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Vi spiego perché il governo Meloni può durare 5 anni. L’analisi di Galli

Conversazione con il politologo: “La premier? Abile, anche nel comunicare con un linguaggio semplice. Se durerà 5 anni? L’idea di essere il primo ministro della storia italiana che porta a compimento un’intera legislatura è una cosa talmente straordinaria che potrebbe tentare Meloni, più di quanto Meloni possa essere tentata da un’eventuale elezione anticipata in un contesto a lei favorevole”

Una politica abile, che sa parlare il linguaggio semplice della gente comune, che potrebbe durare 5 anni a Palazzo Chigi. Così a Formiche.net il prof. Carlo Galli, professore emerito di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università di Bologna e deputato col Pd nella XVII legislatura, che nel tracciare un bilancio sui primi due anni di Giorgia Meloni premier si spinge a osservare che per la destra di governo i pericoli possono venire solo da destra, “certamente non da un’opposizione che non ha la capacità di costruire il fronte largo e non ha una vera sintonia col paese”. E azzarda una previsione: se dovesse vincere Donald Trump vi sarebbe un ulteriore motivo per pensare che l’avventura di Meloni possa andare avanti abbastanza tranquillamente.

Qual è il suo giudizio complessivo sui primi due anni di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi?

La prima cosa che va considerata è che non ha perduto il consenso popolare. Questo è abbastanza notevole.

Perché non l’ha perduto?

Per un dato fondamentale: questo governo si regge fondamentalmente sulla persona e sulla personalità della Presidente del Consiglio, la quale è piuttosto abile politicamente. Vuole dare l’impressione (e ci riesce) di prendere sul serio i problemi, le difficoltà e le sofferenze della parte di società che la vota. E lo fa adoperando il buon senso, cioè non un linguaggio schermato, quello per intenderci dei professionisti della politica, ma il linguaggio comune con cui la gente parla. Ciò le dà un vantaggio notevole sopra il resto dello spettro politico e soprattutto rispetto ad un’opposizione che non è entrata in sintonia con l’Italia, meno che mai con l’Italia profonda.

Per cui abbiamo una Presidente del Consiglio che è in qualche modo populista ma a doppio registro: ogni tanto apertamente populista, molto accesa, e questo sicuramente non va bene, secondo me, ma insomma lei è così; e comunque nei suoi calcoli questo lato della sua personalità e della sua comunicazione funziona. Dall’altra parte come si è detto è popolare. Nondimeno, i risultati concreti di questo governo non sono per niente clamorosi.

A cosa si riferisce?

Questo è essenzialmente un governo di galleggiamento, non di vero cambiamento. L’impressione che dà e che riesce a dare è di non perdere la sintonia con il proprio elettorato. Il che dopo due anni è già parecchio, soprattutto dopo avere fondamentalmente disatteso le promesse elettorali. Che erano promesse molto azzardate, che probabilmente nessuno avrebbe potuto onorare e rispettare. E comunque sia, oggi non sono state rispettate: penso alla forte polemica contro l’Europa. Meloni si è distanziata dalla Ue solo perché non ha proceduto alla ratifica del Mes, anche se in realtà questo è un compito del Parlamento, e non ha votato la von der Leyen. Ma questo non l’ha collocata fuori o contro l’establishment europeo, dentro il quale resta.

Sulla politica estera l’ha convinta?

La posizione contro la Russia è stata sposata da Meloni senza la minima difficoltà, con una linea ultra-atlantista. Non si è distinta in alcun modo dalle forze mainstream, per cui ha galleggiato dando qualche contentino ad alcune corporazioni e togliendo qualcosa a coloro che hanno perso le elezioni, come il reddito di cittadinanza. La cosa più di destra che ha fatto è stata la legge contro l’utero in affitto, un gesto determinato dalla volontà di ottenere almeno su un punto la benevolenza della Chiesa, che sui migranti invece mostra una certa freddezza verso Meloni, benché la linea di questa non sia la stessa di Salvini.

Aggiungo che il caso Albania al momento è una sconfitta chiara della premier, ma potrebbe trasformarsi in un buon asset, perché le permetterebbe di insistere molto contro l’Europa matrigna, contro la supremazia del diritto europeo rispetto al diritto nazionale, contro la magistratura rossa che fa invasione di campo. Per cui alla fine, probabilmente, non verrà penalizzata dagli elettori. Ma tranne la Presidente del Consiglio, il resto della squadra di governo non presenta grandi personalità.

Ha detto che il governo poggia essenzialmente sulla leadership del Presidente del Consiglio. Le chiedo quali sono le differenze, oltre che politiche anche di postura, con due altri governi guidati da due leader riconosciuti, come per esempio Berlusconi e Renzi.

Berlusconi era molto più carismatico di Meloni, ma questa non è una critica a Meloni perché carismatici si nasce. Berlusconi era dotato anche di una capacità economica infinitamente superiore, ovviamente, ed era continuamente alla ricerca del consenso, quasi infantilmente. Meloni è alla ricerca del consenso, come tutti i politici, però in modo un po’ meno sfacciato. Diciamo che Berlusconi era assolutamente fuori misura, sembrava bisognoso del consenso popolare. Di Renzi invece preferisco non parlare, perché per me è stata una presenza sostanzialmente effimera nella politica nazionale: mentre Berlusconi è durato ed è stato un fattore che ha cambiato molto dello stile politico italiano, Renzi ha avuto in mano l’Italia ma per poco. Ed è presto passato dal 40% al 2% e ha sostanzialmente delegittimato il Partito Democratico agli occhi di almeno metà dei suoi elettori, immettendo nel partito virus neoliberali da cui non si è ancora liberato.

Inoltre Renzi non è simpatico, mentre Berlusconi lo era. E Meloni magari non è simpatica quanto Berlusconi, ma a volte riesce ad essere accattivante, anche perché la prima donna presidente del Consiglio. Renzi lo ricorderemo per aver abolito l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, il che non è un titolo di merito, almeno a mio parere. Berlusconi ha fatto molte cose, e molte sono state un male, secondo me, ma ne ha fatte davvero tante, cioè ha cambiato parecchio l’Italia. Meloni vedremo se commetterà lo stesso errore di Renzi, cioè di affidare tutta la propria avventura politica a un referendum, per perderlo: è possibile ma non è detto. È una politica molto abile.

Alla luce delle sue riflessioni, ci sono buone chances che il governo termini il suo mandato di cinque anni?

Difficile ma non impossibile, mentre di ogni altro governo che ho conosciuto nella mia ormai lunga vita avrei detto senz’altro che è impossibile. Mi spiego: le difficoltà ci sono tutti i giorni, e il passo falso è dietro l’angolo, compreso il calcolo da parte della stessa Meloni di avere eventualmente un giorno un vantaggio nell’andare a elezioni anticipate. Ma certamente il fatto di essere il primo premier della storia italiana che porta a compimento un’intera legislatura è talmente straordinaria che potrebbe tentare Meloni più di quanto possa essere tentata da eventuali elezioni anticipate, anche in un contesto a lei favorevole. Aggiungo che i pericoli per la destra possono venire solo da destra, certamente non da questa opposizione che non ha la capacità di costruire il campo largo e non ha una vera sintonia col Paese. E se negli Usa dovesse vincere Donald Trump vi sarebbe un ulteriore motivo per pensare che l’avventura di Meloni possa andare avanti abbastanza tranquillamente.


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