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Libia, Siria, Congo. Le mire di Erdogan e il rapporto con l’Ue

Lo schema che potrebbe ripetersi anche in Africa e Siria è lo stesso andato in scena in Libia, con una differenza rispetto al passato rappresentata dal peso specifico italiano che nel frattempo è mutato, sia grazie al Piano Mattei che alle relazioni del governo di Giorgia Meloni con i partner internazionali come appunto la Turchia

Professione mediatore. Al momento è questa una delle aspirazioni su cui il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sta lavorando, consapevole che il ruolo di “tertius” è parecchio ambito. Dopo averlo fatto in Libia e dopo il tentativo più volte provato in Ucraina (in attesa delle evoluzioni in Siria), ecco che le sue mire si spostano in Africa dove Ankara sarebbe pronta a mediare tra Ruanda e Congo sui combattimenti nella regione orientale del Congo, che hanno costretto migliaia di persone a fuggire con sullo sfondo una guerra regionale. Una strategia che, rispetto al passato del post Gheddafi, si intreccia sia con le nuove relazioni avviate con Ue e Italia e sia con l’azione del governo italiano.

Qui Congo

La situazione in Congo è complicata, a causa dei passi spediti compiuti dai ribelli dell’M23 (Movimento 23 Marzo) che si stanno avvicinando alla grande città nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, Goma. Pochi giorni fa è stato ucciso il governatore militare del Nord Kivu, generale Peter Cirimwami. Per questa ragione Usa, Regno Unito e Francia hanno chiesto ai loro connazionali di lasciare la zona. Gli scontri tra l’esercito congolese e i ribelli hanno innescato una crisi umanitaria, anche per via del fallimento degli sforzi diplomatici tra i leader congolesi e ruandesi. Anche l’Onu ha richiamato sulla situazione in corso, dal momento che lo sfollamento ha interessato più di 400.000 persone e potrebbe scatenare una vera e propria guerra regionale.

Già nel 2012 il gruppo M23 occupò brevemente la città ma fu respinto dall’esercito congolese, con il sostegno della missione Onu in loco e la pressione diplomatica della comunità internazionale sul Ruanda. Anche l’Ue si è rivolta al gruppo, “preoccupata per la profonda escalation del conflitto”, e per bocca del commissario Kaja Kallas chiede di fermare l’avanzata e di ritirarsi.

Qui Ankara

Erdogan ha palesato la sua posizione africana ricevendo il suo omologo ruandese Paul Kagame a cui ha detto di considerare la visita come una nuova pietra miliare nell’approfondimento della cooperazione bilaterale. “Il Ruanda è un paese africano spesso citato come esempio per la sua stabilità politica e il suo modello di sviluppo economico”, aggiungendo che la “leadership visionaria” di Kagame ha svolto un ruolo significativo in questo successo.

Non va dimenticato che la Turchia ha cercato di incrementare i suoi sforzi diplomatici e lo sviluppo economico in Africa anche alla luce della mediazione posta in essere nella crisi tra Etiopia e Somalia. Entro il prossimo febbraio, infatti, in virtù del cronoprogramma stilato dalla Dichiarazione di Ankara tra Etiopia e Somalia, verranno avviati i negoziati che termineranno entro quattro mesi, con la supervisione turca. Della questione Kallas ha discusso con i membri del governo turco in occasione della visita ad Ankara di ieri della neo commissaria agli esteri, che ha messo in risalto il ruolo del paese (“uno dei partner più importanti degli europei come paese candidato e un importante alleato della Nato”), aprendo de facto ad una nuova relazione tra Ue e Turchia.

Qui Siria

Kallas incontrando il ministro degli esteri Hakan Fidan ha tracciato una road map per la crisi siriana, quando ha osservato che la caduta del regime di Assad ha portato sia “un’incredibile speranza, ma anche molte sfide”, dal momento che “il popolo siriano ha bisogno di un governo che rappresenti una Siria in tutta la sua diversità, questa è anche la chiamata dell’Unione Europea”. Un passaggio che prevede politicamente sia l’allentamento europeo delle sanzioni alla Siria, sia il riconoscimento del ruolo turco. “Mi congratulo con la Turchia per aver davvero aiutato un gran numero di rifugiati siriani e averli accolti qui. È chiaro che i rifugiati possono tornare in Siria quando la Siria sarà un paese stabile, ci saranno lavori e sarà possibile guadagnarsi da vivere”. Parole che hanno rappresentato l’anticamera al tema centrale che tocca il futuro politico di Damasco. Per cui, è stato il messaggio lanciato dall’alto rappresentante europeo per la politica estera, l’Ue riconosce “le legittime preoccupazioni turche per la sicurezza in Siria e siamo d’accordo che l’Isis deve essere tenuto a bada”, dando praticamente carta bianca a Erdogan nella Siria settentrionale (e non solo).

Qui Libia

Al momento l’asse tra Ankara e Tripoli è molto solido. Dopo che i due Paesi hanno siglato un accordo di esplorazione energetica nell’ottobre 2022 per valutare gli idrocarburi nella zona economica esclusiva libica e nella terraferma turca, è chiaro che la relazione geopolitica conseguente è stata ulteriormente rafforzata. La Libia considera la Turchia un partner strategico nel settore energetico ed è interessata a rafforzare la cooperazione, dal momento che molto del gas naturale diretto in Europa passa attraverso la Turchia. La Libia intende sfruttare questi elementi e avere la Turchia come partner strategico in tutti i settori energetici, ha assicurato recentemente il ministro libico del petrolio e del gas Khalifa Abdulsadek. Nonostante i frequenti blocchi degli impianti petroliferi, il potenziale del Paese resta enorme anche alla voce offshore.

Roma- Ankara-Bruxelles

Dunque lo schema che potrebbe ripetersi anche in Siria è lo stesso andato in scena in Libia, con una differenza rispetto al passato rappresentata dal peso specifico italiano che nel frattempo è mutato, sia a causa del Piano Mattei che delle relazioni del governo di Giorgia Meloni con i partner internazionali come appunto la Turchia e il bacino del golfo (le missioni negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita lo confermano una volta di più).

Dieci giorni fa la premier italiana ricevendo Kallas a Palazzo Chigi ha discusso di sostegno all’Ucraina, transizione in Siria anche grazie alla ministeriale in formato Quint ospitata a Roma e sviluppi dell’Ue in chiave di difesa e Piano Mattei (“l’Europa guarda all’Italia su Africa e migranti”, disse Kallas). Tra poco più di un mese, inoltre, si svolgerà il forum intergovernativo tra Italia e Turchia. Il tutto conferma le buone relazioni tra Meloni ed Erdogan anche perché la proiezione globale italiana, accelerata dal Piano Mattei, ha necessità di un feeling con Ankara con cui ci sono buone interlocuzioni sugli scacchieri più complessi, come Siria e Libia. Si pone inoltre il tema della mediazione sul tavolo ucraino che vede Ankara fortemente interessata, assieme all’esigenza di Erdogan di avere un link con Trump, che in questa fase non ha nascosto le sue simpatie per Giorgia Meloni, possibile riferimento in Ue.


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