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Oltre Roma e Budapest, il ruolo di Meloni tra Usa e Ue. La versione di Speranzon

Orban in visita a Roma mercoledi. Meloni può essere considerata un costruttore di ponti in virtù della sua influenza a Washington e a Bruxelles. Inoltre mostra delle caratteristiche diverse dal primo ministro ungherese su multilateralismo, approccio all’Europa, guerra a Kyiv, a dimostrazione di un investimento che all’esterno può essere fatto sulla premier italiana

Mercoledì la presidente del Consiglio riceverà l’omologo ungherese a Palazzo Chigi per la terza volta in sei mesi. Sarà l’occasione per fare il punto sulle relazioni tra i due Paesi, sul ruolo di cerniera diplomatica che Giorgia Meloni può svolgere con Viktor Orban, ma anche sui tentativi di puntellare le istituzioni Ue con critiche costruttive, sulle relazioni che la Ue e la nuova commissione dovranno stabilire con l’amministrazione Trump. A ciò va sommata la concomitante parabola discendente dei governi di Francia e Berlino, con Emmanuel Macron e Olaf Scholz in grossa difficoltà per via di una possibile crisi di governo a Parigi e di imminenti elezioni anticipate a Berlino. Un elemento che contribuisce alla consapevolezza, maturata tanto a Bruxelles quanto a Washington, di un panorama europeo dove spicca la stabilità del governo di Roma, così come spiega a Formiche.net il senatore di FdI, Raffaele Speranzon.

I dossier in comune

Sono almeno quattro i punti programmatici in comune tra Roma e Budapest: Nato, natalità, Balcani, migranti. L’Italia è al fianco del battaglione multinazionale della Nato a guida ungherese. La sfida demografica è stata definita da Meloni come “una delle precondizioni che servono a costruire un’Europa forte, un’Europa che sappia tornare a essere protagonista nel mondo”. La cooperazione italo-ungherese nei Balcani, inoltre, è forte dal momento che entrambi i Paesi considerano quella macro area come strategica e la cui stabilizzazione è propedeutica alla realizzazione dell’allargamento Ue, che Meloni ha sempre definito “riunificazione”.

Sui flussi migratori i due governi sono in accordo su un punto significativo: è necessario rafforzare un approccio europeo che, anche grazie agli stimoli costanti del governo italiano, è cresciuto in seno alle istituzioni continentali, e che si può sintetizzare in quattro macro obiettivi: la difesa dei confini esterni dell’Ue; la lotta all’immigrazione illegale e ai trafficanti; lo sforzo per realizzare, assieme ai Paesi di origine, un nuovo modello di cooperazione e partenariato che abbia dei vantaggi per entrambe le parti e quindi andando incontro alle ragioni di fondo dei flussi.

In questo senso Meloni e Orban la pensano alla stessa maniera circa la sperimentazione di nuove soluzioni, come ad esempio il protocollo Italia-Albania che ha incassato anche una lettera rivolta alla Commissione Ue dalla maggioranza dei Paesi membri per chiedere di approfondire tale “soluzione da seguire”. In sostanza creare hotspot esterni per affrontare le domande d’asilo, rafforzando parallelamente i partenariati con i Paesi terzi, è la strada a cui sono interessati in molti, a partire dal Regno Unito di Keir Starmer. Il tutto mentre in Germania il governo di centrosinistra ha deciso per la chiusura delle frontiere terrestri per questioni di sicurezza, in seguito all’attentato di Solingen, ma con la finalità (anche elettorale) di far calare gli arrivi.

Cosa c’è oltre Roma e Budapest

Lo scorso 7 novembre Meloni era stata accolta da Orban a Budapest in occasione del vertice della Comunità Politica Europea. In precedenza il 24 giugno, Orban era stato a Roma alla vigilia della Presidenza di turno ungherese del Consiglio dell’Unione europea, per presentare le priorità della Presidenza ungherese. In quella circostanza il premier italiano aveva ricordato le eccellenti relazioni bilaterali tra Roma e Budapest, il fatto che l’Ungheria è un importante partner europeo, e per l’Italia “un prezioso alleato anche in ambito Nato”, oltre al rafforzamento delle relazioni economiche, dal momento che le aziende italiane guardano con sempre maggiore interesse al mercato ungherese in termini di esportazioni e di investimenti.

Ma cosa c’è oltre Roma e Budapest? Al momento i tentativi di puntellare le istituzioni Ue con critiche costruttive, e il delicato dossier delle relazioni che la Ue e la nuova commissione dovranno stabilire con l’amministrazione Trump e il ruolo di Italia globale che il governo Meloni sta perseguendo. 

Ponte tra Ue e Usa

Come osservato pochi giorni fa dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Giorgia Meloni può essere considerata un costruttore di ponti in virtù della sua influenza a Washington e a Bruxelles. Meloni inoltre mostra delle caratteristiche diverse Orban sul multilateralismo, sull’approccio all’Europa, sulla guerra a Kyiv, a dimostrazione di un investimento che all’esterno può essere fatto sul premier italiano come esponente di quella nuova destra europea pragmatica e responsabile, che non solo è seduta in pianta stabile ai tavoli che contano, ma può essere cerniera anche grazie alle sue capacità personali di fare sintesi (soprattutto quando si dovranno affrontare i primi dossier sull’asse Usa-Ue). In occasione della vittoria di Trump alle elezioni presidenziali, Politico ha osservato che chi potrà trarre vantaggio dal cambio di amministrazione alla Casa Bianca, oltre a Orban, “sarà la premier italiana Giorgia Meloni e il cancelliere austriaco Karl Nehammer, entrambi ideologicamente vicini a Trump, sebbene Meloni non condivida la posizione filo-russa di Orban”.

Speranzon (FdI)

“Sono molteplici i temi che accomunano i governi di Italia e Ungheria, a partire dalla difesa dell’identità nazionale, dei valori tradizionali e delle radici cristiane dell’Europa, fino alle politiche migratorie e alla natalità”, dice a Formiche.net Raffaele Speranzon (Fratelli d’Italia), membro della Commissione esteri/difesa del Senato, secondo cui Meloni e Orban riconoscono che l’immigrazione incontrollata e l’inverno demografico sono minacce esistenziali per i popoli europei e condividono la necessità di trovare soluzioni nuove e visionarie a questi problemi.

“Sul fronte dell’immigrazione, ad esempio, entrambi i governi ritengono prioritario difendere i confini esterni dell’Ue, combattere i trafficanti di esseri umani, nel Mediterraneo come sulla rotta balcanica, e creare hotspot esterni per esaminare le domande di asilo. In base a questo principi in Europa deve entrare solo chi ne ha il diritto e non possono essere trafficanti o schiavisti a fare una sorta di selezione all’ingresso. Naturalmente per l’Italia il Mediterraneo, al quale questo governo ha rivolto la propria attenzione fin dal primo giorno, è lo scenario più importante, ma per il nostro Paese sono altrettanto importanti i Balcani che per l’Ungheria hanno ovviamente maggiore centralità. Dallo sforzo congiunto delle nostre due nazioni, quindi, può nascere una nuova politica europea sull’immigrazione”.

E aggiunge: “Dal punto di vista della politica internazionale siamo ben consapevoli che esistono diverse sensibilità e alcune opinioni diverse: il nostro governo ha sempre sostenuto con convinzione l’Ucraina nella difesa dall’aggressione russa, mentre Orban ha assunto posizioni più scettiche nei confronti del sostegno militare a Kyiv. Anche i rapporti fra l’Ungheria e le istituzioni europee sono piuttosto burrascosi da anni. Proprio per questa ragione, l’Italia di Giorgia Meloni già in passato ha svolto un importante ruolo di mediazione e raccordo ideale fra l’Ue e l’Ungheria, e potrà continuare a farlo con maggior successo in futuro, sfruttando da un lato la credibilità acquisita con i partner europei, il peso di Fratelli d’Italia che conta 24 parlamentari a Bruxelles e la recente nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione europea; dall’altro l’affinità politica che esiste con il governo conservatore ungherese. Inoltre senza dubbio Giorgia Meloni rappresenterà il naturale ponte di collegamento tra gli Stati Uniti di Trump e l’Unione europea, trovando una corretta sintesi tra gli interessi europei e il nuovo vento conservatore che soffia da Washington. Spesso si dice che Orban è il leader europeo più vicino a Trump, ma è chiaro che i repubblicani americani se vorranno trovare una sponda autorevole e credibile in Europa, non potranno che cercarla in Italia, la terza economia dell’Ue, un Paese fondatore, la più grande nazione dell’Europa occidentale guidata da un governo conservatore, stabile e influente”.



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