, ora anche gli istituti emiratini tagliano i ponti con il Cremlino. Un problema che comincia a preoccupare Mosca
Dal fronte cinese al fronte del Golfo, il passo è breve se il metro di misura è la paura. Le sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia, che permettono di colpire tutti quei Paesi in odore di rapporti con Mosca, stanno facendo il loro lavoro. Pochi giorni fa Formiche.net ha raccontato come diverse banche cinesi si stiano rifiutando di garantire i pagamenti delle imprese russe alle aziende del Dragone che esportano nella Federazione. Il che per il Cremlino è un problema, perché senza soldi, non si compra, con il rischio di rimanere a secco di materie prime e microchip.
Ora però qualcuno ha deciso di seguire l’esempio di Pechino, sbattendo un’altra porta in faccia alla Russia. Le banche degli Emirati arabi uniti hanno infatti introdotto restrizioni sulle transazioni finanziarie con l’ex Urss a causa dei timori delle sanzioni. In altre parole, gli istituti finanziari degli Emirati hanno attualmente smesso di accettare fondi dalla Russia e non effettuano pagamenti verso la Federazione. Di più, alcune banche hanno addirittura deciso di chiudere i conti delle società di proprietà di cittadini russi, che detengono denaro nei Paesi del Golfo.
Una stretta iniziata nel settembre 2023, quando le grandi banche degli Emirati hanno iniziato a chiudere attivamente i conti associati ai passaporti russi, ma entrate nel vivo solo adesso. E chi non ha sbarrato la strada a Mosca, se non altro l’ha complicata. Allo stesso tempo, gli istituti bancari più piccoli hanno infatti continuato a effettuare transazioni, ma dietro commissione aggiuntiva. Se ne accorta la stessa governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, che ha chiaramente ammesso poche settimane fa come le misure restrittive adottate dalle banche degli Emirati Arabi Uniti minaccino l’intero flusso di transazioni finanziarie degli imprenditori e delle aziende russe nella regione del Golfo, il che richiede la ricerca di soluzioni alternative per garantire la stabilità dell’attività economica estera.
Tutto questo mentre si stringe il cappio intorno ai beni sequestrati alla Russia. Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Giappone e appunto l’Unione europea si stanno infatti ingegnando per trovare un modo di finanziare la ricostruzione dell’Ucraina, senza pagare. L’idea che circola con insistenza è quella di consentire a Kyiv di emettere bond zero coupon, senza cedole periodiche ma con interessi pagati tutti insieme al momento della restituzione del prestito, che avrebbero come garanzia gli asset della banca centrale russa congelati in Europa. Asset che valgono circa 250 miliardi di euro. Questa soluzione ha però il vantaggio di raccogliere denaro ora e rimandare la questione di cosa fare degli asset russi a un non meglio precisato futuro.