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Mercato, dazi e strategie aziendali. Come sarà il futuro delle auto elettriche

Il mercato EV registra alcuni progressi a livello globale, come rivelano gli ultimi dati del primo quadrimestre di quest’anno. I produttori occidentali intanto lavorano su modelli low-cost, in un contesto commerciale e geopolitico sempre più teso

La competizione internazionale tra le grandi case automobilistiche si accende nel contesto della transizione ai veicoli elettrici (EV). Se i trend segnalati dall’International Energy Agency (IEA) dovessero concretizzarsi nel medio lungo periodo, è possibile che la spunteranno soprattutto quei marchi che saranno riusciti a produrre e vendere modelli popolari, a prezzi più accessibili e con una tecnologia di batterie che concili sempre di più le esigenze degli automobilisti. L’unica, vera incognita rimane farlo con profitto e in un contesto geopolitico sempre più teso tra i tre principali mercati dell’auto a livello mondiale: Stati Uniti, Europa e naturalmente Cina.

Secondo gli ultimi dati rivelati da TrendForce nel suo ultimo Global Automotive Reports, la vendita mondiale di nuovi veicoli energetici o NEVs (come vengono definiti in Cina i veicoli elettrici, plug-in e in misura minore fuel cell) ha raggiunto la quota di 2 milioni e 842 mila unità, rappresentando un aumento di circa il 16.9% su base annuale. Si tratta tuttavia della prima volta che la crescita rimane al di sotto del 20%, rispetto a quanto registrato negli ultimi tre anni.

Nel mercato dei veicoli totalmente elettrici (EVs), Tesla ha di nuovo riconquistato lo scettro del mercato con un 21.5% dello share di mercato, nonostante una perdita su base annua dell’8.5%. A seguire, la rivale e principale concorrente Byd (per ora in termini assoluti, considerando che rimane confinata sul mercato cinese mentre risulterà sempre più inaccessibile quello americano, visti i dazi commerciali, e in misura ristretta quello europeo) ha chiuso il primo quadrimestre con il 16.6%, e una crescita del 13.3%. Byd è destinata ad essere, insieme a Nio, la principale beneficiare del nuovo round di sussidi e incentivi varati dal governo centrale (circa 10.000 remimbi per i NEVs), soprattutto in un contesto nel mercato interno cinese dove la pressione sui prezzi (sia per i modelli EV che sui modelli tradizionali) rimarrà alta per agguantarsi più share di mercato possibile. Come per Catl, anche per i produttori di auto elettriche cinesi il mercato nazionale rimane la rampa di lancio per la conquista di quelli internazionali. Al terzo posto, la controllata dallo Stato Saic, con la joint venture insieme a General Motors, mentre impressiona la scalata di Bmw al quarto posto con un aumento delle vendite del 41.1% su base annuale.

Per quanto concerne il mercato delle plug-in (PHEV), Tesla è fuori dalla scena per il suo focus sul full-electric mentre BYD la fa da padrona con il 27% e oltre dello share, seguita da Aito con il SUV M9 di produzione congiunta tra Seres Group e Huawei, e Li Auto. Al quarto e quinto posto troviamo Mercedes e Bmw, seguita da Jeep e Volvo. La presenza di quattro marchi europei (con l’eccezione della casa svedese ormai sotto il controllo del gruppo cinese Geely) che confermano la scelta pragmatica di alcune case automobilistiche, specialmente in riferimento ai mercati occidentali, di offrire modelli più in linea con le richieste dei consumatori nell’ottica, comunque necessaria, della transizione low-carbon e delle difficoltà della vendita di EV.

Problemi che riguardano, soprattutto, la difficoltà di competere con le case cinesi sui prezzi. Ma si tratta di uno scoglio che i grandi produttori di auto occidentali vogliono e devono affrontare. Secondo gli ultimi annunci, sarebbero in rampa di lancio alcuni modelli al di sotto dei $20.000, in risposta all’introduzione di BYD di un modello al di sotto di 10.000 euro. Una strategia volta anche a rilanciare la domanda e a sfidare la concorrenza dei veicoli a combustione interna. Stellantis e Volkswagen avrebbero infatti annunciato piani in questa direzione, come la Citroen e-C3 da 20.000 euro o la Jeep da $25.000, riflettendo secondo il ceo della multinazionale, Carlos Tavares, lo standard di prezzo medio rispettivamente in Europa e negli Stati Uniti.

Volkswagen, il secondo più grande produttore di auto dopo Toyota, ha di recente annunciato che inizierà a vendere EV, come la ID.1, sotto la soglia individuata da Tavarez dal 2027. Secondo le prime stime, questo nuovo modello potrebbe costare circa 17.000 euro e competere con la Renault Twingo elettrica introdotta per la prima volta in Europa lo scorso anno. L’ingresso in questo segmento di mercato è stato più volte auspicato dagli osservatori: come ha rivelato, di recente, uno studio del think tank Transport&Environment molto spesso gli automakers si sono concentrati su modelli SUV o di più alta gamma, più profittevoli. Secondo le stime della Commissione europea, il prezzo medio di un veicolo a batteria dei marchi europei era di 44,999 euro nel 2023.

Ma per reggere l’urto della competizione cinese – con l’esempio lampante della “Seagull” di BYD, prezzata a circa $9600 in Cina – è diventata una questione non solo di share di mercato, ma di sopravvivenza. Soprattutto se dalle istituzioni europee non dovessero esserci misure protezionistiche – che non sarebbero confutate dalle prime evidenze in mano alla Commissione europea sul tema dei sussidi statali – e al contempo scelte in continuità con il phase-out dei motori a combustione a partire dal 2035 con il prossimo Parlamento.

Inoltre, il colosso BYD ha di recente ridotto i prezzi per oltre 100 dei suoi modelli rispetto a dicembre 2023. Per esempio, il prezzo della best-selling Qin Plus è stato abbassato di oltre il 20%: una strategia sui prezzi molto aggressiva che ha spinto il ceo di Tesla, Elon Musk, a dichiarare all’inizio dell’anno che “in assenza di barriere commerciali, le società EV cinesi eliminerebbero tutti” dalla concorrenza. Tuttavia, Musk ha fino ad ora aspettato a rivelare i suoi piani per un modello sotto la soglia dei $25.000 dollari, per focalizzarsi sulla guida autonoma. E questo suggerisce che le preoccupazioni di Musk siano del tutto strumentali considerando che negli Usa la concorrenza cinese sui veicoli elettrici non sarà un problema esistenziale.

Ma l’Europa è davvero “invasa” da auto elettriche cinesi? Allo stato attuale, no. Gli ultimi dati di Schmidt Automotive Research rivelano che i modelli di marca cinese hanno rappresentato solo il 2,9% del mercato totale dei veicoli EV venduti sul mercato regionale durante il primo trimestre del 2024. Pesa la relativa distanza tra consumatori e i marchi cinesi, ancora poco conosciuti, oltre al fatto che se le case automobilistiche cinesi hanno intercettato, con successo, le esigenze dei consumatori in patria sui prezzi, in Europa il prezzo di acquisto è la prima ma non ultima preoccupazione: conta soprattutto il costo totale della proprietà del veicolo, inclusi i servizi di manutenzione.

Non è un caso che una delle prime strategie messe in atto sia quella di aumentarne la visibilità. BYD (partner ufficiale dei campionati europei di quest’estate) ha visto triplicare le sue vendite in Europa nel 2023, ma rimasto fermo tuttavia a 15.000 modelli venduti. Sono circa sei i modelli lanciati per il mercato europeo, distribuiti in 20 paesi. Tesla, che domina invece le vendite di EV in Europa, vende solo i suoi due modelli di punta: la Model 3 e la Model Y. Ma è forse un dato più eclatante che riflette la natura della sfida su cui devono misurarsi i produttori europei con eventuali misure della Commissione.

Secondo i dati raccolti dall’European Electric Car Study, un rapporto di settore pubblicato mensilmente, un modello di autovettura puramente elettrica (BEV) su tre disponibile nei concessionari europei è stato prodotto o assemblato in Cina. Inoltre, poco meno di 50 dei 145 modelli BEV attualmente disponibili sul mercato delle autovetture dell’Europa occidentale sono modelli prodotti in stabilimenti cinesi e sarebbero dunque soggetti ad un aumento delle tariffe d’importazione dell’UE nella regione del mercato unico. Parliamo di modelli come la Tesla Model 3, la nuova Mini del Gruppo Bmw, nonché il suo modello IX3 e la EX30 di Volvo. Il Gruppo Volkswagen ha anche appena iniziato la produzione del modello Cupra Tavascan, basato sulla piattaforma MEB in Cina, che verrà spedito in Europa.

È dunque evidente su come vi sia una certa ritrosia del gruppi automobilistici europei ad accettare contemporaneamente l’imposizione della transizione all’elettrico e al contempo misure che possano in qualche modo urtarne gli interessi industriali, considerando che, ad oggi, il vantaggio di costo per produrre un EV a prezzi competitivi in Cina è sicuramente non paragonabile con i costi in Europa. Motivo? Prezzi dell’energia, l’accesso alle materie prime critiche (e il vantaggio tecnologico sulle batterie elettriche) e infine l’economia di scala garantita dal massiccio mercato cinese, che rimane il 60% per numero di vendite a livello mondiale. Come hanno dichiarato alcune executives all’agenzia Reuters, tariffe commerciali più alte avrebbero un effetto limitato nel proteggerli dalla competizione cinese, a meno che l’industria dell’auto europea non agisca in fretta per confrontarsi sul prezzo e sul valore (perlopiù tecnologico) delle auto cinesi. Per farlo, servirebbe un ecosistema delle batterie più forte, ma la notizia che Svolt (quinto produttore cinese di batterie, dietro a Catl e Byd) abbia cancellato i piani per una gigafactory in Germania, nel Brandeburgo, conferma alcune preoccupazioni sul futuro dell’auto elettrica in Europa: l’azienda ha infatti citato “le rinnovate discussioni sulla fine del motore a combustione nell’Ue” come “controproducenti per gli sforzi di localizzazione previste”.

Considerando che l’attuale tariffa d’importazione delle auto dall’Ue alla Cina è del 15% contro il 10% dalla Cina all’Ue, un aumento minimo delle tariffe sulle esportazioni di auto cinesi Cina verso l’Ue del 5% sarà inevitabile; uno scenario più probabile è che l’Ue possa imporre una tariffa molto più alta sulle auto prodotte in Cina e destinate all’Ue (in uno scenario di aperto contrasto con i produttori europei). In questo caso, i produttori cinesi come BYD, Nio, Geely e SAIC potrebbero dover assorbire l’imposizione di tariffe più alte internamente, piuttosto che decidere di scaricarla sugli acquirenti finali considerando che la fase di espansione internazionale è appena iniziata. Mentre i grandi marchi europei si vedrebbero costretti a rivalutare – come sta, in parte, facendo Stellantis – la produzione in Europa per svincolarsi dalla ‘guerra’ commerciale.

In questo scenario, rimanere profittevoli in un segmento, quello EV, soggetto ai rischi come nuovi o aggiornati standard delle emissioni (su cui sono in parte agganciate le previsioni delle vendite e la decisione degli investimenti) e le tariffe commerciali, non sarà una sfida semplice per le case come Stellantis, Volkswagen, Bmw e in generale per l’ecosistema dell’auto europeo.

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