Skip to main content

Vi racconto da dove nasce il nuovo antisemitismo. L’intervento di Cadelo

Di Elio Cadelo

Dal Medioevo al 7 ottobre 2023, da dove ha origine l’antisemitismo che ora sta coinvolgendo anche l’Occidente. Scenari e conseguenze nell’intervento di Elio Cadelo, autore di “Allah e la Scienza”, “Il Mondo Chiuso – il conflitto tra islam e modernità”

Se nel Medioevo gli Ebrei erano stati accusati di magia, stregoneria e alleanza con potenze oscure per realizzare i loro malvagi disegni di potere, alla fine del XIX secolo, dopo l’Illuminismo e il Positivismo che avevano aperto nuove consapevolezze filosofiche, gli Ebrei furono additati come i colpevoli della crisi del sistema economico per un loro oscuro tornaconto.

Durante quegli anni di crisi furono considerati estranei alla cultura europea fino a rappresentare il male assoluto che si era insediato in Occidente per distruggerlo dalle fondamenta. Il numero di quanti, in quell’ultimo scorcio di secolo, fecero a gara per indossare la casacca dell’antisemitismo – termine coniato nel 1880 dal giornalista tedesco Wilhem Marr che denunciava il “parassitismo sociale” degli Ebrei – fu incredibilmente nutrito e forse meriterebbe una pubblicazione specifica che a tutt’oggi manca nel panorama editoriale italiano. Tra i molti che in quegli anni contribuirono a elaborare una nuova idea, non lontana da certo antisemitismo cristiano-integralista, un posto d’onore spetta al filosofo tedesco Karl Eugen Dühring (1833-1921) che scriveva: “Gli Ebrei sono la peggiore espressione di tutta la razza semitica, di una nazionalità particolarmente pericolosa… Infatti, l’organizzazione delle lotte per l’oppressione e lo sfruttamento che gli Ebrei conducono da millenni contro altri popoli si sta oggi diffondendo alacremente. Non ci inganni la sua forma moderna. Le corporazioni religiose dei giudei sono un mezzo per stringere legami politici e sociali, e tengono uniti assieme anche quei connazionali che ne vogliono stare fuori”.

Anche Theodor Fritsch (1852-1933), fondatore nel 1889 del Partito Popolare Antisemita, contribuì alla diffusione dell”antisemitismo. Sotto lo pseudonimo di Thomas Frey nel 1884 pubblicò il “Catechismo antisemita” che, secondo numerosi storici, influenzò profondamente Hitler. “Per come oggi è la mia immagine dell’autentico carattere ebraico, – scriveva Fritsch – non posso accettare l’ebreo come uomo, perché non ci trovo nulla di autenticamente umano… La civiltà non nasce coltivando i parassiti, ma nasce e si sviluppa lottando contro di essi. Qui c’è tutta la mia professione di fede: la missione degli Ebrei è di tormentare gli uomini, la missione degli uomini è di schiacciare gli ebrei”.

Ma come mai proprio nell’ultimo quarto del XIX secolo si diffuse una reinterpretazione cospirazionista che indicava gli Ebrei quali artefici di un complotto mondiale? Questa forma di antisemitismo fece la sua comparsa nel maggio del 1873 quando a Vienna iniziò una drammatica crisi economica che si propagò in tutto il mondo.

Era accaduto che dopo oltre quarant’anni d’incessante crescita economica e una crescente diffusione della ricchezza determinata dalla seconda rivoluzione industriale, l’8 maggio del 1973 la borsa di Vienna segnò un crollo senza precedenti che si espanse a macchia d’olio in tutta Europa.
Non furono risparmiati neanche gli Stati Uniti che nel settembre dello stesso anno – durante la presidenza di Ulisses Grant – vennero travolti dal crollo delle loro borse accrescendo l’ondata di panico in tutti i Paesi industrializzati.

La crisi proseguì fino al 1895 e fu la fine dell’illusione della crescita e dell’arricchimento continuo. La delusione generò inquietudine e frustrazione popolare che si tradusse in nostalgia del passato: la gran parte degli austriaci e dei tedeschi che era rimasta abbagliata dai rapidi cambiamenti che la modernità imponeva ed aveva assistito alla diffusione del liberalismo economico, del positivismo, del pensiero utilitaristico e materiale e della fede nella scienza, reagì negativamente. Questa crisi fu vissuta come una sconfitta di quanti avevano creduto che la seconda rivoluzione industriale avrebbe portato nuove prospettive di progresso e ricchezza per tutti.

Crollò la speranza in una società ricca, lontana dai fantasmi della povertà e in un nuovo sistema di valori. Un’ondata di pessimismo che ebbe facile presa tra i bottegai che cominciavano a subire la concorrenza delle grandi catene commerciali, tra gli impiegati e gli operai che iniziarono a perdere il posto di lavoro a causa della deflazione che abbassava i prezzi delle merci causando la conseguente chiusura delle fabbriche.

Gli eventi che seguirono la crisi economica portarono la società tedesca a rinchiudersi nella ricerca di nuovi orientamenti spirituali nel tentativo di recuperare quello sradicamento culturale causato dalla rivoluzione industriale e scientifica. Fu in quegli anni che lo spiritismo, l’esotismo, la fascinazione per l’Oriente cominciarono a guadagnare spazio nella società mentre agli Ebrei spettò, ancora una volta, il ruolo dei demiurghi cattivi.

Il complotto ebraico spiegava tutto: la crisi improvvisa, il ritorno della povertà, i pericoli di una guerra, l’immigrazione degli Ebrei russi in Germania e in Austria. Ne seguì una spirale antisemita che porterà alla pubblicazione nel 1903 dei Protocolli dei Savi di Sion che malgrado l’acclarata falsità (è un falso documentale prodotto dalla Ochrana, la polizia segreta zarista, e pubblicato in forma di documento segreto in cui si parla di una cospirazione ebraica tendente a impadronirsi del mondo) è ancor oggi il testo più letto e diffuso in tutto il mondo islamico. La natura di falso fu appurata fin dalla loro pubblicazione da una serie di articoli del Times di Londra che dimostrò che gran parte del materiale era frutto di plagio da precedenti opere di satira politica non correlate agli Ebrei. Malgrado ciò fu ritenuto autentico perché l’importante era avere una spiegazione facile e un “capro espiatrorio” per spiegare la sconfitta tedesca della prima Guerra Mondiale ed il conseguente e oneroso Trattato di Versailles (giugno 1919).

L’antisemitismo nazista si abbeverò a queste fonti portando le sue azioni alle estreme conseguenze note a tutti. Ma il nazismo e il fascismo fecero di più: nella loro strutturata alleanza con il mondo arabo e palestinese (il gran Muftì di Gerusalemme aveva il suo ufficio a Berlino a fianco la cancelleria di Hitler e arruolò 300mila musulmani nelle fila delle SS), infettarono il mondo islamico con idee antiebraiche che allora non appartenevano alla tradizione musulmana ma che furono accolte e propagandate con diverse motivazioni perché spiegavano le cause della povertà e dell’arretratezza del loro mondo. La guerra condotta dal Gran Mufti al-Hussaini contro gli Ebrei, per fermare la fondazione dello Stato di Israele, si fondava solo sull’odio verso gli Ebrei.

Certamente, la sconfitta subita dagli Arabi nella “Guerra dei sei giorni” (1967) aiutò ulteriormente la diffusione dell’antisemitismo. Ma la svolta ideologica profonda si ebbe molti anni dopo, nel 1979 quando Khomeini fondò la Repubblica Islamica dell’Iran. Il suo arrivo fu visto con occhio benevolo da numerosi intellettuali di ispirazione marxista come Michel Foucault, Gilles Deleuze, Françoise Loyard, Jaques Derrida, in Francia, ma anche Leo Valiani, Francesco Alberoni e gran parte degli intellettuali della sinistra italiana che dalle pagine del Corriere della Sera e dei principali quotidiani italiani inneggiarono alla rivoluzione dell’ayatollah indicandola come una lotta di liberazione. È bene ricordare che Oriana Fallaci fu l’unica a scrivere “a me sembra fanatismo del più pericoloso: quello del fascismo”.

Khomeini rifiutava tutti i valori della civiltà occidentale: la democrazia rappresentativa, l’economia di mercato, la libertà individuale, la laicità dello Stato, il progresso scientifico. Lui, che definiva gli Ebrei (“che Dio li sprofondi” diceva) come il male assoluto che infettava il Medio Oriente e il mondo, elaborò un progetto molto più ambizioso di qualunque altro leader musulmano: governare il mondo ponendo l’islam alla testa di tutti i popoli diseredati della Terra e prendendo le redini dell’antioccidentalismo che era la base culturale del marxismo-leninismo.

Questo programma fu esplicitato in una lettera inviata a Gorbaciov poco prima di morire nella quale chiedeva, senza mezzi termini, di passare a lui il testimone della lotta contro l’Occidente e il capitalismo. Obiettivo del suo programma era quello di divenire la guida di un nuovo islam che fosse soprattutto un movimento politico. Concetto sintetizzato nel 1978 quando affermò chiaramente che l’islam o è politico o non è.
Non fu una dichiarazione caduta nel vuoto. Pochi anni dopo (1994) Chris Harman, esponente dell’estrema sinistra inglese, pubblicò The Prophet and the Proletariat che diventò, direttamente e indirettamente, la guida spirituale di larghi strati della sinistra europea. In pratica, scriveva Harman, gli islamisti non vogliono soltanto rivivere l’islam del settimo secolo ma espongono apertamente il desiderio di sconvolgere la società occidentale. In questo sono dei rivoluzionari di nuovo tipo: “La rigenerazione può essere anche sinonimo di contestazione dello Stato e di aspetti della dominazione dell’imperialismo. Così gli islamisti iraniani chiusero la più grande stazione di ascolto degli americani in Asia e presero il controllo dell’ambasciata statunitense. Hezbollah nel Sud del Libano, Hamas in Cisgiordania e a Gaza hanno svolto uno ruolo chiave nella lotta armata contro Israele”.

Qualche anno dopo il terrorista venezuelano Ilich Ramirez Sanchez, alias Comandante Carlos, attualmente detenuto in un carcere francese di alta sicurezza, in un suo libro del 2003 intitolato “L’Islam révolutionnaire”, teorizzò la fusione tra marxismo-leninismo e islamismo radicale per combattere, con il terrorismo, il sistema capitalistico occidentale in vista di un nuovo ordine mondiale.

Queste prese di posizione anti-capitalistiche e anti-occidentali spiegano perché il fondamentalismo islamico sia stato definito “il comunismo del XXI secolo”, così come, in quegli anni, il comunismo era stato definito (Jules Monnerot) “l’islam del XX secolo”.

C’è un’ampia letteratura che teorizza un rinnovato incontro tra islam e comunismo in chiave anti-Occidentale. Dopo la caduta dell’impero sovietico la causa del proletariato, il cui compito era quello di rimodellare la storia, ha lasciato il posto al terzomondismo e all'”islamofilia”. Tra i molti autori che hanno seguito questo filone non va dimenticato Maxime Rodinson, marxista di origini ebraiche, che a suo modo di vedere vi sarebbe una necessaria continuità tra queste due ideologie. ​

È sulla scia di queste idee che la sinistra in Europa e negli Stati Uniti ha sviluppato il multiculturalismo, cioè di società aperte che, per la prima volta nella storia, rinunciano ad un pezzo della loro “sovranità culturale” cedendola all’islam. È quanto sta accadendo con la cancel culture, il movimento woke e il politicamente corretto. In altre parole l’antisemitismo dei nostri giorni ha abbandonato la “teoria del complotto ebraico”, caro ai nazifascisti, per sostituirsi con quella dell’Occidente capitalista, colonialista, sfruttatore, dominatore e manipolatore guidato dall’ideologia ebraica.

Questa nuova interpretazione terzomondista, secondo cui tutto l’Occidente è ideologicamente e culturalmente ebreo spiega perché la lotta agli Ebrei non può fermarsi ad Israele ma deve estendersi a tutto l’Occidente perché causa della povertà degli altri popoli. L’ex Presidente della Repubblica dell’Iran Mohammad Khatami, scriveva: “… con il passare del tempo abbiamo subìto in modo particolare il condizionamento della cultura e dell’onnipresente civiltà occidentale, tuttavia la nostra anima non si è svuotata del solido retaggio della nostra antica cultura, o di parti significative di essa; di una cultura che, qualunque sia, è in ogni caso diversa dalla cultura egemone dell’Occidente ed è in contrasto con questa”.

Secondo lui quindi, è necessario rompere con l’Occidente e ciò significa, prima di tutto, rompere con la sua storia, la sua dialettica, il suo ritmo e questa rottura può essere compiuta soltanto da una forza religiosa, l’unica in grado di operarla davvero: solo il potere del sacro è in grado di sconsacrare il potere del profano.

Quest’interpretazione esplicitata ancor oggi non solo nei comunicati di Hamas ma anche dalla dirigenza iraniana ha permesso di giustificare i massacri, le torture e le bestiali mutilazioni del 7 ottobre del 2023 e trasformare Hamas da un’organizzazione criminale in martire della libertà.
Non stiamo attraversando un periodo storico nel quale taluni eventi possono essere giudicati come pittoreschi o etichettati benevolmente come “mode”. La manifestazione ad Amburgo di qualche giorno fa che ha visto 5mila musulmani chiedere la fondazione di un Califfato, cioè che la Germania cedesse un pezzo di territorio per permettere la nascita di un Califfato islamico tedesco, non è uno scherzo di carnevale! È la prosecuzione di quanto sta avvenendo a Gaza. È espressione di un’interpretazione estensiva dell’antisemitismo e che ora coinvolge tutto l’Occidente.

Quanto detto potrebbe essere l’inizio di una nuova fase di lotte e attentati terroristici che farebbero seguito alle manifestazioni degli studenti pro Hamas e alla cancel culture. Se questo scenario si dovesse avverare sarebbe inevitabile uno spostamento verso l’estrema destra di ampie porzioni di elettorato europeo e il radicamento dell’estrema sinistra su posizioni sempre più anti-occidentali e filo-islamiste: uno scenario che potrebbe aprire la strada a pericolose conseguenze.

 

×

Iscriviti alla newsletter