Il fenomeno del dossieraggio è sempre esistito. Ora la rivoluzione digitale ci impone di alzare i livelli di garanzie non solo per i politici, ma per il sistema Paese: dall’impresa alla Pubblica amministrazione. E non è una teoria del complotto. Il campo largo? Schlein ha più di un problema. Colloquio con il presidente della fondazione Magna Carta, Gaetano Quagliariello
Il problema del dossieraggio “è sempre esistito” ma adesso “sta assumendo forme e proporzioni preoccupanti” per una serie di fattori. Non è una teoria del complotto, come qualche esponente dell’opposizione invoca per attaccare il governo di centrodestra. Fra il “caso” Crosetto e le recenti notizie sull’accesso ai conti correnti dei politici occorre seriamente “pensare a un nuovo sistema di garanzie non solo per la politica, ma per il sistema Paese”. A dirlo a Formiche.net è Gaetano Quagliariello, ex senatore e presidente della Fondazione Magna Carta.
Come raggiungere l’obiettivo di dare al Paese maggiori garanzie in ordine alla protezione dei dati?
È un naturale effetto generato dalla rivoluzione digitale che caratterizza l’attualità. Non mi riferisco esclusivamente all’intelligenza artificiale, ma a tutto l’immenso progresso digitale paragonabile – in termini di impatto – all’avvento della stampa e dell’energia elettrica. Ed è per questo che sostengo la necessità che a questo vadano adeguati i sistemi di garanzie anche per cittadini, imprese e pubblica amministrazione oltre che per la politica.
Il dossieraggio, lei dice, c’è sempre stato. Probabilmente, però, non a questa portata.
La portata è proporzionale agli strumenti attraverso i quali questo dossieraggio viene amplificato. Al momento, infatti – rispetto al passato – ci sono più strumenti per farlo e, di conseguenza, è più difficile tenerne “coperti” i contenuti.
L’opposizione sta usando questo e altri episodi per attaccare il governo. Qual è lo stato di salute del campo largo?
Schlein ha fatto un passo avanti ammettendo la possibilità che possa esistere un campo progressista, più che largo. Il vero problema è che Conte, in virtù di una rendita di posizione del tutto priva di fondamento, pretende di esserne alla guida. Senza contare i problemi del rapporto fra lui e Renzi, viziato da residui di passate contrapposizioni che ostacolano il percorso di formazione di una coalizione larga a sinistra. Che, evidentemente, per essere davvero “larga” ha bisogno della parte centrista.
Come si arriverà all’appuntamento delle Regionali?
Mi aspettavo che il campo largo sfruttasse questo appuntamento elettorale per tentare il triplete. Un’ipotesi prima probabile, ora solamente possibile. Va detto, comunque, che si tratta di un appuntamenti territoriali che vanno considerati per quello che sono, evitando facili enfatizzazioni.
Ci avviciniamo a grandi passi al secondo anniversario del governo Meloni. Qual è il bilancio?
I due pilastri, positivi, riguardano la politica estera e i conti pubblici. Sul versante estero, Meloni ha compiuto le scelte giuste e, sul piano finanziario, ha tenuto i conti in ordine. Non sono due elementi secondari. Anzi. Ora, deve fare il salto di qualità.
In che modo?
Lavorando, anche sulle opportunità della rivoluzione digitale di cui accennavo in precedenza, ma soprattutto posizionandosi come player leader sullo scenario globale. E questa posizione la si ottiene solamente se non ci si isola. Occorre fare sistema, anche internamente, “aprendosi” sempre di più verso il mondo produttivo, le grandi società partecipate e verso la pubblica amministrazione.
A proposito di sfide, al momento l’esecutivo è al lavoro sulla Manovra. Come valuta l’approccio anche alla luce dei vincoli europei?
Mi sembra che il ministro Giancarlo Giorgetti sta cercando risorse perché di quelle c’è necessità nel momento in cui accetti il Patto di Stabilità. Ma, realisticamente, la sfida per il governo non è tanto sulla manovra quanto più nella capacità di impiegare al meglio i fondi del Pnrr e di Coesione che arrivano dall’Europa. Gli unici soldi veramente a disposizione per vari investimenti. Anche su questo fronte, si gioca parte della credibilità dell’esecutivo.