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Fin dove arrivano i missili dentro (e fuori) il mar Cinese Meridionale

I missili sono considerati come capacità chiave nel confronto militare tra gli Stati Uniti e la Cina intorno all’isola di Taiwan. E il loro raggio d’azione ricopre un valore particolare. Come abbiamo visto anche in Ucraina

Ci sono pochi dubbi. L’eventualità del verificarsi di un confronto armato per il controllo dell’isola di Taiwan è lo scenario militare principe dei nostri tempi. Esperti ed analisti di università, think thank, forze armate e blog di settore si sono cimentati in studi, simulazioni, wargames e quanto altro ancora per cercare di prevedere non solo l’esito del confronto, ma anche le dinamiche del suo svolgimento, passo dopo passo. Spesso con risultati diversi, intesi sia come esito finale che come svilupparsi degli eventi, o ancora come logiche alla base di determinate scelte o comportamenti. Eppure in questi esperimenti sussistono alcuni “fattori comuni” che giocano un ruolo cruciale nella progettazione e nello svolgimento degli stessi. A riprova della loro importanza nel mondo reale.

Come ad esempio il raggio d’azione dei sistemi missilistici, una variabile evidenziata benissimo nel recente articolo-infografica del Financial Times, incentrato proprio sul ruolo di alcune dimensioni specifiche all’interno della competizione militare tra Pechino e Washington attorno all’isola del Mar Cinese Meridionale. I vettori missilistici giocano un ruolo fondamentale per entrambe le fazioni: mentre le forze statunitensi potrebbero utilizzarli per colpire le forze di invasione cinesi o altri bersagli critici nell’entroterra cinese, la People Liberation Army li impiegherebbe per affondare le portaerei statunitensi e per negare alle forze armate Usa la possibilità di controllare lo spazio aereo e quello marittimo.

Washington potrebbe ad esempio contare su missili di precisione lanciati da terra come ad esempio quelli del sistema Typhon, con una gittata di oltre 500 km. Tuttavia, essi dovrebbero essere schierati sul territorio dei Paesi partner come il Giappone (dove gli Usa dispongono già di alcune basi militari) le Filippine (dove sono già stati posizionati in occasione della recente esercitazione congiunta Balikatan 24), previa autorizzazione da parte dei loro governi. Qualora, a causa di particolari evoluzioni politiche, essi rifiutassero agli americani la possibilità di usufruire dei loro territori come punto d’appoggio per i propri sistemi missilistici, Washington si troverebbe privata di una capacità con un peso importante sulla bilancia militare. Inoltre, per i prossimi mesi è previsto il dispiegamento nell’isola di Guam dei sistemi missilistici ipersonici Dark Eagle, che con il loro raggio di 3000 km sarebbero in grado di colpire bersagli nemici nel tratto di mare compreso tra Taiwan e la Cina continentale. Dal canto suo, Pechino può contare su numerosi esemplari di vettori missilistici, sviluppati all’interno del più processo di modernizzazione della People Liberation Army. Tra questi svetta il “Guam express”, nome informale del Dongfeng-26, dovuto alla sua capacità di arrivare a colpire bersagli posti nell’isola delle Marianne.

La capacità di colpire più in profondità rispetto all’avversario è una costante del modern warfare, e non si limita certo alla regione indo-pacifica. All’interno del conflitto in Ucraina il raggio d’attacco di sistemi missilistici si è manifestata in più occasioni come una variabile fondamentale sul campo di battaglia, per entrambe le fazioni coinvolte. Una volta forniti a Kyiv, Himars e Atacms hanno permesso alle forze armate ucraine di colpire bersagli russi come centri logistici o di comando, senza esporsi al fuoco di controbatteria nemico; e adesso, l’Ucraina chiede a gran voce missili a lungo raggio come il tedesco Taurus o l’inglese Storm Shadow per arrivare a colpire le infrastrutture che collegano la penisola di Crimea alla Russia continentale. Dal canto loro, le forze armate di Mosca hanno cominciato a sfruttare le cosiddette glide bombs per colpire bersagli posti in profondità, senza esporre i propri preziosi velivoli al fuoco della contraerea ucraina.

Lezioni importanti, queste ultime, poiché provenienti da un campo di battaglia reale. Il conflitto ucraino ha già influenzato lo scenario indo-pacifico, ad esempio spingendo Taipei a dotarsi di un arsenale di droni sulla scia dei successi ottenuti dagli Uncrewed Aerial Systems in Europa. Facile dunque aspettarsi che anche nel dominio missilistico, esso possa fornire spunti importanti per i pianificatori di entrambe le sponde del Pacifico.



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