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È già finito l’amore tra banche clandestine cinesi e mafie?

Il Sole 24 Ore rivela difficoltà nei rapporti tra le strutture occulte e la criminalità organizzata italiana, in particolare la ’Ndrangheta. Il timore delle prime è legato ai rischi legati al 416-bis

“Vacilla l’alleanza fra banche occulte cinesi e mafia”, titola Il Sole 24 Ore. È quanto emerge delle indagine della Direzione investigativa antimafia, che sotto il comando del generale Michele Carbone ha attenzionato i complessi meccanismi di finanza sporca della criminalità cinese e delle organizzazioni mafiose italiane. In particolare, la costituzione, commercializzazione e monetizzazione dei falsi crediti d’imposta — soprattutto per superbonus, bonus facciate, sismabonus e ricerca e sviluppo — i cui proventi illeciti spesso sono riciclati avvalendosi delle cosiddette banche occulte cinesi.

Soltanto l’anno scorso due diverse indagini della Guardia di finanza — denominate Cash Express e Fast&Clean — avevano dimostrato l’alleanza tra le organizzazioni criminali cinesi presenti in Italia e la ’Ndrangheta, che movimentavano milioni di euro dei traffici illeciti delle cosche per riciclare i soldi sporchi attraverso società di copertura in Cina e Hong Kong e pagare i fornitori della cocaina in Sudamerica. Oggi, però, qualcosa sembra essersi spezzato: “Troppo elevato il rischio di incappare in un’accusa di associazione mafiosa, con tutte le conseguenze processuali e di condanna che ne derivano”, scrive il quotidiano economico con riferimento all’articolo 416-bis del codice penale.

Si tratta del fenomeno dell’underground banking. Ovvero banche occulte al servizio dell’economia illegale che, tramite una struttura organizzata e complessa, sono in grado grado di trasferire e riciclare somme miliardarie e di utilizzare provviste di denaro contante, non tracciato, per la restituzione di parte degli importi dalla stessa bonificati all’impresa destinataria delle fatture false. Alla base ci sono operazioni, anche piccole, di trasferimenti verso la madrepatria di proventi di attività illegali da parte dei membri delle comunità cinesi (come raccontato dalla nostra intelligence nell’ultima relazione annuale).

Ne aveva parlato nei mesi scorsi anche Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Il magistrato lo aveva definito un “gigantesco circuito” che è “in grado di far saltare letteralmente tutti i controlli immaginati dalla comunità internazionali e dagli Stati attorno all’idea che il denaro si sposti attraverso il sistema finanziario”. Un sistema che spesso va a braccetto, come dimostrato da alcune inchieste, con il narcotraffico, aveva spiegato ancora il magistrato. “Oltre agli stupefacenti, si traffica denaro” che “non è più semplicemente corrispettivo. È una merce che corre parallelamente agli stupefacenti, senza muoversi”, grazie al fatto che attraverso “una rete di scambi clandestini” si spostano soltanto “i token che servono per assicurare le disponibilità di queste ingenti quantità di denaro”, aveva spiegato ancora Melillo.

Secondo le stime della Dia, le mafie avrebbero in mano circa 2 miliardi di euro di crediti d’imposta fittizi, racconta Il Sole 24 Ore. Tanti soldi ma c’è un problema: “Come risulta dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, è che le organizzazioni cinesi trapiantate in Italia sarebbero ormai poco propense a mettere a disposizione delle cosche il proprio know-how e la propria rete di società ‘cartiere’ distribuita tra Italia, Europa dell’Est e Cina”.

Nei mesi scorsi l’agenzia Reuters aveva raccontato che il governo Meloni avrebbe chiesto alla commissione antimafia di indagare per la prima volta “sull’infiltrazione cinese nella società italiana”. Un’idea lanciata un anno fa da Formiche.net, visto che tra i compiti della commissione c’è quello di “valutare la penetrazione nel territorio nazionale e le modalità operative delle mafie straniere e autoctone tenendo conto delle caratteristiche peculiari di ciascuna struttura mafiosa e individuare, se necessario, specifiche misure legislative e operative di contrasto”.

Evidentemente, certe attenzioni non sono state gradite, nonostante la commissione non abbia a oggi ascoltato nessun esperto in materia.


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