L’astensione terrorizza i partiti, tanto che i leader hanno fatto a più riprese richiami identitari per salvaguardarsi la propria base elettorale. Tajani ha forti agganci europei e sa che non c’è, realisticamente, un’alternativa alla grosse koalition. Salvini e Conte, convergenze sull’Ucraina. Mentre Schlein si rifà a Berlinguer. Colloquio con il sociologo Massimiliano Panarari
È ancora presto per fare valutazioni sul livello di partecipazione a questo appuntamento elettorale a cui, tutti i leader di partito, stanno attribuendo una portata “storica”. Non è un caso. Lo spettro che si aggira per l’Europa – qui la parafrasi è calzante – è quello dell’astensionismo. Un fenomeno dal quale “tutti i partiti potrebbero essere danneggiati, motivo per cui negli appelli al voto, i segretari dei principali partiti italiani hanno scelto prima di tutto di mobilitare il loro elettorato”. Lo dice a Formiche.net, Massimiliano Panarari, sociologo e docente dell’Università di Modena e Reggio-Emilia.
Panarari, il grande terrore dell’astensionismo è diffuso. Le reazioni dei leader di partito come le valuta?
Il trend di astensionismo, in Italia, è abbastanza crescente così come nel resto d’Europa. Nel nostro Paese, però, è un fenomeno che pesa maggiormente perché l’affezione degli italiani alle urne è molto alta. Meloni, partita con grandi aspettative, rischia di essere fortemente ridimensionata all’esito del voto. Conte, non ha caso, dopo l’esperienza fallimentare dei teatri, ha scelto di tornare al Sud in veste di one man show. E d’altra parte, la volatilità dell’elettorato spaventa tutti.
Elly Schlein, segretaria nazionale del Pd, sceglie Padova. E ricorda Berlinguer. Che tipo di segnale ha voluto dare?
Ce ne sono diversi. Ricordando l’anniversario di Enrico Berlinguer, con il suo ultimo comizio, ha lanciato chiaramente il messaggio all’elettorato della “vecchia” sinistra, ancorata ai diritti sociali. Direi che più in generale la sua campagna elettorale ha virato più su questi temi rispetto a quelli legati ai diritti civili, a lei molto cari. Fra l’altro, Padova è una città che, strategicamente è molto importante per il centrosinistra. È la città, fra gli altri, di Alessandro Zan.
La segretaria ha lanciato spesso, presentandosi accanto al governatore, Stefano Bonaccini, messaggi di unità.
È una questione di posizionamento e di strategia. L’affermazione del Pd a queste elezioni equivarrà a una sua affermazione. O, viceversa, a un suo insuccesso. Lavorare di concerto con Bonaccini significa, per lei, innanzitutto limitare i contrasti interni al partito. A lei tutto questo servirà anche dopo il voto di oggi e domani.
Come legge le scintille prima delle urne tra i due vicepremier, Salvini e Tajani, su Macron?
Se Forza Italia riuscisse a prendere un voto in più della Lega sarebbe inevitabile anche un riassetto all’interno del governo. Tajani sta giocando una partita strategica, rafforzando il partito a livello nazionale ma soprattutto sfruttando i suoi fortissimi legami a livello comunitario. Tanto più che FI è parte integrante del Ppe: la famiglia politica che, in assoluto, avrà più peso all’interno della futura compagine europea.
Realisticamente, il numero uno di Forza Italia che cosa si aspetta?
Dalla sua prospettiva accendere conflittualità con i liberali è un controsenso. E, numeri alla mano, il leader di Forza Italia sa che un’ipotesi alternativa alla grosse koalition attuale è altamente improbabile. Per cui, contempla anche un’alleanza di realpolitik con i socialisti del Pse.
C’è molta assonanza, invece, tra le posizioni di Salvini e quelle di Conte, in particolare sul tema Ucraina. Un amore mai sfiorito?
Forse amore è eccessivo, Ma sta di fatto che hanno già governato assieme. Conte e Salvini rappresentano due partiti anti-sistema e, sicuramente, per molti versi hanno convergenze di vedute. Non sono atlantisti e sono fondamentalmente anti-liberali. Non comprendono le ragioni della resistenza ucraina e si schierano – scollegandosi dal dato di realtà – dalla parte del dialogo. Pur sapendo che Putin questa ipotesi non la tiene neanche in considerazione.
Dunque, stando così le cose, chi rischia di più in caso di affluenza bassa?
Il voto europeo è un voto di opinione e proporzionale. Ripropone in maniera fedele i rapporti di forza tra i partiti, ed è per questo che i toni si sono alzati e i richiami dei partiti sono stati parecchio identitari nell’invito ad andare al voto. In linea di massima, comunque, a pagare lo scotto più alto sono i partiti più strutturati. Sono loro che devono contenere le perdite.