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Tutte le criticità politico-securitarie dei Balcani

Da un lato Bruxelles procede nel favorire l’allargamento, ma la relazione dell’intelligence “ricorda” le difficoltà di molti Paesi alla voce giustizia, diritti, sicurezza: si tratta di pertugi dove si inseriscono a dovere i super players esterni, desiderosi di mettere in pratica politiche mirate anti occidentali

Non ci sono solo i progressi documentati dall’Ue nella macro area dei Balcani occidentali alla voce allargamento, ma una serie di criticità che permangono sia per le difficoltà con cui procedono le riforme strutturali dei singoli Paesi, sia per le possibili influenze negative che impattano sulla loro situazione securitaria. Questo il focus che la relazione annuale dell’Intelligence dedica ad una grande regione posta nella cintura esterna europea che, a maggior ragione dopo la guerra in Ucraina, resta obiettivo primario non solo delle politiche Ue, ma anche dei super players esterni che proprio in quei Paesi provano a distendere la propria strategia anti occidentale.

Latenti instabilità

Le criticità, si legge nella relazione, non sono state sanate, anche a causa di “latenti instabilità”. Nello specifico accanto ai problemi di governance, vi sono una serie di fattori come dinamiche interetniche, fenomeni di criminalità e corruzione diffusa, che si ergono a “ostacoli al progresso del cammino dei Paesi della regione verso l’Unione Europea e, in alcuni casi, influenzando negativamente la loro situazione securitaria”.

Un quadro d’insieme che non scoraggia Bruxelles nel pensare come “incoraggianti” gli effettivi progressi fatti registrare nei singoli Paesi, ma che secondo la relazione “non fanno sperare in un’integrazione in tempi brevi”. Vengono citati esempi oggettivi, come Montenegro e Serbia che faticano non poco a compiere progressi in settori nevralgici come la giustizia e i diritti. Appare di tutta evidenza che le istituzioni comunitarie faticano, con queste premesse, a rilanciare il processo di allargamento, ma un sostegno in questo senso può arrivare dall’Italia.

Il ruolo italiano

Secondo la relazione, Roma ha un ruolo fondamentale nel cercare di avvicinare la regione balcanica a Bruxelles attraverso iniziative miranti ad accelerarne l’integrazione e sostenendo i processi di riforma interni, come dimostrano tra l’altro i numerosi indirizzi impressi dal governo Meloni sul punto.

“La stanchezza sul percorso europeo, che si riflette anche in un lieve calo, registrato nel 2023, del supporto delle opinioni pubbliche balcaniche all’adesione, può offrire spazi di manovra ad attori esterni, come Russia e Cina, con agende divergenti rispetto a quella euro-atlantica”.

Un momento dirimente in questo senso è stato rappresentato dall’invasione russa dell’Ucraina, che è uno spartiacque circa l’accelerazione impressa da Mosca alle politiche di penetrazione nel costone balcanico. La relazione cerchia in rosso la Serbia, obiettivo dell’attivismo russo, accanto alla diffusione da parte russa di narrative antioccidentali per contrastare i modelli offerti da Nato e Unione europea.

Crisi

Da citare nel corso del 2023 il caso delle tensioni fra Serbia e Kosovo, che al momento appaiono “in sostanziale stallo, nonostante l’iniziale sviluppo positivo dell’accordo raggiunto a voce, ma mai firmato, tra i due Paesi a Ohrid (febbraio)”. Un quadro che ha dato vita ad un peggioramento, anche a livello di sicurezza, dei rapporti tra i paesi coinvolti e le posizioni sempre più intransigenti dei Governi dei due paesi non ha aiutato una fase di rasserenamento complessivo. Su tutti, viene citato il caso dell’insediamento di sindaci di etnia albanese in quattro municipalità del Nord del Kosovo, a maggioranza serba, con l’appendice rappresentata dalle proteste da parte serbo-kosovara a Zvecan, dove negli scontri tra manifestanti e polizia kosovara sono rimasti feriti diversi appartenenti alla Kfor (anche italiani). In seguito c’è stato lo scontro del settembre scorso tra paramilitari serbo-kosovari e la polizia kosovara vicino Banjska. Fatti che hanno fortemente rallentato quel negoziato auspicato dall’Ue.

Detto della Serbia, dove secondo la relazione la presa di Aleksandar Vucic e del suo partito sulla politica interna resta solida nonostante le manifestazioni antigovernative, è in Bosnia-Erzegovina che si registra uno stop ai processi di riforma nonostante la concessione dello status di candidato all’adesione all’Ue. Sotto la lente di ingrandimento restano le istanze della Republika Srpska, l’entità a prevalenza serba del Paese, all’interno delle Istituzioni centrali bosniache. Uno stallo politico che conduce inevitabilmente a scarsi progressi alla voce integrazione europea.

Qui Tirana

A proposito di Balcani, va registrato oggi il vertice di Tirana ad essi dedicato, alla presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, un momento cruciale per rinforzare i legami bilaterali e per continuare a sostenere l’Ucraina. Al vertice sono presenti i leader di tutti i Balcani, tra cui il presidente serbo Aleksandar Vucic, il primo ministro croato Andrej Plenkovic e il presidente del Kosovo Vjosa Osmani, oltre al padrone di casa, Edi Rama.

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