L’azienda di chip italo-francese investirà nella produzione di chip di potenza a Catania, rafforzando il ruolo del nostro Paese nella filiera dei semiconduttori. Si tratta di dispositivi essenziali soprattutto per le auto elettriche
In Italia il dibattito sull’auto elettrica sembra aver raggiunto nuove vette e una polarizzazione ormai evidente tra i suoi indomabili detrattori e invece chi ritiene sia giunto il momento di sciogliere le riserve e puntare tutto su questa tecnologia per raggiungere non solo gli obiettivi di riduzione delle emissioni, ma anche per non condannare il paese ad un ritardo tecnologico che con il tempo potrebbe diventare davvero incolmabile.
Proprio ieri è rimbalzata sui media e nelle discussioni tra gli addetti ai lavori la notizia – tuttora da comprendere nella sua reale portata – che siano andati sostanzialmente “a ruba” gli incentivi previsti dal Ministero per le Imprese e il Made in Italy per l’acquisto di auto elettriche (EV) e ibride (PHEV). Parliamo di oltre 200 milioni di euro stanziati, bruciati nel giro di poche ore. Difficile ancora dire se sia un segnale che il mercato (e la domanda dai consumatori) risponda solo ed esclusivamente in presenza di quest’ultimi (il prezzo di accesso rimane uno dei motivi di distacco dai modelli full electric, mentre non stupisce l’interesse per gli ibridi proprio per la possibilità di rifornimento tradizionale alla pompa). Tuttavia, risulta ancora poco chiaro il motivo di una tale dinamica.
Ciò nonostante, potrebbe trattarsi di un primo, timido segnale che anche nel nostro Paese la diffusione di EV, se concepita all’interno di una politica industriale e di ripensamento della mobilità, potrebbe non essere così irrealizzabile. Ma se da un lato questa prospettiva rimane ancorata alle politiche di abbattimento delle emissioni, e dunque all’abbandono (per molti precoce) del motore a combustione, dall’altra resta da capire quale sarebbe l’impatto sull’indotto industriale di un sistema-Paese che – ricordiamolo – ormai è ben lontano dall’essere la patria del motore termico.
Secondo le analisi dell’Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) sui dati Istat del 2023, la produzione domestica di vetture ha totalizzato 541.000 unità, marcando un aumento del 14,5% rispetto al 2022. Tuttavia, si è verificato un forte calo del 32,2% a dicembre. L’intera produzione di auto ha raggiunto le 880.000 unità nel 2023, un incremento del 10,5% rispetto all’anno precedente. La maggior parte, poco più di 520.000 veicoli, prodotti negli stabilimenti di Stellantis. Una cifra ben lontana dagli auspici del governo italiano e del Ministro Adolfo Urso che ha ingaggiato una vera e propria battaglia per convincere Carlos Tavarez ad arrivare ad almeno 1 milione di vetture prodotte e assemblate nel nostro paese. Un target che, secondo l’azienda controllata dalla Exor, potrebbe essere raggiungibile entro il 2030 ma a solo determinate condizioni di competitività. Ma a quel punto, cosa converrebbe produrre in Italia? Auto tradizionali o auto elettriche o ibride? Produrle negli impianti di Stellantis, per poi esportarle? Quanto peserà, inoltre, il contesto internazionale e la ‘guerra’ dei dazi tra Usa, Ue e Cina nell’influenzare decisioni e investimenti?
Una cosa è certa. Se in Italia non esiste, al momento, una politica industriale che possa incentivare un revival dell’industria dell’auto e nello specifico verso le nuove tecnologie, l’ecosistema italiano presenta già delle eccellenze aziendali che sono ben posizionate per beneficiare della transizione all’elettrico nel resto del mondo. È il caso di STMicroelectronics. La società di semiconduttori, italo-francese, riceverà incentivi pari a 2 miliardi di euro dal governo italiano per contribuire alla costruzione di un impianto di produzione di chip da 5 miliardi di euro in Sicilia. Questo nuovo impianto sarà il primo al mondo nel produrre semiconduttori basati sul carburo di silicio (SiC), attraverso una produzione completamente integrata e orientata a fornire microchip per i veicoli elettrici. Si tratta di dispositivi fondamentali per l’efficienza dei nuovi powertrain, dalla batteria al motore elettrico fino al controllo dell’elettronica a bordo.
Il presidente, Giorgia Meloni, ha dichiarato che l’investimento di STMicro rappresenta “uno dei più grandi in Europa nell’ambito del Chips Act” e “un risultato straordinario per l’Italia, frutto del lavoro sinergico tra istituzioni locali, Governo centrale e Commissione europea”.
STMicro sta vivendo il suo periodo più intenso, per via di alcune specifiche dell’azienda e del mercato. La ristrutturazione societaria che ha fatto sì che nessuna delle unità di business sottragga guadagni all’altra; la forte posizione sui mercati dell’auto e dell’industria (in crescita strutturale, considerando che hanno contato rispettivamente per il 41 e il 30% del fatturato nel 2023); infine, la carenza di chip ha fatto salire i prezzi che stanno aiutando a migliorare i margini dell’azienda. Dopo una flessione iniziata nel 2022 (con la crisi dei chip che ha impattato l’output del settore automobilistico), l’esposizione dell’azienda al mercato automotive in ripresa sta lentamente avendo gli effetti desiderati e sarà un driver chiave per il futuro dell’azienda.
Proprio per il suo posizionamento strategico, insieme a poche altre aziende come la tedesca Infineon (che costruirà, insieme a Tsmc e Bosch, un impianto in Germania) e l’olandese NXP Semiconductors, nel contesto europeo e della domanda crescente di chip, le sovvenzioni garantite dal governo italiano rientrano nell’ambito degli investimenti dell’Ue per la creazione di infrastrutture nazionali per la produzione di chip, analogamente al Chips Act degli Stati Uniti e al Big Fund della Cina. STMicroelectronics è stata infatti la prima azienda ad aver ottenuto l’approvazione per le sovvenzioni da parte dell’Ue. Margrethe Vestager, commissario europeo per la concorrenza, ha dichiarato: “Penso che sia davvero importante farlo, perché è anche un segnale per il resto del mondo: non si deve creare una capacità di pensare di poter possedere questo mercato, perché è così strategicamente importante per noi non avere dipendenze da un singolo fornitore”. In questo caso, il riferimento velato è a Taiwan ma anche alla Cina che sta incentivando la sua produzione domestica di semiconduttori legacy, ovvero ai nodi meno avanzati ma essenziali per supportare l’elettrificazione e la digitalizzazione del settore automotive ma non solo.
Secondo la Vestager, l’approvazione della STMicroelectronic dimostra la determinazione dell’Ue nell’avere più fornitori, e dunque sicurezza, per il suo fabbisogno di chip. E ha aggiunto: “Sono assolutamente certa che ci saranno altri investimenti anche in altri Stati e credo che arriveranno relativamente presto, ma non so dirvi quando”. E’ altresì certo che, in assenza di incentivi, i grandi produttori di chip non avrebbero rischiato investimenti così ingenti per impianti in Europa. STMicro è una società fortemente globalizzata, con foundry e uffici di R&D in Cina e nell’Asia-Pacifico, attualmente il terzo mercato regionale con il 30% del fatturato nel 2023. Ed è proprio sulla certezza della domanda europea (37% del fatturato) che il destino di STMiIcro si incrocia con la questione geopolitica sui veicoli elettrici: questi investimenti sono naturalmente connessi anche alla scommessa sull’elettrico, sulla produzione di EV e PHEV in Europa.
Perché quello che rende interessante l’investimento di STMicro in Sicilia, è la sua attenzione al SiC. Invece di utilizzare il tradizionale wafer di silicio, la STMicroelectronics utilizzerà il carburo di silicio, che ha qualità migliori per quanto riguarda la durezza, la conducibilità termica e l’espansione termica. Questo lo rende molto adatto alle applicazioni automobilistiche e industriali, comprese le celle solari e i centri dati AI. Insomma, il carburo di silicio è un altro asset fondamentale per la transizione energetica (e per la rilevanza industriale dell’Europa).
Gli sviluppi della tecnologia SiC vanno di pari passo con le altre ricerche sui chip “post-silicio”. Si tratta di un aspetto cruciale, soprattutto perché la legge di Moore, secondo la quale il numero di transistor nei chip raddoppia ogni due anni, sembra sia arrivata al capolinea in termini fisici e ingegneristici. Questa nuova struttura della STMicro mira a integrare tutte le attività di ricerca e sviluppo dell’azienda sui chip SiC, compreso il lavoro sui processi, la progettazione dei prodotti, il packaging e altro ancora. Un’integrazione che, invece, è sostanzialmente il tallone di Achille di produttori come Intel che cerca di inseguire Tsmc nella produzione di chip logici avanzati.
La specializzazione di STMicro, non a caso, ha attirato nuovi ed emergenti clienti dal settore automotive. Nella giornata di ieri l’azienda italo-francese ha siglato con Geely Automobile, tra i principali produttori di EV cinesi, un accordo di fornitura a lungo termine per i microcontrollori basati sul SiC. In base ai termini di questo contratto pluriennale, la STMicro fornirà a diversi marchi di Geely Auto dispositivi di potenza SiC per veicoli elettrici a batteria (BEV) di fascia medio-alta, dando impulso alla strategia di trasformazione di Geely Auto verso l’elettrificazione della flotta e garantendo prestazioni migliori alle sue auto, velocità di ricarica più elevate e autonomia di guida più estesa.
In qualità di produttore automobilistico leader sul mercato cinese, Geely Auto ha venduto un totale di 1,68 milioni di veicoli nel 2023, con vendite di Nev (“New Energy Vehicle”, incluse le full electric e ibride) che hanno raggiunto 480.000 unità, pari al 28% delle vendite totali dell’azienda. Questo volume di vendite di Nev rappresenta un aumento del 48% rispetto all’anno precedente, a dimostrazione del successo della transizione di Geely Auto verso i Nev e del suo crescente impatto nel settore. Proprio a ridosso dell’ecosistema dell’auto cinese, nel giugno 2023 STMicro e Sanan Optoelectronics, leader cinese dei semiconduttori, hanno annunciato la creazione di una nuova joint venture per la produzione di dispositivi SiC da 200 mm a Chongqing, in Cina. Questa struttura supporterà le esigenze dei clienti cinesi mentre la STMicro collaborerà con un numero maggiore di case automobilistiche cinesi, clienti industriali e fornitori di soluzioni SiC, per accelerare il ritmo dell’elettrificazione in Cina (e, forse, anche dell’espansione di Byd, Nio e la stessa Geely all’estero?).
In questo scenario, è dunque evidente che gli investimenti in nuovi impianti produttivi di chip in Europa siano legati soprattutto al destino dell’elettrificazione del parco auto, che rimane il settore trainante per i chipmakers europei (con l’unica eccezione di Asml). Dal punto di vista industriale, molte case automobilistiche – soprattutto quelle tedesche – hanno ancora all’attivo buona parte della produzione delocalizzata in Cina e non stupisce come siano tra le principali oppositrici all’eventuale imposizione di dazi da parte della Commissione europea a conclusione dell’indagine anti-dumping sulle auto elettriche cinesi. Una mossa che verrà posticipata dopo i risultati delle elezioni di questo weekend, in attesa di capire la direzione politica della prossima Commissione.