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Due anni di governo tra luci e ombre. Gaffe, riforme e politica estera lette da Dini

Un bilancio a luci e ombre. Due anni di governo tra riforme, gaffes e posizionamento politico internazionale. È prioritario separare le carriere dei magistrati per evitare commistioni tra accusa e giudici è inaccettabile. Il premierato e l’Autonomia differenziata spaccano il Paese e generano confitti. La manovra? È ragionevole grazie all’intervento del ministro Giorgetti, ma sugli extraprofitti un errore marchiano. Conversazione con l’ex premier, Lamberto Dini

“Si calmassero tutti. Il governo eserciti il suo potere, rispondendo agli elettori e al Parlamento, non alla magistratura e la magistratura svolga le sue funzioni senza sconfinamenti sulla politica”. L’ex presidente del Consiglio, Lamberto Dini, ai taccuini di Formiche.net per commentare i primi due anni dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni parte dall’ultimo feroce scontro tra toghe e politica. Allargando la linea di orizzonte, il suo è uno di quei bilanci che si definirebbe in chiaroscuro. Le premesse erano sicuramente “ottime, Meloni poteva sembrare la Margaret Thatcher italiana”. Poi però “la navigazione è stata molto incerta e si sono affastellate le gaffes di molti ministri ed esponenti della maggioranza a cui la premier stessa ha dovuto porre rimedio”.

Meloni è a capo di un governo di coalizione, per cui non è sempre facile trovare un punto di equilibrio tra diverse sensibilità. 

Il premier si fida solo degli esponenti di Fratelli d’Italia, nonostante molti di questi le abbiano arrecato più di un danno in termini di credibilità agli occhi dell’opinione pubblica. I governi di coalizione non sono facile, a maggior ragione con un alleato come Matteo Salvini che sta conducendo diverse battaglie per tentare di riconquistare l’elettorato perduto. Senz’altro per lei è una spina nel fianco, ma portarlo a processo per il caso Open Arms è un errore assoluto: un vicepremier risponde al Parlamento e al suo elettorato, non alla magistratura.

Lei è partito dallo scontro tra toghe e politica. Come valuta la riforma sulla quale è al lavoro in primis il guardasigilli, Carlo Nordio?

Separare le carriere dei magistrati è senz’altro una priorità per questo Paese. La commistione tra pubblica accusa e giudici è del tutto inaccettabile, per cui lavorare in questa direzione è salutare. Così come è prioritario riformare il Csm tentando di arginare il fenomeno delle correnti per le elezioni dei componenti.

È stato un errore secondo lei proporre il consigliere giuridico di Palazzo Chigi per la Corte Costituzionale?

Lo è stato nel merito. Nel senso che magari il nome da lei indicato ha anche tutte le caratteristiche per ambire a quel ruolo, ma il conflitto di interessi è evidente. Una questione di opportunità.

L’agenda di riforme di questo governo è piuttosto fitta. A due anni di mandato, qual è la sua valutazione?

Sul premierato, a più mandate, mi sono espresso in senso negativo. Si tratta di una riforma che attribuirebbe un potere smisurato al presidente del Consiglio laddove fosse eletto direttamente dai cittadini. Posto che, già ora, il segretario del partito che alle elezioni ottiene più voti diventa premier. Con questa riforma, il presidente del Consiglio avrebbe una legittimazione tale da mettere in discussione le prerogative del Capo dello Stato. Non ne abbiamo certo bisogno.

Dell’Autonomia differenziata che ne pensa?

È una storica battaglia della Lega, portata avanti in particolare dal ministro Roberto Calderoli a cui mi lega una lunga conoscenza. Devo dire però che, al pari del premierato, è una legge che crea conflittualità sociale e che spacca il Paese in due. Tra l’altro, mette in seria difficoltà il Sud in termini di competitività.

Esiste un complotto di alcuni poteri forti contro il governo Meloni?

Secondo me no, benché alcune affermazioni scomposte di eminenti esponenti della magistratura non restituiscano un’immagine propriamente lusinghiera. Ed è il motivo per cui, in premessa, ho sostenuto la necessità che ognuno faccia la sua parte senza sconfinamenti. Andrebbe dunque ascoltato l’appello rivolto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella alla collaborazione fra tutti i livelli istituzionali.

La prima, vera, Manovra fatta dal governo Meloni come si presenta?

L’errore iniziale è stato quello di voler tassare gli extraprofitti degli istituti di credito. Un passo maldestro, figlio del fatto che probabilmente a Chigi non hanno molta dimestichezza con la materia. Il tentativo, è comunque franato ed è stata invece fatta una proposta – inserita in Manovra – ritenuta accettabile da assicurazioni e banche. Nel complesso, comunque, la Finanziaria è ragionevole. Di questo bisogna ringraziare il ministro Giancarlo Giorgetti, che si è adoperato per realizzare un documento economico che potesse passare anche il vaglio delle istituzioni europee e ritenuto rassicurante dai mercati.

Capitolo politica estera. Le scelte del governo hanno rafforzato il ruolo del nostro Paese sullo scenario internazionale o l’hanno indebolito?

Meloni ha schierato l’Italia saldamente all’interno del Patto Atlantico e della Nato, guadagnandosi la stima e il rispetto di gran parte dei player europei e degli Stati Uniti stessi. In ordine al conflitto in Ucraina, ha fatto una scelta eticamente corretta – Putin ha invaso un Paese sovrano, commettendo il più grave errore della sua vita politica – ma economicamente svantaggiosa per l’Italia. Il nostro Paese aveva tantissimi accordi di fornitura con la Russia, che garantivano in particolare al nostro sistema produttivo l’approvvigionamento energetico a prezzi tutto sommato sopportabili. All’indomani del conflitto, l’Italia ha interrotto questi rapporti trovandosi a dover pagare le forniture energetiche a prezzi altissimi. La spirale inflazionistica è stata terribile e ha gravato su cittadini e lavoratori.


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