L’assemblea degli azionisti sancisce la vittoria del board uscente, riconfermando Labriola alla guida dell’ex Telecom e mettendo al sicuro il piano industriale che poggia sulla cessione di Netco a Kkr e Cdp. La Borsa brinda, ma Vivendi va avanti per le vie legali contro la dismissione degli asset
L’appuntamento, almeno di quelli sul taccuino della finanza, era tra i più attesi dell’anno. L’esito, forse, era quasi scontato dopo il posizionamento dei soci alla vigilia. L’assemblea degli azionisti di Tim ha rispettato i pronostici: la lista del board uscente, quella che portava in dote la riconferma alla guida del gruppo telefonico di Pietro Labriola, ha ottenuto la maggioranza dei voti in assemblea, anche grazie all’astensione del socio di riferimento, Vivendi, che con un voto contrario, poteva complicare non poco le cose.
E Alberta Figari, dal 2021 avvocato partner dello studio Legance, è stata nominata presidente dell’ex monopolista. Non è tutto. Via libera dall’assise dei soci, cominciata poco dopo le 11, anche alla riduzione dei membri del consiglio di amministrazione a nove dai 15 attuali: Alla lista del management vanno sei posti, mentre sue posti sono riservati al fondo Merlyn e l’ultimo al fondo attivista Bluebell.
La cronaca della giornata racconta come all’assemblea, chiamata oltre che a rinnovare il board, anche ad approvare il bilancio 2023, abbia partecipato il 50,77% del capitale. Nel dettaglio, la lista di maggioranza, con circa il 48,97% dei voti, è risultata come detto quella presentata dal cda uscente, da cui sono stati tratti sei amministratori: oltre a Figari e Labriola, Giovanni Gorno Tempini, Paola Camagni, Federico Ferro Luzzi e Domitilla Benigni. Dalla lista depositata da Merlyn, che poche settimane fa ha improvvisamente cambiato posizione, sposando la cessione della rete alla cordata guidata da Kkr e con dentro Cdp e F2i, e che ha ottenuto il 2,38% dei voti, entrano Umberto Paolucci (ex Microsoft) e Stefano Siragusa (ex dg Tim). Infine, dalla lista depositata da Bluebell, che ha ottenuto l`1,01% dei voti, fa il suo ingresso Paola Giannotti De Ponti.
Labriola ha di che essere soddisfatto, se non altro perché il piano industriale che porta la sua firma e la cui pietra angolare è la cessione della rete primaria e secondaria al fondo americano per 22 miliardi, così da abbattere il debito che zavorra Telecom. L’assemblea “segna un importante continuità nel piano che stiamo portando avanti per proseguire sul percorso di crescita e sviluppo intrapreso con 22 mesi di performance in miglioramento e di rispetto dei target finanziari. Si tratta di una nuova tappa di un cammino che continuerà con l’obiettivo di cogliere tutte le occasioni che nasceranno dall’evoluzione del mercato”, ha fatto sapere il manager al termine dell’assemblea. “Siamo convinti infatti della necessità di dotarci di una struttura finanziaria e di opzioni strategiche industriali più solide con una struttura più snella e focalizzata sulle aree di business”.
Alla fine, il dato di giornata è che la cessione della rete avanza spedita, con lo stesso timoniere, Labriola, apprezzato anche dalla Borsa, dove il titolo ha strappato sul finale a +1,7% e fiutando di buon mattino (+4%) l’esito dei lavori. Ma se è vero che Vivendi ha deciso di astenersi sulla nomina, il socio francese, che detiene il 23,75% del capitale ordinario, ha chiarito alla vigilia dell’assise che comunque porterà avanti la causa, presentata al Tribunale di Milano, perché in disaccordo con le decisioni prese dal consiglio Tim sulla cessione della rete (i francesi volevano almeno dieci miliardi in più).
Per la media company che fa capo alla famiglia Bollorè e che ormai si considera un investitore finanziario e, come tale, “si preoccupa che consiglio e management di Tim garantiscano una crescita duratura del corso delle azioni attraverso decisioni gestionali nell’interesse della società, rispettose delle prerogative degli azionisti e dei principi di buona governance”, la partita non è dunque chiusa. Ma l’esito dell’assemblea, comunque, è a vantaggio della dismissione della rete.