Skip to main content

Cosa ha fatto il governo Meloni in due anni a Palazzo Chigi

Una ricognizione sui dossier internazionali, partendo dagli obiettivi che il premier si era posto nel suo primo discorso alle Camere per la fiducia. L’Italia è primo contributore occidentale alle missioni Onu, alle operazioni Ue e alle missioni Nato. Anche per questa ragione il governo ha manifestato un interesse preciso per ambiti innovativi, come i nuovi domini: spazio, cyber e dimensione subacquea

Autorevolezza e centralità a livello internazionale. Questa la rivendicazione che il presidente del consiglio Giorgia Meloni ha più volte manifestato alla voce politica estera e difesa. Molteplici gli ambiti di azione dell’esecutivo in questi 48 mesi, dall’Ucraina alla crisi energetica, dal G7 al Piano Mattei, dal fronte sud al Mar Rosso, passando per IA e per le relazioni con Ue e Nato. A due anni esatti dalla nascita del governo Meloni I, ecco una ricognizione sui dossier internazionali, partendo dagli obiettivi che il premier si era posto nel suo primo discorso alle Camere per la fiducia.

Le otto azioni

Il governo Meloni, già nella top ten dei più longevi della storia italiana, oltre ad essere il primo nella storia d’Italia ad essere guidato da una donna, si è caratterizzato per una spiccata operosità sul piano internazionale, anche a causa di una serie di contingenze e di emergenze. Otto le azioni che il governo rivendica di aver messo in campo in questo biennio: Italia protagonista nella Ue e nella Nato, coerenza e credibilità di fronte alle crisi geopolitiche, una centralità del Mediterraneo allargato, sostegno all’integrazione dei Balcani Occidentali nella Ue, un rapporto equilibrato con la Cina attraverso il nuovo partenariato strategico, le nuove connessioni con l’Indo-Pacifico, un rapporto da pari a pari con l’Africa e il Sud Globale e un rinnovato legame con l’America Latina.

“L’Alleanza atlantica garantisce alle nostre democrazie un quadro di pace e sicurezza che troppo spesso diamo per scontato; è dovere dell’Italia contribuirvi pienamente, perché, ci piaccia o no, la libertà ha un costo e quel costo, per uno Stato, è la capacità che ha di difendersi e l’affidabilità che dimostra nel quadro delle alleanze di cui fa parte”. Questo uno dei passaggi “internazionali” del primo discorso di Meloni in Parlamento.

Ucraina 

Sulla guerra a Kyiv la postura di Meloni e di FdI, sin da prima di salire a Palazzo Chigi, è stata quella di un sostegno all’Ucraina invasa nel solco del rispetto di leggi, trattati internazionali e sovranità territoriale nazionale. Una tesi che è “entrata” convintamente in tutti i passaggi parlamentari, sia per la concessione dei pacchetti di aiuti sia per le discussioni in sede Ue e Nato a cui l’Italia ha partecipato. La cornice del G7, strategica in questa come in altre emergenze, oltre che in dossier rilevanti come il Fronte Sud, ha rappresentato per il governo un’occasione per distendere le proprie policies e rafforzare i concetti con gli alleati.

Balcani

Una delle questioni più rilevanti tocca il futuro europeo dei Balcani, che Meloni ha più volte ribattezzato “riunificazione balcanica”, con l’obiettivo di saldare il più possibile il percorso di adesione a Bruxelles di paesi chiave. In questa direzione vanno lette iniziative mirate come la conferenza di Trieste, il Vertice Ue-Balcani occidentali, le numerose missioni in quelle aree di premier e ministri, le conferenze bilaterali tra camere di commercio che hanno avuto l’obiettivo di sottolineare la traccia impostata del governo: ovvero che l’Europa non potrà dirsi unità finché i Balcani occidentali non saranno effettivamente dentro l’Ue.

Non sfuggirà, inoltre, che la posizione strategica dell’Italia è elemento positivo per Roma, affinché possa approfondire le sue relazioni con tutti i Paesi del costone balcanico, anche in considerazione del fatto che l’Italia per storia, tradizione e cultura riesce ad interloquire sia con i paesi di religione cattolica che con quelli di credo musulmano (e la presenza italiana in Kosovo con la Kfor lo dimostra). In questa direzione il lavoro italiano “atlantico” è molto prezioso a quelle latitudini anche per limitare in qualche modo le penetrazioni di super players esterni.

Gaza

L’Italia e il governo sono e restano dalla parte del diritto internazionale a sostegno del popolo israeliano e palestinese. Inoltre l’iniziativa “Food for Gaza” e le cure mediche ai bambini palestinesi in Italia dimostrano plasticamente come il governo ha inteso dare sostanza alle dichiarazioni di intenti, come emerge dall’ultimo intervento in ordine di tempo del premier, oggi ai lavori del G7 Sviluppo a Pescara quando ha osservato che in Medio Oriente è necessario “affiancare agli sforzi diplomatici un binario parallelo umanitario su cui dobbiamo impegnarci con la stessa determinazione: su questo fronte l’Italia sta già facendo la sua parte”.

Il riferimento è nello specifico ai 17 milioni di euro già stanziati a favore degli sfollati libanesi e delle comunità ospitanti, oltre ai 5 milioni dper l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi (Unrwa). Inoltre nella Striscia sono giunte quasi 48 milioni di tonnellate di beni alimentari in favore della popolazione palestinese. “Non bisogna dimenticare neanche gli sfollati israeliani vittime degli attacchi di Hezbollah, cosi’ come i rifugiati siriani. La posizione italiana eè molto chiara: occorre rivedere la Strategia dell’Ue per la Siria affinchè i rifugiati siriani possano fare ritorno in patria in modo sicuro e sostenibile. Abbiamo inoltre deciso di rafforzare la presenza diplomatica italiana a Damasco e di sostenere l’impegno portato avanti da Unhcr. Sfide interconnesse che richiedono un modo di cooperazione completamente nuovo, abbandonando gli schemi del passato. È una sfida in cui l’Italia intende fare la sua parte”, ha concluso.

Aspides e fronte sud

Nel mezzo va segnalato il comando italiano tattico della Missione Aspides nel Mar Rosso e l’investimento nel cosiddetto fronte sud. Sul primo punto l’Italia sta operando per salvaguardare gli interessi economici e la libertà di navigazione nell’area compresa tra Oceano Indiano e Mar Rosso, dove già opera una forza navale multinazionale a seguito dei reiterati attacchi alle navi che transitano nelle acque del Mar Rosso, Mar Arabico fino al Golfo Persico e nel Nord dell’Oceano Indiano. Appare evidente che, stando così le cose, la missione europea proseguirà, anche perché per l’Italia l’export è pari al 40% del Pil e il 40% dell’export via mare passa proprio attraverso il Mar Rosso, quindi un settore vitale. Un mese fa la missione è stata impegnata nel salvataggio della petroliera greca Sounion, dopo l’attacco da parte dei ribelli.

Sul secondo punto spicca da un lato l’assicurazione che Giorgia Meloni ha fatto negli Usa sull’aumento della spesa militare da parte dell’Italia, che si intreccia con le potenziali sedi del coordinamento Nato per il fronte est e ucraino, ma anche la potenziale sede del coordinamento Nato per il Fronte Sud. Su quell’aspetto il governo punta molto, sia perché la connessione con l’indopacifico è strategica per le politiche del prossimo ventennio (come il progetto del caccia Gpac che Italia ha in piedi con Regno Unito e Giappone), sia perché si intreccia con le mire in Africa, candidandosi ad essere un macro tema del medio-lungo periodo.

Piano Mattei

Altro punto centrale l’Africa, con il Piano Mattei per proporre e realizzare una cooperazione diversa rispetto al passato con il continente africano, basata su un approccio non predatorio. La cooperazione da pari a pari, secondo il premier, si affianca in maniera virtuosa ad uno sviluppo reciproco, su base bilaterale e regionale in settori chiave come l’agricoltura, la formazione, la salute, l’immigrazione. Il Vertice Italia-Africa ospitato a Roma lo scorso gennaio ha inteso presentare la progettualità ad una serie di interlocutori sia africani che internazionali.

Al momento sono 5 i miliardi di euro in progetti messi a terra per intese con Egitto, Tunisia, Kenya e Rwanda, a cui si sommano iniziative come la tutela del Bacino del Congo e la “Misura Africa”, a partire da 200 milioni, per investimenti a sostegno dei processi di transizione digitale ed ecologica e per il rafforzamento patrimoniale, all’acquisto di beni e macchinari da parte della Farnesina.

L’idrogeno verde con la Tunisia, i 120 milioni di Sace per il Benin, la tutela del Bacino del fiume Congo, gli intrecci energetici in Paesi come Senegal, Marocco e Mauritania, le interlocuzioni virtuose dell’Eni, oltre alla volontà di mettere in discussione i modelli adottati fino a ieri.

Il tutto in un contesto che ha visto, da un lato, il disimpegno francese dal Sahel e, al contempo, l’iper penetrazione di due realtà molto permeanti come Wagner e Cina. L’Italia, rivendica il governo, è primo contributore occidentale alle missioni Onu, alle operazioni Ue e alle missioni Nato. Anche per questa ragione il governo ha manifestato un interesse preciso per ambiti innovativi, come i nuovi domini: spazio, cyber e dimensione subacquea.



×

Iscriviti alla newsletter