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Sottomarino affondato. Il giallo che fa gioco alla Cina

Forse non era nucleare, forse è un esperimento per un piccolo sottomarino nucleare di nuova generazione, o forse non è affondato proprio nulla. Quando si tratta di discutere della Cina, e in particolare delle sue Forze armate, la certezza non è mai garantita, e questo è esattamente quello che vuole Pechino

L’emergere di nuovi dettagli circa il sottomarino che sarebbe affondato in Cina mentre era ancora all’ancora, benché non confermati definitivamente, permette di ampliare lo spettro di analisi e di interrogarsi sulle prossime mosse della Marina dell’Esercito popolare di liberazione (Plan). Meglio partire da quel che è certo (ben poco): il sottomarino in questione, affondato o meno, non rientra tra i modelli attualmente in servizio e rappresenta sicuramente uno dei tentativi della Plan di aggiornare i sistemi a propria disposizione. Questo possiamo dirlo non solo in base alle dimensioni, ricavate dall’analisi delle foto satellitari scattate in maggio che lo ritraevano ancorato al molo, ma anche dalla forma a X del timone, che basta a distinguerlo dagli altri sottomarini attualmente in servizio presso la Plan. Passando poi all’alimentazione del cosiddetto “Type 041 Zhou”, bisogna fare un distinguo sulle capacità dei cantieri navali cinesi. Lo stabilimento presso il quale il sottomarino è stato fotografato, nella provincia di Wuhan, non risulta abilitato alla costruzione di reattori nucleari, tantomeno alla loro gestione. Tuttavia, resta l’ipotesi che il cantiere di Wuhan avesse solo il compito di preparare lo scheletro del nuovo mezzo (tecnicamente in grado di alloggiare un piccolo reattore), il quale sarebbe stato poi spostato verso altri cantieri, come quello di Huludao nel Liaoning, per ultimare l’installazione del reattore e il rifornimento di carburante fissile. Viene poi da capire di che tipo di assetto stiamo parlando. Quella dei sottomarini è una categoria vasta, e il sempre maggiore focus sulle capacità underwater sta ulteriormente ampliando la pletora di possibili configurazioni. Usualmente, sottomarini più grandi (e alimentati da reattori nucleari) sono dedicati alla deterrenza strategica, mentre quelli più piccoli, progettati per essere rapidi e furtivi, prevedono un impiego operativo di natura tattica, ad esempio la caccia ad altri sottomarini e navi di superficie.

L’idea di un “piccolo” sottomarino nucleare aveva già cominciato a circolare in primavera, quando Du Wenlong, ex colonnello del Pla prestato alla televisione, aveva pubblicato un articolo che discuteva le potenzialità di questa configurazione. Secondo Du, puntare sull’estendere l’autonomia operativa dei sottomarini d’attacco (Ssk) mediante l’implementazione di un reattore ad alimentazione nucleare di dimensioni ridotte potrebbe rappresentare un vantaggio importante sui competitor della Cina nel teatro Indo-Pacifico. Se si escludono infatti Stati Uniti e Regno Unito, nessuno degli altri Stati presenti in quelle acque dispone di sottomarini nucleari e la stessa Australia, che tramite il programma Aukus cerca di recuperare, fatica a fare progressi. Un ultima riflessione riguarda poi le capacità missilistiche del sottomarino. Le dimensioni dello scafo (lungo tra gli 82 e gli 85 metri, per un tonnellaggio massimo stimato intorno alle 4mila tonnellate), permetterebbero l’installazione di celle missilistiche per il lancio verticale (Vls), sistema di cui i sottomarini cinesi attualmente in servizio sono sprovvisti. Questo sistema di lancio, che nelle Marine occidentali rappresenta quasi un must, garantisce un rateo di fuoco maggiore e tempi di ricarica minori rispetto ai tubi lanciasiluri. Se confermata, questa informazione confermerebbe il progressivo miglioramento qualitativo, oltre che quantitativo, della Marina cinese.

La segretezza è parte stessa della strategia cinese

Come accennato, la discussione delle notizie che vengono dalla Cina impone spesso a chi scrive l’utilizzo estensivo del condizionale. Come si può notare dall’esame dei siti web e delle testate cinesi, l’alone di mistero che copre le attività delle Forze armate di Pechino non si dipana una volta all’interno dei confini della Repubblica popolare, ma si fa semmai più fitto. La segretezza, le teorie e la speculazione rientrano nella mentalità strategica cinese, la quale prende non a caso ispirazione, tra gli altri, dalle massime di Sun Tzu, che ravvisava nell’utilizzo di stratagemmi per confondere l’avversario lo strumento principe per ottenere un vantaggio bellico. Questa segretezza che copre estensivamente le capacità militari di Pechino porta spesso il dibattito a impantanarsi su posizioni polarizzate: da un lato chi sostiene che la Cina nasconda capacità devastanti che verranno rivelate al momento giusto, dall’altro chi afferma che la segretezza serva unicamente a coprire un sistema corrotto, inefficiente e arretrato. Come spesso accade, è probabile che la verità si trovi in mezzo. È possibile che la stessa Cina non abbia piena contezza delle proprie capacità. Difficile d’altronde essere sicuri, soprattutto considerando che il Pla non combatte da decenni e che la stessa guerra d’Ucraina ha dimostrato l’innegabile superiorità degli equipaggiamenti occidentali su quelli russi, su cui buona parte degli assetti cinesi sono progettati. Tuttavia, idee vaghe e fiumi di speculazioni fanno gioco a Pechino, che conta proprio su queste insicurezze per fare leva su rivali e partner. Fintanto che la Cina non scende in campo o non rivela di più, le proprie Forze armate possono essere al contempo le migliori al mondo oppure il più grande bluff di sempre (Iraq e Russia docent). Insomma, una “Cina di Schrödinger”che sfrutta questa condizione per tenere sulle spine i rivali ed esercitare in contemporanea un ascendente di potenza emergente su tutti gli altri Stati.


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