Il comunicato stampa diramato lo scorso 18 marzo è una semplice ma autorevole esposizione delle soluzioni minime da adottare. Nel suggerire iniziative non escalatorie, conferma la validità dell’approccio della Ue a non fare “guerra” agli Houthi. Se questo orientamento internazionale verrà confermato e se in contemporanea la crisi di Gaza si avvierà a soluzione, bisognerà costruire una robusta architettura di misure di peace-keeping navale. Il commento dell’ammiraglio Fabio Caffio
Un lampo di luce ha illuminato per un attimo l’oscurità del Mar Rosso: con un comunicato stampa dello scorso 18 marzo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Cds) ha fornito alcune indicazioni sulla via da seguire per uscire dalla crisi marittima che è in atto. Non si è trattato di una vera e propria risoluzione come la 2722 (2024) con cui il Cds ha posto le basi per l’intervento della Ue con l’Operazione Aspides volta a proteggere la libertà di navigazione e a tutelare le navi e i marittimi imbarcati. Quanto piuttosto di una semplice ma autorevole esposizione delle soluzioni minime da adottare. Non sappiamo a chi risalga l’iniziativa del comunicato. Probabilmente è stato approvato perché non contiene alcunché di innovativo o controverso. Colpisce tuttavia che molti dei moniti siano rivolti agli Houthi, quasi si trattasse di un’entità politica in grado di recepirli.
In ogni caso, bisogna riconoscere che, visto in positivo, il testo del Cds può essere di incoraggiamento alla diminuzione della tensione. Al primo posto è il contrasto, in applicazione dell’embargo stabilito dalla Risoluzione 2216 (2015), del contrabbando di armi che alimenta gli attacchi al traffico marittimo.
In aggiunta il Cds, condanna fermamente le violenze degli Houthi che hanno portato all’affondamento del mercantile “MV Rubymar” e chiede il rilascio del “MV Galaxy Leader” illegalmente sequestrato a novembre. Illegale è anche considerata la pretesa degli Houthi che i mercantili in transito nelle “acque yemenite” siano preventivamente autorizzati da un’autorità locale.
Tutto questo è poco, si dirà, se si considerano gli enormi problemi che le violenze della fazione yemenita stanno ponendo ai Paesi presenti nel Mar Rosso con le loro forze navali. Anche perché, se è vero che “la terra domina il mare” come dice l’antico brocardo, non si intravede la fine degli attacchi da terra.
Si coglie tuttavia un timido segnale in favore della cooperazione tra NU, Paesi coinvolti ed attori regionali. In realtà è proprio questo il principale obiettivo da perseguire con l’appoggio imprescindibile di Egitto ed Arabia Saudita, nel presupposto che essi siano i Paesi maggiormente interessati alla stabilizzazione dell’area.
Siamo quindi ancora agli inizi. L’Organizzazione Marittima Internazionale (Imo) dovrebbe a questo punto attivarsi per stabilire misure volte a proteggere la navigazione come fatto per la pirateria del Corno d’Africa (che tra l’altro sembra ora avere una strana ed improvvisa reviviscenza) chiarendo che i mercantili non hanno nessun obbligo di essere preventivamente autorizzati al transito in acque internazionali.
Certo è che il Cds, nel suggerire iniziative non escalatorie, conferma la validità dell’approccio della Ue a non fare “guerra” agli Houthi. Se questo orientamento internazionale verrà confermato e se in contemporanea la crisi di Gaza si avvierà a soluzione, bisognerà costruire una robusta architettura di misure di peace-keeping navale come la sorveglianza delle rotte e del transito a Bab el Mandeb oltre che di pacificazione del territorio yemenita.