La presidente del Consiglio conferma che non si tratta di progetti “calati dall’alto, ma di un percorso che facciamo insieme ai leader, ai governi e ai popoli africani, mobilitando anche il settore privato”. La traccia indicata dal titolare della Farnesina, che ha in programma nei prossimi tre mesi altri viaggi in Senegal, Marocco e Mauritania, è che “il Mediterraneo non sia più cimitero di migranti ma grande mare di commercio, passaggio in cui l’Italia può essere protagonista”
Sono due gli elementi del Piano Mattei che, oltre all’architettura finanziaria data dal combinato disposto di GRAf e Plafond Africa, previsto dal D.L. 89/2024 del 29 giugno (che consente a Cassa depositi e prestiti di elargire finanziamenti da 500 milioni), contribuiscono a dare sostanza all’iniziativa del governo: la cosiddetta “Quota Attanasio” per l’internazionalizzazione delle imprese italiane e gli obiettivi geopolitici, tra cui quello di disinnescare positivamente le tensioni regionali.
Quota Attanasio
Il nuovo strumento finanziario per l’internazionalizzazione delle imprese italiane prevede un fondo da duecento milioni di euro destinato a realtà imprenditoriali operanti nei Paesi africani o che lì hanno già relazioni. Uno slancio dall’Italia, come l’ha definito il ministro degli Esteri Antonio Tajani, al fine di “realizzare collaborazioni imprenditoriali durature e di mutuo beneficio”. Il nome dato al fondo è quello dell’ambasciatore che perse la vita nel 2021 in Congo e si rivolge essenzialmente alle Pmi di piccolissima taglia. La dotazione iniziale era di quattro miliardi, ed il fondo è stato riattivato con circa due miliardi grazie al decreto Sostegni-Bis: lo scorso tre giugno la piattaforma è stata resa operativa ottenendo in sole ventiquattro ore tremila richieste.
La traccia indicata dal titolare della Farnesina, che ha in programma nei prossimi tre mesi altri viaggi in Senegal, Marocco e Mauritania, è che “il Mediterraneo non sia più cimitero di migranti ma grande mare di commercio”, passaggio in cui “l’Italia può essere protagonista”. Una centralità che l’Italia ha garantito a tutti i suoi interlocutori anche grazie alla partecipazione attiva di braccia operative come le agenzie Simest, Ice, Sace, sotto l’ombrello di Cdp.
Il macro obiettivo è costruire partenariati caratterizzati dalla formula “win-win”, ovvero che abbiano un vantaggio reciproco per tutti i soggetti participanti alle iniziative tra i due Paesi, nella consapevolezza che entro un anno la popolazione africana toccherà quota un miliardo e mezzo di persone, con la prospettiva di formare una nuova classe dirigente e, conseguentemente, creare opportunità di partenariato con “ampi margini di sviluppo”, come osservato dalla sottosegretaria agli Esteri Maria Tripodi, soprattutto per aziende impegnate in settori quali “energia, infrastrutture fisiche e digitali, agroalimentare e manifatturiero”.
Come osservato dalla presidente del Consiglio nella sua recentissima intervista a Tempi, il Piano Mattei è un altro esempio su cui l’Italia “può fare la differenza, essere eccezione, non un elenco di buone intenzioni, ma un piano molto concreto che individua alcuni precisi settori di intervento sui quali l’Italia può dare il suo contributo”. E aggiunge che non si tratta di progetti “calati dall’alto, ma di un percorso che facciamo insieme ai leader, ai governi e ai popoli africani, mobilitando anche il settore privato, una cooperazione da pari a pari, che produce benefici per tutti e che sa dare un’alternativa di sviluppo e crescita all’immigrazione forzata, perché il primo diritto che dobbiamo garantire è quello di non essere costretti ad abbandonare la propria terra per avere un’esistenza dignitosa”.
Gli obiettivi geopolitici
Al primo punto, disinnescare positivamente le tensioni regionali, in un frangente caratterizzato da un lato dal disimpegno francese in Sahel e dall’altro dalla presa di potere di due interlocutori di sostanza, come la brigata Wagner che “guida” golpe e cambi di regime, e la penetrazione cinese a fini energetici e infrastrutturali. Esempio concreto è il Niger ad un anno dal golpe degli ufficiali dell’esercito, guidati dal colonnello Abdourahamane Tchiani, che annunciarono l’arresto del presidente Mohamed Bazoum. Per cui se da un lato il Paese si allontana dall’Ecowas, ovvero la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, dall’altro ha siglato un patto di ferro con le tre nazioni vicine, sotto il comune denominatore di una sfiducia verso le potenze occidentali a cominciare dalla Francia. Un quadro altamente destabilizzato, in cui la presenza dell’Italia è elemento positivo.
Come sottolineato dal ministro della Difesa Guido Crosetto in occasione dell’informativa di oggi alla Camera, la presenza italiana in Niger dimostra l’impegno del governo italiano per il continente e rappresenta un approccio “assolutamente coerente” con i piani del governo verso l’Africa e con il Piano Mattei. Il Paese dell’Africa occidentale rimane pervaso da una situazione fluida: assieme a Mali e Burkina Faso punta a creare un’alleanza golpista che rappresenti un’alternativa all’Ecowas, con il favore della Russia, mentre i Paesi Ue non hanno ancora una strategia unitaria e comune.