La competizione globale per l’esplorazione spaziale si intensifica, e l’Europa, in cerca di una sua autonomia nel settore, ha la necessità di trovare nuove basi di lancio, dopo la fine delle collaborazioni con Mosca per la base di Bajkonur. In questo quadro l’Italia potrebbe proporre la base spaziale di Malindi, in Kenya, unendola con i programmi previsti dal Piano Mattei per coinvolgere il continente africano in questa nuova era dello spazio. L’analisi del generale Pasquale Preziosa, direttore dell’Osservatorio permanente sulla sicurezza e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare
L’Italia deve considerare, attraverso il Piano Mattei per l’Africa, di mitigare i livelli di rischio per la non disponibilità di basi di lancio. Tutti i Paesi industrializzati si stanno impegnando per proiettarsi verso lo spazio: Luna prima e Marte a seguire. Tutti i Paesi partecipanti a questa nuova corsa verso lo spazio (New space race), hanno come obiettivi: la ricerca e l’acquisizione di nuova tecnologia, una maggiore rilevanza geopolitica, la nuova frontiera degli investimenti.
Rispetto al passato, le piattaforme di lancio sono state diversificate e potenziate con un mercato importante governato anche dai privati; le costellazioni di satelliti caratterizzeranno il futuro delle attività umane (le ultime alture militari), le esigenze private unite a quelle militari e i progressi tecnologici stanno creando molte opportunità e sia i governi sia i privati sono coinvolti in questa nuova frontiera anche in cooperazione tra loro. In questa nuova corsa allo spazio, i Paesi europei purtroppo, non dotati di posizione geografica favorevole per la messa in orbita dei satelliti, ricorrono a basi di lancio situate lontane dai confini europei.
La corsa verso lo spazio sta avvenendo in un panorama geopolitico mondiale in grande trasformazione dove i concetti-cardine intorno ai quali costruire il possibile futuro sono: resilienza, sicurezza e sostenibilità. “Decenni di crescita incontrollata (globalizzazione)sono stati bruscamente interrotti dalla crisi finanziaria globale del 2008. Da allora il commercio globale ha subito una trasformazione e sembra che la globalizzazione prenderà una piega diversa nell’imminente futuro.” (Signals, 2022).
La guerra in Ucraina continuerà, e inciderà ulteriormente sui processi di globalizzazione, riflettendo la complessità e le sfide che sono emerse nel contesto internazionale. In particolare, la guerra ha evidenziato la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali, l’Europa ha sofferto sotto il profilo geo-economico per l’aumento dei prezzi dell’energia e la ricerca di alternative al gas naturale russo e le sanzioni le contro-sanzioni tra l’occidente e la Russia hanno perturbato il commercio internazionale. Queste dinamiche porteranno a una riconsiderazione delle politiche commerciali e a un maggiore protezionismo.
La guerra in Ucraina ha anche evidenziato il ruolo importante dello spazio, dei satelliti, del cyber-spazio e della guerra informatica, con attacchi che hanno colpito tutto l’ecosistema con la perdita per l’Europa anche di una base di lancio situata a Bajkonur.
La guerra sta influenzando gli equilibri di potere mondiali e ciò potrebbe portare a nuove alleanze e a una ristrutturazione dei blocchi geopolitici, incidendo sulla globalizzazione politica e sulla cooperazione internazionale. La guerra in Ucraina potrebbe anche portare a un’attenzione rinnovata alle dinamiche regionali e alla diversificazione delle relazioni economiche e politiche.
L’Unione europea è alla ricerca attraverso lo Strategic compass della propria autonomia strategica anche in termini di basi di lancio diversificate per l’accesso allo spazio. L’Italia ha avuto un passato molto orgoglioso all’inizio dell’era spaziale con la messa in orbita del satellite San Marco dalla base equatoriale di Malindi in Kenya. Il Luigi Broglio Space center (Bsc – Broglio space center), situato in Kenya, è una base operativa affidata all’Asi dal 2004 regolata da un accordo intergovernativo quindicennale rinnovabile che, oltre a prevedere formazione di personale keniota, prevede la possibilità di lancio di vettori e l’acquisizione di dati e telerilevamento dai satelliti. Il programma spaziale, denominato San Marco, nasce nell’ottobre del 1961, sotto il governo Fanfani e prevedeva lo sviluppo di una capacità autonoma di lancio. Nell’aprile del 1967 l’Italia lancia dalla piattaforma San Marco il secondo satellite italiano: il San Marco2. Fino al 1988 saranno 9 i satelliti lanciati e 18 i rocket, con un rateo di successo del 100%. L’ultimo lancio – un vettore Scout con a bordo il satellite san Marco D/L- è stato effettuato il 25 marzo 1988.
Dai tempi di Broglio l’Italia (e l’Europa) ha acquisito capacità autonome sia per i vettori lanciatori (leggeri) sia per la costruzione dei satelliti con tecnologie diversificate e moduli per la stazione spaziale, impiegando basi di lancio: statunitensi, russe (fino allo scoppio del conflitto ucraino) e francesi. La geopolitica mondiale è in rapida trasformazione, la perdita di Bajkonur dovrà essere mitigata con la disponibilità di siti alternativi. Nell’individuazione di siti idonei non si può non considerare che il Bsc gode di una posizione favorevole e strategica per la messa in orbita dei vettori con un basso rischio di danni a terzi in caso di malfunzionamento del vettore.
Il piano Mattei, di recente proposto dal governo che trova l’appoggio della Ue, ha stabilito un finanziamento di cinque miliardi e mezzo di euro per creare “partnership (paritaria, non predatoria), con mutui benefici” (Ansa, 30 genn. 2024), in linea con la visione strategica di Enrico Mattei degli anni Cinquanta e Sessanta (rifiuto del neocolonialismo, supporto all’indipendenza e al nazionalismo, tecnologia e formazione, investimenti e infrastrutture, condivisione dei profitti).
La politica spaziale dell’Africa è piuttosto variegata e si sta sviluppando rapidamente, riflettendo le diverse esigenze e priorità dei Paesi del continente. Diversi Paesi africani hanno sviluppato o stanno per sviluppare le proprie capacità spaziali. L’Algeria, l’Egitto, il Sudafrica, la Nigeria e il Kenya sono tra i Paesi che hanno investito significativamente in tecnologie spaziali, lanciando satelliti per diverse applicazioni.
L’Unione african (Au) ha proposto la creazione dell’African space agency (Afsa), che mira a coordinare e armonizzare gli sforzi spaziali attraverso il continente per massimizzare l’impatto delle tecnologie spaziali sullo sviluppo sostenibile dell’Africa. Molti programmi spaziali africani si concentrano sull’uso della tecnologia spaziale per promuovere lo sviluppo sostenibile. La principale sfida per l’espansione delle capacità spaziali in Africa è rappresentata dal costo elevato associato allo sviluppo e al lancio di satelliti. I Paesi africani collaborano con partner internazionali per accedere a tecnologie spaziali, formazione e finanziamenti.
Inoltre, considerato che Kourou, situato nella Guyana francese, unico poligono di lancio europeo, non sarà in grado di fronteggiare le esigenze di lancio europee dei prossimi anni, un secondo poligono (Malindi), con una funzione di complementarietà e non di competizione, potrebbe valorizzare gli sforzi della Space Race Europea nonché di contrapporsi alle citate potenze emergenti nel settore nonché al crescente interesse della Cina nell’area africana.
Vi sono quindi, le condizioni di base per sviluppare, da parte dell’Italia con il kenya, ulteriori partnership per riqualificare la base equatoriale di Malindi per le esigenze sia Italiane sia europee e per la creazione quindi di una diversificazione delle basi di lancio per le esigenze europee, (due basi equatoriali una situata i Sudamerica e l’altra situata in Africa). Tale riqualificazione è in linea con la nuova corsa verso lo spazio generata: dalla disponibilità di nuova tecnologia per i vettori lanciatori, produzione più economica per i satelliti più piccoli dovuti al cambiamento tecnologico in atto, proliferazione di small-sat, nano-sat, cube-sat, esigenze di monitoraggio del territorio, servizi di osservazione della terra e telecomunicazioni.