Il costo dei titoli decennali non decolla e scende sotto il 2%. Segno di un’economia ancora troppo debole nelle sue fondamenta. Ma non solo
Ancora tre settimane e poi il 2025 della Cina sarà cominciato. Almeno per l’Occidente, visto che il calendario cinese, a cominciare dal Capodanno, segue sempre logiche diverse. Eppure è già tempo di fare due calcoli. Pochi giorni fa Formiche.net ha raccontato come anche il prossimo anno, uno dei comparti strategici dell’economia cinese, il mattone, non ripartirà. Anzi. Adesso però c’è un’altra spia a far drizzare le antenne a Pechino e riguarda i rendimenti sui titoli decennali del Dragone.
I quali viaggiano in queste ore ai minimi da 22 anni, sotto il 2%. Questo vuol dire essenzialmente tre cose. Primo, il costo del debito è relativamente basso per Pechino, il che vuol dire che per le casse cinesi piazzare i titoli non comparta un onere così elevato. Ma, secondo, che l’economia del Dragone rimane molto poco vitale, cosa peraltro di cui sono convinti non pochi economisti. Nel dettaglio, i rendimenti delle obbligazioni sovrane a 10 anni, sono scesi fino all’1,99% in queste ore, il loro livello più basso da aprile 2002. Mentre quelli legati alle obbligazioni a 30 anni sono scesi di 3,1 punti base al 2,17%.
Come si spiega questo crollo del costo del debito? La risposta non è una sola. Da una parte gli analisti affermano che gli investitori puntano su ulteriori tagli dei tassi e sui depositi che le banche, già nelle prossime settimane. Dunque prevedono un allentamento monetario da parte della Banca centrale cinese entro un termine piuttosto breve. Ma c’è anche un problema di scarsa crescita, che non spinge i rendimenti. “Le aspettative di un taglio dei tassi, le condizioni di liquidità favorevoli e i deboli fondamentali economici hanno spinto i rendimenti verso il basso”, hanno scritto alcuni analisti”.
“Il forte calo dei rendimenti evidenzia le sfide persistenti nell’economia cinese: gli indicatori economici domestici più ampi hanno mostrato pochi miglioramenti. E senza uno stimolo fiscale significativo, la Cina rischia di cadere in una trappola deflazionistica,” ha avvertito Edmund Goh, direttore degli investimenti presso Abrdn. E perde colpi anche lo yuan. Il quale si è indebolito dello 0,45% lunedì, scambiando a 7,2per dollaro, segnalando un sentimento di cautela tra gli investitori. Nel frattempo, il divario dei rendimenti tra i titoli di stato cinesi e i Treasury statunitensi rimane significativo, con i rendimenti a 10 anni degli Stati Uniti che superano il 4%.