Conversazione con lo storico e politologo: “L’esperienza che è stata fatta in passato con Romano Prodi, può piacere o non può piacere, però incarnava un’interpretazione e una proposta di leadership. In seguito i suoi seguaci non hanno voluto andargli dietro oltre un breve spazio di tempo, però c’era un progetto. Adesso non c’è niente, né da parte di Conte né da parte di nessun altro. Nessuno sembra in grado di proporre una sensibilità sulla quale allineare tutti”
La politica italiana ormai è un happening in cui di volta in volta ciascuno fa la sua sceneggiata. Il centrosinistra non riesce a fare una sceneggiata decorosa. Così a Formiche.net il politologo Paolo Pombeni, professore emerito all’Università di Bologna e neo direttore della storica La Rivista il Mulino per il triennio 2024-2026, secondo cui se nel centrodestra FdI è passata dal 4 al 26%, e quindi ha assunto la leadership della coalizione, nel centrosinistra no. “Manca un Prodi che unisca le sensibilità”.
Basilicata, il centrosinistra si rompe e i renziani vanno con il centrodestra. Prove generali di intese a Bruxelles?
Penso di no, perché la politica italiana ormai è un happening in cui di volta in volta ciascuno fa la sua sceneggiata. Il centrosinistra non riesce a fare una sceneggiata decorosa. Ovviamente le due piccole componenti centriste cercano di tirarsene fuori al meglio possibile, dopodiché si vedrà.
La vittoria di corto muso in Sardegna ha illuso così tanto il centrosinistra da fargli sottovalutare Abruzzo e Basilicata?
Quella vittoria avrebbe suscitato qualche perplessità in qualsiasi persona che sapesse un minimo di aritmetica: ovvero parlare di vittoria con così pochi voti di vantaggio è stato un po’ ridicolo. Si sarebbe dovuto parlare di un colpo di fortuna, ma in realtà qualcuno si è illuso che dopo la Sardegna si potesse riproporre il campo largo. È uno schema che continuano a immaginare da molto tempo perché qualcuno si illude che i voti semplicemente si sommano e che la somma fa il totale. In realtà in politica non è così: i voti si sommano se sono voti che si controllano, ma in un elettorato molto mobile come questo occorre un fattore che produca la somma e quel fattore in questo momento nel centrosinistra non c’è.
La segreteria Schlein era nata come risposta di metodo e anche di merito al modello novecentesco proposto da Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia. Dopo un anno quale risultato ha raccolto?
L’errore commesso è sempre il solito: inseguire le mode del momento, il modello dei talk show o un certo tipo di comunicazione dozzinale, come quella che proponeva di eliminare i politici di professione proprio al fine di mobilitare un po’ di gente, come si mobilitano i fan di uno stadio. Appare chiaro che quello spunto senza basi non ha alcuno sbocco.
Nel suo primo editoriale sulla Rivista Il Mulino ha toccato il tema del senso della politica e religione civile: cosa dovrebbe fare il centrosinistra per unire il senso di politiche diverse?
Creare un idem sentire, cioè un’interpretazione della realtà dotata di gambe su cui camminare. Ripenso all’esperienza che è stata fatta in passato con Romano Prodi, che può piacere o non può piacere però osservo che Prodi incarnava un’interpretazione e una proposta di leadership. In seguito i suoi seguaci non hanno voluto andargli dietro oltre un breve spazio di tempo, però c’era un progetto. Adesso non c’è niente, né da parte di Conte né da parte di nessun altro. Nessuno sembra in grado di proporre una sensibilità sulla quale allineare tutti.
Si è parlato spesso del modello del centrodestra a tre punte, dove chi prende più voti poi governa e guida la coalizione. Che cosa impedisce al centrosinistra di applicarlo?
Nel centrodestra c’è stato un un fattore spiazzante, cioè un partito quello della Meloni passato dal 4% al 26%, chiaramente un qualcosa di veramente grande. Nel centrosinistra questo non c’è perché il Pd è sempre fermo più o meno attorno al 20% e i Cinquestelle sono crollati. Quindi certamente nessuno può essere forza trainante.