Botta e risposta su falsità, indagini e ricostruzioni revisioniste sul Mar Cinese. Pechino accusa Manila di aver alterato l’equilibrio del bacino, ma il capo delle comunicazioni della Guardia Costiera Filippina elenca le ragioni per cui la Cina sta prevaricando gli attori della regione
Quando racconta la situazione con le Filippine nel Mar Cinese Meridionale, il Global Times (anche GT, giornale che si occupa di diffondere la narrazione de Partito/Stato cinese) usa l’hashtag #GTinvestigates. Ma il pezzo che pubblica più che un’inchiesta giornalistica è una ricostruzione revisionista, composta da realtà alterate e fatti alternativi, che in sostanza dice “non lasciarti ingannare dalle false affermazioni!” – così comincia il messaggio usato su X per condividerlo – e credi a quello che racconta la Cina. Perché per Pechino “la verità è che, nel Mar Cinese Meridionale, un tempo calmo, le Filippine inizialmente hanno inventato bugie per ‘occupare’ illegalmente la barriera corallina, il che costituisce una frode diplomatica. Hanno poi scaricato la colpa sulla Cina, accusandola di interferire con le loro operazioni di rifornimento, portando la Comunità internazionale a credere erroneamente che Ren’ai Jiao appartenga alle Filippine”.
Ren’ai Jiao è Ayungin Shoal (più noto con l’inglese “Second Thomas Shoal”) per Manila, isolotto delle Spratly – arcipelago tra i più contesi del bacino, con rivendicazioni anche di Vietnam e Taiwan – su cui il 12 luglio 2016, il tribunale della United Nations Convention on the Law of the Sea, presso la Corte permanente di arbitrato dell’Aia, ha concluso che, in sostanza, essendo esposto con la bassa marea e sommerso con l’alta marea non ci sono le altitudini sufficienti per generare un diritto a un mare territoriale, una zona economica esclusiva o una piattaforma continentale. Ma controllarlo può avere un valore tattico e in parte strategico, anche per questo nel 1999 le Filippine decisero di spiaggiarvi il Sierra Madre, vecchio battello da trasporto militare che costituisce di fatto un (per quanto modesto) avamposto. Dall’estate scorsa, il rifornimento costante alla manciata di marinai filippini che vi si trovano a bordo è reso complicato dalla Cina, che ha sempre contestato la scelta filippina e ora ha iniziato a rivendicare con violenza le sue intenzioni,
Quella tra Manila e Pechino è anche una guerra di comunicazione. E non a caso le Filippine hanno iniziato a esporre pubblicamente le azioni cinesi. Si chiama “Trasparenza assertiva”, come spiegava Matteo Paisentini, Political Science Department della University of Philippines, nell’edizione di “Indo Pacific Salad” dedicata a questo confronto che – sebbene meno pubblicizzato di altri contenziosi nell’Indo Pacifico, come quello attorno a Taiwan – rischia di essere terribilmente delicato e infiammabile. Già in almeno due occasioni negli ultimi tre mesi, mezzi navali militari di Cina e Filippine sono arrivati alla collisione. Eventi tutti ripresi con video e fotografie, anche attraverso giornalisti che i filippini invitano a bordo proprio per diffondere con il resto del mondo ciò che avviene tra quelle rotte – e la Cina protesta.
Fa parte di questa volontà di pubblicità anti-cinese anche la reazione che Jay Tarriela, vocalissimo commodoro che guida la comunicazione della Guardia Costiera Filippina (accusato già da Pechino di essere un agente della Cia), pubblica sempre su X in reazione all’articolo del Global Times – scritto con intento del tutto simile, per altro. “Non fatevi ingannare – dice – dalle false affermazioni della Repubblica popolare cinese. La verità è che, nel Mar Cinese Meridionale, un tempo calmo, la Repubblica Popolare Cinese ha inizialmente interrotto la pace e la stabilità fabbricando pretesti per rendere operative le sue linee tratteggiate infondate e giustificando illegalmente la propria presenza quando non ne esisteva nessuna negli Spartly prima del 1988”.
Terriela spiega che nel 1999, Manila protestò (di nuovo, dopo altre denunce precedenti) quando la Cina aggiunse altre strutture a Mischief Reef. “La decisione di arenare il Sierra Madre è stata una risposta alle azioni ingannevoli della Cina e alla preoccupazione che avrebbero invaso altri banchi vicino a Mischief Reef”. E ancora: “Le invasioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale hanno avuto un impatto significativo sulla vita e sui mezzi di sostentamento delle persone nella regione. I pescatori di paesi come Filippine, Indonesia, Vietnam e Malesia hanno riferito di non essere in grado di accedere alle loro zone di pesca tradizionali per anni a causa delle navi cinesi che li scacciavano”.
Va aggiunto che la Guardia Costiera cinese ha interrotto le attività di esplorazione petrolifera nella regione marittima, interferendo per esempio con le operazioni nel giacimento di gas Kasawari in Malesia, nel giacimento di gas Nam Con Son in Vietnam e nel giacimento di gas Tuna in Indonesia, “il tutto senza alcuna base ai sensi del diritto internazionale”, dice il commodoro: “Queste azioni hanno intensificato le tensioni nella regione e ostacolato le attività economiche legittime di questi Paesi”.