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Perché la Cina osserva l’Iran senza mostrarsi coinvolta

“Sicuramente, come nel round di attacco a contrattacco di qualche tempo fa fra Israele e Iran, la Cina molto probabilmente preferisce che non ci sia una risposta iraniana, così che si possa evitare una escalation regionale”, spiega Ghiselli (Fudan Un.)

La Cina aspetta la rappresaglia iraniana contro Israele (legata all’eliminazione a Teheran del leader di Hamas, Ismail Haniyeh) consapevole dei rischi che essa può produrre, e sceglie una linea ambigua, apparentemente inerte. Il Soufan Center dice che attorno a Teheran si muovono “messanging, deterrence, diplomacy” (d’altronde a questo servono manovre e attività in cui è impegnata anche l’Italia). Ma mentre gli altri si affannano, la Cina cerca di porsi in posizione terza, apparentemente distaccata. E nonostante il rischio profondo della rappresaglia sia il caos, con una potenziale guerra tra Israele e Iran. E questo non conviene alla Cina.

Nei giorni scorsi, per esempio, il capo della diplomazia del Partito/Stato cinese, il ministro degli Esteri Wang Yi, ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo iraniano. “La Cina sostiene l’Iran nel difendere la sua sovranità, sicurezza e dignità nazionale in conformità con la legge, e nei suoi sforzi per mantenere la pace e la stabilità regionali, ed è pronta a mantenere una stretta comunicazione con l’Iran”, dice la comunicazione pubblica dopo la telefonata. A me sembra un modo per mandare un doppio messaging. Innanzitutto, Wang vuole dire a quella parte di mondo che guarda ciò che che accede senza le lenti occidentali che comprende la posizione iraniana; ed è importante, perché l’eliminazione di Haniyeh a Teheran corrisponde a un atto di guerra, anche per questo Israele non l’ha rivendicata. Poi parla alla Repubblica islamica e nella mia interpretazione, Pechino sta dicendo qualcosa di simile a: vi campiamo, avete tutte le ragioni, ma gestite la situazione con autocontrollo perché più di questo non vogliamo esporci.

“Sicuramente, come nel round di attacco a contrattacco di qualche tempo fa fra Israele e Iran (era aprile, lo scambio fu coreografico e segui un bombardamento israeliano sul consolato iraniano di Damasco, ndr), la Cina molto probabilmente preferisce che non ci sia una risposta iraniana, così che si possa evitare una escalation regionale che nessuno vuole e, allo stesso tempo, preservare la narrazione che l’Iran sia un attore responsabile mentre Israele, e quindi gli Usa, sono le vere fonti di instabilità regionale”, Andrea Ghiselli, docente alla Fudan University e capo della ricerca del progetto ChinaMed.

Questo elemento è molto importante perché rende chiaro quanto la Cina pensi in termini strategici e ampi. Ma nel caso in cui ci sia una rappresaglia iraniana? “La sostanza non cambierebbe molto, cioè è chiaro che la Cina ha già impostato la sua narrazione di quello che sta succedendo. Al massimo, le azioni iraniane verrebbero dipinte come limitate e, in tutti i casi, dovute in risposta alle provocazioni israeliane”.

La Cina, con una mossa di opportunismo diplomatico, ha portato lo scorso anno iraniani e sauditi a firmare un accordo di normalizzazione delle relazioni (qui per chi vuole un’analisi più ricca su quell’accordo). Il tavolo di Pechino ha sfruttato un processo negoziale avviato da tempo (da omaniti e iracheni soprattutto): questo dovrebbe avere un peso nella valutazione della situazione fatta a Pechino. “Ovviamente, la sfida aggiuntiva per la Cina nel caso di un contrattacco iraniano sarebbe assicurarsi quantomeno il beneplacito saudita/arabo per non interrompere quel processo di riavvicinamento fra iraniani a sauditi inaugurato a Pechino e diventato un punto fondamentale nel come la Cina si pone nella regione. il problema vero potrebbe essere nel caso in cui la rappresaglia iraniana non sia limitata e diventerebbe estremamente difficile gestire l’evoluzione della situazione regionale”.

“Non è quindi sorprendente che i ministri degli esteri cinesi e iraniani si siano già sentiti telefonicamente qualche giorno fa, con Wang Yi che sondava le intenzioni del governo iraniano. Allo stesso tempo, come discusso dai ricercatori del ChinaMed Project i cinesi tengono gli occhi aperti sulla situazione domestica iraniana, consapevoli che il nuovo presidente Masoud Pezeshkian che si trova già ad affrontare una situazione drammatica dal punto di vista economico e una crisi con Israele potrebbe rendere il tutto ancora più difficile”.

(Questa analisi è tratta dalla newsletter “Indo Pacific Salad” curata da Emanuele Rossi. Per iscriversi, seguire questo link)

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