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Vi racconto l’eredità umana e politica della Democrazia Cristiana. Parla Bonalberti

Popolarismo e antifascismo sono sempre stati i capisaldi dell’azione politica democristiana, raccontata nel libro di Ettore Bonalberti e Tommaso Stenico. I valori del popolarismo restano, ma il contesto politico è problematico per un’eventuale formazione centrista. La capacità dei politici democristiani? La capacità di fare sintesi. Conversazione con il co-curatore Bonalberti

Non ha la pretesa di essere un saggio storico, ma ha la portata di un’antologia. È un lungo viaggio nella vita “umana e politica” di alcuni fra i più eminenti rappresentanti della gloriosa Democrazia Cristiana. Il volume, curato da Ettore Bonalberti e Tommaso Stenico, presentato in Senato qualche giorno fa, porta il nome del partito-Stato nel titolo: A scuola di Democrazia Cristiana (Ebts edizioni). Ed è proprio Bonalberti, sulle colonne di Formiche.net, a raccontare lo spirito e la genesi di questo volume.

Nei decenni, dopo il 1994, sono usciti tantissimi libri dedicati alla storia della Dc e ai personaggi che ne hanno portato il vessillo. Cos’ha questo testo di differente rispetto agli altri?

Lo spirito. È vero, negli anni sono stati numerosi i testi dedicati alla storia della Democrazia Cristiana e ai principali esponenti. Noi, però, siamo partiti dall’idea di raccontare e ricostruire le biografie umane e politiche dei principali esponenti della Dc. Affrontando questa impresa, ci siamo imbattuti in una serie di costanti che hanno caratterizzato l’agire politico di questi personaggi.

A cosa si riferisce in particolare?

Ai principi che hanno ispirato i politici democristiani. Dall’ultimo dei consiglieri comunali nei paesini più remoti delle periferie italiane, fino al presidente del Consiglio. Il cardine attorno al quale tutto si sviluppava era l’antifascismo. Parallelamente, una forte presenza nel tessuto sociale delle comunità in cui il partito esprimeva la propria rappresentanza. Basti pensare, ad esempio, che Mariano Rumor fu – prima di tutto – il presidente della Acli di Vicenza. Insomma il binomio, che ha caratterizzato anche l’azione politica di persone del calibro di Alcide De Gasperi era sempre: antifascismo e popolarismo.

I politici democristiani erano riconoscibili per la capacità di mediare e di trovare il compromesso più “utile” al bene del Paese.

Lo spirito della Dc è il doroteismo che si traduceva nella capacità di costruire alleanze. La politica era intesa come un punto di caduta fra interessi e valori. Un metodo figlio anche del sistema elettorale: il proporzionale. Di tutto questo, oggi, resta ben poco se non nei ricordi.

Resta ben poco anche della capacità di scelta che ebbe la Dc anche in politica estera.

La scelta atlantista venne fatta molto chiaramente nel 1949. L’unico strappo fu quello di Mauro Melloni (Fortebraccio). Ma sulla politica estera la linea di De Gasperi non venne mai messa in discussione. I tre pilastri furono: l’europeismo, l’atlantismo e la vicinanza a Israele.

Evitando operazioni nostalgiche, c’è spazio per una realtà politica che si ispiri alla Democrazia Cristiana?

Il problema più significativo è rappresentato dal sistema elettorale. Con un maggioritario, un polo realmente centrista non può nascere. A maggior ragione in un contesto politico così polarizzato. Resta il fatto che i valori del popolarismo restano, ma per ricomporre qualcosa di simile alla Dc occorrerebbe ripartire dai territori, dalle comunità locali. Se ci saranno leader, fioriranno da lì.

In tanti c’hanno provato, con scarsissimi risultati.

Sì, ma la verità che molti tacciono è che la Dc non è mai stata realmente sciolta. C’è una sentenza molto chiara della Corte di Cassazione su questo. Il contesto politico attuale, per una formazione centrista – comunque – resta problematico.


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