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Ecco il valore geopolitico del corridoio marittimo Cipro-Gaza

Parte da Cipro il corridoio marittimo che porterà gli aiuti a Gaza, anche tramite il porto temporaneo che gli Usa stanno costruendo. L’Italia c’è con Food for Gaza e Levante. Rischi per la sicurezza del collegamento, immerso in acque inquiete

Durante il discorso sullo stato dell’Unione (Sotu), il presidente Joe Biden, ha annunciato che gli Stati Uniti costruiranno un porto temporaneo sulle coste di Gaza, e verrà utilizzato dalle navi che trasportano aiuti umanitari – cibo, acqua, medicinali e materiali per ripari temporanei. Si apre un nuovo ingresso alla Striscia invasa da Israele. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha contemporaneamente incontrato a Nicosia il capo di Stato Nikos Christodoulides, con cui ha discusso i preparativi di un corridoio marittimo umanitario che partirà da Cipro e poi userà il porto galleggiante americano.

Usa e Ue forzano la mano sugli aiuti. La crisi interna alla Striscia ha ormai raggiunto livelli clamorosi, e dopo cinque mesi di guerra – senza spiragli di cessate il fuoco realistici e duraturi – è evidentemente arrivato il momento di superare le ritrosie israeliane. Per ora, Tel Aviv ha impedito ampi accessi all’area: eccezion fatta per Rafah, sul confine egiziano, e Kerem Shalom, pochi chilometri a sud-est, la Striscia di Gaza è isolata. L’assedio israeliano è legato ufficialmente a ragioni di sicurezza: si cerca di evitare che i miliziani di Hamas – che hanno aperto la stagione di guerra con il massacro del 7 ottobre – utilizzino le rotte umanitarie per entrare e uscire dalla Striscia, dunque organizzarsi anche in termini di rifornimenti militari. Ma ci sono varie accuse contro il comportamento israeliano. Una fonte militare internazionale spiega confidenzialmente che dietro a certe scelte potrebbe esserci anche un tentativo di rendere peggiori le condizioni interne alla Striscia per portare la popolazione a ribellarsi e i miliziani alla resa incondizionata.

Finora, Usa e Ue, nonché le Nazioni Unite e i player regionali, hanno accettato la gestione israeliana. Ma la situazione si è inasprita e sta diventando insostenibile: dal 27 febbraio a oggi sono entrati appena 96 camion di aiuti giornalieri, con un calo del 30% rispetto a gennaio (da notare: prima del 7 ottobre ne entravano 500 al giorno, e su questo le responsabilità non possono che essere anche di Hamas, che per altro ha sempre monetizzato l’assistenza umanitaria anche in passato). Per questa ragione, prima sono stati decisi gli aiuti paracadutati (in partnership con la Giordania), ma la scelta è considerata poco efficace e per questo si è scelto di aprire il porto temporaneo – che, dicono gli americani, permetterà di aumentare gli aiuti ai palestinesi “di centinaia di carichi aggiuntivi” ogni giorno (una sola nave in effetti vale per decine e decine di camion).

Il porto americano sarà costruito su alcuni mezzi della U.S. Navy (probabilmente parteciperanno le varie unità di genieri presenti nelle basi mediterranee) e poi spostato verso la costa, a cui sarà collegato nell’ultima fase. Ci vorrà qualche settimana. Non è chiara la gestione, ossia chi si occuperà di muovere quegli aiuti una volta a terra, anche perché Biden sostiene che non ci saranno soldati americani “boots on the ground”, ma è abbastanza possibile che qualche unità speciale quanto meno monitori il quadro di sicurezza attorno all’infrastruttura. Anche perché le acque del Mediterraneo orientale potrebbero essere oggetto di attacchi da parte delle milizie filo-iraniane che stanno sfruttando la situazione per colpire gli Usa dal Mar Rosso all’Iraq (o di Hamas stessa).

Parlando in conferenza stampa da Lanarca, von der Leyen ha detto che il corridoio Cipro-Gaza inizierà a funzionare già entro il fine settimana – dunque momentaneamente senza lo scalo americano. La data è parte di una scelta strategica: domenica 10 marzo inizia il Ramadan, e l’Ue vuole mostrarsi comprensiva delle necessità dei musulmani palestinesi. “La Repubblica di Cipro, la Commissione europea, gli Emirati Arabi Uniti e gli Stati Uniti […] sostenuti da altri partner, annunciano la nostra intenzione di aprire il corridoio marittimo per fornire quantità aggiuntive di assistenza umanitaria via mare”, ha detto Von der Leyen. In una dichiarazione congiunta rilasciata poco dopo le osservazioni della leader europea, la Commissione europea, Germania, Grecia, Italia (attiva in questo quadro anche con “Food for Gaza” e con la missione “Levante”, pensata per sfruttare certi corridoio marittimi), Paesi Bassi, Repubblica di Cipro, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti hanno affermato che lavoreranno insieme con il coordinatore umanitorio delle Nazioni Unite per Gaza, Sigrid Kaag, per garantire il flusso di aiuti.

Nella dichiarazione, si precisa che questi sforzi sono “strettamente” coordinati con Israele. Che chiaramente davanti alle circostanze non poteva tirarsi indietro, perché l’obiettivo è “facilitare il trasferimento di aiuti umanitari ai residenti di Gaza, in conformità con le leggi della guerra e in coordinamento con gli Stati Uniti e i nostri alleati nel mondo”, spiega il ministero degli Esteri del governo Netanyahu. “Alla leadership di Israele dico questo: l’assistenza umanitaria non può essere una considerazione secondaria o una merce di scambio”, ha chiosato Biden durante il Sotu.

Cipro ha proposto per la prima volta l’idea di un corridoio marittimo durante la Conferenza internazionale sugli aiuti a Parigi. Era novembre. Il piano, chiamato “Iniziativa Amalthea”, comprende cinque fasi. Per prima cosa l’aiuto, comprese le forniture di cibo, mediche e di rifugio, sarà trasportato e raccolto a Larnaca. La seconda fase prevede l’ispezione delle spedizioni da parte di un comitato congiunto (anche militare) che include Israele. Le merci saranno quindi caricate sulle navi, che utilizzeranno una via d’acque marittima e saranno scortate da navi da guerra. Da lì saranno raccolte – quando sarà pronto al porto americano – e scaricate, infine distribuite.

Il collegamento ha un valore geopolitico, connette ulteriormente – anche se per forma emergenziale – il Mediterraneo orientale con il Medio Oriente, sfrutta un momento critico (la crisi umanitaria e il Ramadan), forza la mano con Israele, dimostra capacità di azione di Ue, Usa e partner regionali. Messaggio quest’ultimo che rende il corridoio delicato dal punto di vista della sicurezza, ulteriore sfida in acque già altamente sensibili.



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