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Prima le banche, poi l’export. Altro corto circuito tra Cina e Russia

Dopo i pagamenti bloccati dalle banche del Dragone, ora la paura di finire nella rete delle sanzioni si propaga e colpisce il flusso commerciale cinese in Russia. A marzo crollo del 16% delle vendite

Dalle banche alle merci, il passo è breve. Il corto circuito finanziario tra Cina e Russia si propaga al commercio, alla vendita di merci cinesi nell’ex Urss, per la precisione. Come raccontato da Formiche.net nelle scorse settimane, il timore di rimanere invischiate nelle sanzioni contro Mosca, ha spinto molte banche del Dragone a sospendere i rapporti di affari con il Cremlino, ovvero a mettere in stand by i pagamenti verso la Russia per le importazioni, soprattutto petrolio. Ora, questa paura, si sta estendo a un altro nervo vitale, l’export cinese.

La questione è di vitale importanza per ambedue i Paesi, alleati molto spesso più sulla carta che nella realtà. La Russia, infatti, ha un gran bisogno delle importazioni cinesi, soprattutto per portare avanti la sua guerra ai danni dell’Ucraina. E Pechino, per parte sua, non disdegna l’oro nero venduto dalla Federazione. Il gioco funziona finché si paga e finché non si teme un effetto sanzioni ad ampio spettro, allargato, cioè, anche alle imprese non russe ma che con Mosca intrattengono rapporti.

C’è un dato, diffuso dalle agenzie doganali cinesi, che racconta una verità amara per la Cina. E cioè che le esportazioni cinesi in Russia sono diminuite di quasi il 16% a marzo rispetto all’anno precedente, registrando il peggior calo da inizio 2022, quando le sanzioni contro l’ex Urss non erano ancora scattate. Come si spiega questo tracollo? Secondo Bloomberg, per due motivi.

Primo, se le banche cinesi bloccano i pagamenti per le merci russe, allora da parte sua il governo di Vladimir Putin non potrà comportarsi in modo molto diverso. Secondo, vendere beni a Mosca, al pari di garantire le transazioni, significa mantenere rapporti di affari con la Russia e dunque essere passibili di sanzioni. E questo le imprese del Dragone, non lo vogliono. Il canovaccio, insomma, è lo stesso di quello per gli istituti di credito. E c’è da giurare che si possano verificare scosse telluriche a tutto l’export cinese, non solo su quello focalizzato sulla Russia (le stesse importazioni totali russe a marzo si sono ridotta del 18% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno).

Le esportazioni del Dragone, infatti, si sono contratte a marzo dopo essere cresciute nei primi due mesi dell’anno. I dati doganali poc’anzi citati mostrano che le vendite sono diminuite del 7,5% a marzo rispetto all’anno precedente, mentre le importazioni sono diminuite dell’1,9%. Entrambe i valori sono stati inferiori alle stime. E anche questa non è una buona notizia.

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