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Perché anche Trump vuole Imec e stabilità in Medio Oriente. Parla Terzi

Il senatore Terzi, già ministro degli Esteri, ambasciatore in Israele, negli Usa e alle Nazioni Unite, invita a riflettere sul fatto che Trump è l’iniziatore degli Accordi di Abramo. Ed è qui che “converge il rapporto di politica estera e di sicurezza tra Usa e Ue, e se qui converge allora lo fa anche su Imec”

“L’angolo di visuale che parte dal Mediterraneo allargato verso l’Indo-Pacifico, disegnando l’Indo-Mediterraneo, è di un’attualità enorme e la situazione che si è creata con la tregua a Gaza innesca un possibile percorso di pace che può facilitare una stabilità di cui beneficeranno anche progetti come Imec: e su questo Donald Trump avrà un’influenza positiva, legata a interessi strategici”.

Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro degli Esteri, ambasciatore in Israele, negli Usa e alle Nazioni Unite, e attualmente presidente della 4a Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, commenta con Formiche.net l’intesa raggiunta tra Israele e Hamas, gli equilibri regionali (con un occhio all’Iran), le potenzialità del complicato percorso di stabilizzazione che arrivano fino al grande progetto geopolitico-infrastrutturale dell’India-Middle East-Europe Corridor. Tutto con l’inizio dell’amministrazione Trump sullo sfondo e il rapporto con il governo di Giorgia Meloni in costruzione.

Il presidente del Consiglio ha affermato in tutti gli incontri del G7 ospitato dall’Italia, allo stesso modo i ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto per i loro ambiti di competenza, anche nei rapporti con l’amministrazione americana entrante e uscente, e in una visione comune con l’Unione europea, che l’aspetto della stabilizzazione serve per dare fiducia a tutta la Comunità internazionale, per superare una storia lunga e sofferta del caos mediorientale, con una pace che chiuda una pagina buia della nostra storia, tra guerra e terrorismo”.

È in quest’ottica che il senatore Terzi sottolinea che l’effettiva possibilità di costruire tale stabilità può permettere di avere lo scalo di Haifa come sbocco mediterraneo di Imec, “un interesse nazionale per l’Italia, al centro dell’Indo-Mediterraneo come realtà economica, di crescita e sviluppo tecnologico e industriale, ma anche di sicurezza e quindi di collaborazione nei rapporti umani”.

Israele è un pilastro di Imec imprescindibile? “Certamente, ma il corridoio deve essere costruito comunque, e la crociera strategica di Nave Vespucci ci ricorda che per l’Italia c’è un’opzione ottimale nell’arrivo di Imec a Trieste, per caratteristiche sia tecniche che geopolitiche, e ci sono già investimenti italiani e indiani che raccontano come questa dinamica sia già innescata. Le notizie che arrivano dal Medio Oriente non possono che incoraggiarla”.

In una delle sue ultime conferenze stampa, commentando il raggiungimento della complessa tregua a Gaza, l’ex presidente statunitense, Joe Biden, ha ricordato che questa potrebbe essere l’occasione per dare impeto a progetti internazionali ampi, citando appunto Imec. La nuova amministrazione seguirà tale direttrice strategica? “L’amministrazione entrante e quella uscente si sono riconosciute reciprocamente, con un primo assoluto, di aver cooperato sul rapporto con Israele e sul risultato finale”.

Terzi invita a riflettere che Trump è l’iniziatore degli Accordi di Abramo. Ed è qui che “converge il rapporto di politica estera e di sicurezza tra Usa e Ue, e se qui converge allora converge anche su Imec”. “L’Italia – continua – con l’evoluzione dei rapporti bilaterali Roma-New Delhi a partnership strategica ha visto il suo ruolo sensibilmente crescere negli ultimi due anni e mezzo, e l’India avrà un rapporto privilegiato con Trump, viste anche le ottime relazioni personali tra queste leadership”.

Terzi ricorda come il Consiglio di Cooperazione del Golfo stia lavorando per riattivare, partendo dalla tregua a Gaza, un processo di pace e normalizzazione nella prospettiva di “due popoli, due Stati”. Una dimensione in cui l’Arabia Saudita, prossima tappa del Presidente Meloni, potrebbe superare alcuni ostacoli iniziali, aggravati anche dalla guerra di Gaza, forse proprio grazie alTrump effect”.

Quali sono i rischi sul tavolo allora? “I disruptors, in senso negativo in questo caso”, risponde Terzi, per esempio il complicato percorso di ricostruzione politica e materiale a Gaza rende impossibile che Hamas acquisisca un ruolo riconosciuto nel governo e nella sicurezza della striscia, stando anche alle più recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar. Ancora una volta, non si può non constare l’atroce politica degli ostaggi da parte di un proxy terrorista dell’Iran, Hamas, che condiziona la liberazione di donne, bambini, anziani e civili innocenti a quella di centinaia di terroristi palestinesi, alcuni dei quali condannati all’ergastolo da tribunali di uno Stato di diritto quale è Israele.

Tra i “disruptors” c’è per l’appunto l’Iran. “Il regime di Teheran pratica il terrorismo, i sequestri di persona, l’antisemitismo esasperato come strumenti della propria politica estera basata sull’impiego della forza, sulla disinformazione e sul fanatismo religioso”.

Terzi – sempre a proposito dell’Iran – ipotizza che il cospicuo ridimensionamento delle capacità militari iraniane attraverso i suoi proxy Hezbollah, Hamas, Jihad islamica, Houthi, possa convincere il regime a una sorta di auto-limitazione delle sue ossessioni espansive e di distruzione di Israele.Il presidente Trump, lo ha ripetutamente dichiarato, vuole diminuire le tensioni e risolvere le crisi, in particolare in Medio Oriente come ha esplicitamente affermato nel suo discorso inaugurale”.


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